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La parentela con Audi, acquisita ormai da quattro anni, ha fatto sì che Ducati sia salita spesso sulle prestigiose ribalte dei saloni automobilistici, e Ginevra – il primo di ogni anno, e per certi versi il più importante – non fa eccezione.
A fare rappresentanza per la Casa di Borgo Panigale c’è naturalmente Claudio Domenicali, AD del marchio bolognese fin da pochi giorni dopo l’acquisizione da parte del gruppo tedesco, con il quale abbiamo potuto fare le tradizionali “quattro chiacchiere” in una tavola rotonda.
Iniziamo naturalmente dal punto sull’anno appena concluso e sulle novità presentate.
«Abbiamo infranto il muro delle 50.000 unità vendute, un traguardo importante, che pensiamo separi i piccoli produttori dalle grandi Case. Restiamo naturalmente Premium, ma ci piace poter dire di essere entrati nel club di quelli che chiamiamo Premium Volume Producer».
«Il traguardo è stato raggiunto grazie ad una situazione favorevole del mercato, ma anche attraverso il nostro costante lavoro sul prodotto. Abbiamo presentato due modelli importantissimi come la Multistrada Enduro e la X-Diavel, ma anche la nuova Scrambler – che, vogliamo ricordare, non è un semplice modello ma un vero e proprio brand a noi legato ma con vita ed identità proprie – di piccola cilindrata, con cui apriamo a nuovi clienti offrendo un prodotto un po’ più accessibile, ma senza svendere la nostra qualità».
«Se il mercato dovesse confermare la sua tendenza al rialzo, siamo pronti a coglierne i benefici: ci piace sottolineare la nostra crescita aziendale, che nel giro di due anni ci ha permesso di superare il tetto dei 1.500 dipendenti attraverso l’inserimento di ben 300 nuovi lavoratori, ma anche il continuo sviluppo ed investimento sul prodotto e sulla tecnologia, che, oggi più che mai, si traduce in sicurezza. Siamo gli unici ad offrire, con la nostra Multistrada, una moto capace di interfacciarsi con il sistema Airbag e complementarlo con sistemi di sicurezza attiva come il Cornering ABS e il controllo di trazione. Un risultato diremmo non da poco».
Ma veniamo alle domande. Viene naturale, fra questi modelli, notare l’assenza delle sportive.
«E’ vero, non ne abbiamo parlato, ma soltanto perché le diamo per scontate. Siamo e continueremo ad essere una Casa produttrice di moto sportive – basta guardare da dove veniamo e dove siamo: al momento Ducati è l’unica Casa impegnata a livello ufficiale sia in MotoGP che nel Mondiale Superbike. E il legame con la nostra produzione di serie è da sempre strettissimo, quindi possiamo dirvi che nonostante il segmento sia stabile, se non in contrazione, siamo sicuri che ci sia domanda per moto sempre più emozionanti e al tempo stesso sicure, come la nostra 1299. Quindi si, vedrete altri sviluppi sulle attuali piattaforme, ma anche la nascita di altre piattaforme, nuove ed emozionanti».
Il parallelo fra BMW e Ducati/Audi fa sorgere un curioso confronto. La casa di Monaco è arrivata con successo alle sportive partendo da turistiche e maxienduro, Ducati sembra aver fatto l’inverso…
«Credo che stiamo facendo un buon lavoro, siamo contenti dei nostri prodotti. Veniamo in effetti dalla nicchia delle sportive e stiamo facendo il percorso inverso rispetto ad altri, pur tenendo il piede ben piantato nel segmento delle moto prestazionali. Stiamo ampliando la nostra offerta: la Multistrada ci fa vendere quasi 10.000 moto l’anno in un segmento tradizionalmente dominato dalle moto… con il logo bianco e blu sul serbatoio. Crediamo di poter crescere ulteriormente, come dimostra la nuova Multistrada Enduro – vogliamo prenderci quella clientela che aspira ad avere una Ducati, ma che finora non trovava risposta alle sue esigenze di percorrenza e di praticabilità del fuoristrada. Certo, dobbiamo crearci un’immagine che in questo segmento è indispensabile: bisogna andare avanti nello sviluppo e nell’affidabilità. Credo che stia proprio qui la differenza fra la Ducati di oggi e quella di cinque anni fa: ora siamo parte di un grande gruppo, e abbiamo le risorse per sviluppare continuamente il nostro prodotto. Vi assicuro che la Multistrada ci sarà ancora fra cinque anni, ma sarà un prodotto ancora migliore. Ora potete comprare Ducati con il cuore ma anche con la testa: uno dei nostri obiettivi è continuare a crescere, a sviluppare mantenendo quel legame fra passione e intelligenza».
Dobbiamo crearci un’immagine che nel segmento del fuoristrada è indispensabile: bisogna andare avanti nello sviluppo e nell’affidabilità
«Del resto, uno dei valori principali della nostra Casa madre è la consistency, l’affidabilità e la regolarità. Per dirvene una, siamo molto contenti della nostra riorganizzazione dei processi di assistenza: ora siamo in grado di far arrivare i ricambi presso tutte le nostre strutture, in tutto il mondo, in 36 ore. E’ un risultato che non abbiamo pubblicizzato, ma che i nostri clienti possono percepire».
Quali saranno i prossimi modelli su cui lavorerete?
«In questo momento lavoriamo su piani a cinque anni – tutti i modelli della gamma quindi sono passibili di sviluppo, perché le previsioni sono di crescita. Quello che non faremo è abbassare il livello della gamma – non inseguiremo i volumi con moto di piccola cilindrata e prezzo contenuto, non andremo oltre l’attuale Scrambler 400, che è già la moto d’accesso ideale per quello che ci riguarda, facile ma comunque premium nella costruzione».
«Non vedrete nemmeno una Panigale di cilindrata inferiore: un conto è la Scrambler, tutt’altro la nostra ammiraglia. Naturalmente sappiamo che produrre una Panigale 400 ci farebbe vendere tantissimo in oriente e fra i giovani, ma rovineremmo il marchio. Cosa penserebbero i clienti della 1299?»
E sull’elettrico?
«Questo è un argomento interessante, qui a Ginevra l’elettrico è un topic molto caldo. Il discorso di Mr. Müller di ieri sera ha confermato come la mobilità elettrica e le self driving cars siano pilastri dello sviluppo molto interessanti per il gruppo, nel futuro. Avremo una nostra strategia elettrica, ma al momento è troppo presto per parlarne».
Torniamo quindi sulla gamma attuale. La Scrambler è diventata la moto d’accesso alla gamma Ducati. E il Monster?
«Beh, il Monster è sicuramente un pilastro per il brand Ducati, per il portafoglio prodotti. Una moto che continueremo a sviluppare come Panigale e Multistrada. La Scrambler, è vero, condivide parte della clientela con il Monster, ma solo una piccola parte, perché Scrambler è piaciuta soprattutto a nuovi clienti. Diciamo che anche Monster è una moto d’accesso alla gamma Ducati, ma con una connotazione molto più sportiva, mentre Scrambler è molto più orientata al lifestyle».
«Continueremo a sviluppare il Monster nei prossimi cinque anni, abbiamo piani anche per la nostra naked con cui offriremo moto accessibili ai clienti sempre nel contesto di un approccio premium, con una forte componente tecnologica e stilistica. Scrambler per noi è un vero e proprio brand separato, su cui sviluppiamo e svilupperemo prodotti che magari non hanno nulla a che vedere, a rigor di logica, con il segmento delle moto definite scrambler, come Café Racer o simili. Insomma, un certo tipo di prodotto per cui avremmo potuto scegliere anche Monster, ma abbiamo preferito recuperare una nostra eredità in termini di nome ed immagine».
Passiamo a Multistrada. Avete usato la GS come obiettivo quando siete partiti nello sviluppo della Enduro?
«Domanda interessante. Naturalmente quando si inizia a sviluppare un modello è naturale avere degli obiettivi come linee guida – bisogna capire cosa si vuole offrire ai propri clienti. E’ un po’ come quando si inizia a sviluppare una moto da corsa: lì l’obiettivo è chiaro, ma bisogna porsi dei punti d’arrivo in termini di prestazioni, velocità in curva, eccetera. Di nuovo, si definisce la personalità della moto già sul tavolo da disegno stabilendone le misure caratteristiche».
«Parlando della Multistrada Enduro, sulle moto di serie è più facile quando, come in questo caso, ci sono dei riferimenti. Si può iniziare con una valutazione della concorrenza, e certo la GS, essendo la top seller del segmento, è un riferimento per chiunque sviluppi un modello paragonabile. Noi crediamo che sia una moto con tanti punti di forza e alcuni difetti. Ma quando creiamo un modello nuovo evitiamo l’approccio della copia carbone perché lo riteniamo perdente – vogliamo offrire ai clienti di questo tipo di segmento una proposta tipicamente Ducati in termini di prestazioni e linea, aggiungendo le capacità fuoristradistiche e turistiche tipiche di questo genere di moto».
«E’ interessante notare che questo lavoro, che amiamo moltissimo, sia in fondo estremamente democratico: quando si crea un modello nuovo è il pubblico a decidere se premiarlo o meno, sulla base di valutazioni tecniche, economiche e sul brand in termini di fascino, ma anche di affidabilità e di assistenza. E’ quello che ci è successo in Ducati negli ultimi anni: abbiamo fatto prodotti validi e il pubblico ci ha premiato. In questo caso sarà un po’ più difficile, perché dobbiamo costruirci una credibilità in questo segmento, quindi non ci aspettiamo vendite esplosive già dal primo anno. Ma vedrete che alla presentazione, fra dieci giorni in Sardegna, i giornalisti vi sapranno raccontare cosa abbiamo fatto».
Avete sempre detto che non avreste prodotto una piccola Multistrada, ma negli ultimi due anni sono arrivate concorrenti come la Honda Africa Twin o la Yamaha Tracer. Non ha ancora senso usare un approccio di questo tipo?
«Come abbiamo detto, non vogliamo scendere sotto un certo livello – che per Ducati è più alto rispetto a quello stabilito per Scrambler. Certo, naturalmente osserviamo lo sviluppo del mercato, sia da un punto di vista strategico che da quello tattico – se un segmento inizia a mostrare un buon potenziale lo consideriamo in ottica futura. Il fatto che attualmente abbiamo un tipo di strategia non significa che questa non possa cambiare in futuro».
Avete intenzione di fare qualcosa come le concorrenti, in termini di customizzazione?
«Lo abbiamo fatto con il marchio Scrambler – è la moto con cui i nostri concessionari possono giocare. Abbiamo fatto un concorso per i dealers, che al WDW porteranno le cinque migliori special di tutto il mondo per eleggere la migliore».
Quali tecnologie state sviluppando per il futuro?
«Sicuramente uno dei punti cruciali è l’elettronica, soprattutto con il tema dell’illuminazione che influenza un modello sia dal punto di vista tecnico che da quello stilistico. Il secondo tema più rilevante è la sicurezza – ci sono molti sviluppi in atto, soprattutto per quanto riguarda l’interconnessione fra i veicoli. Quando pensate che la stragrande maggioranza di incidenti avviene in città per collisioni con altri veicoli, capite facilmente quanto sia rilevante sviluppare un network di veicoli in cui ognuno parla l’uno con l’altro. Le informazioni trasmesse possono essere tantissime, e portare i sistemi a mandare avvertimenti al pilota o addirittura a frenare autonomamente la moto».
«Un altro punto è naturalmente l’elettrico, in cui c’è molto fermento soprattutto per quanto riguarda le batterie, area di esperienza in cui possiamo attingere pesantemente al know-how del gruppo di cui facciamo parte».
Ma tutta questa tecnologia va ad influenzare il peso della moto. Come vi ponete sotto questo aspetto?
«Una domanda molto importante. Siamo molto legati alla ricerca della leggerezza, ed è ovvio che qualunque cosa si aggiunga su una moto la renda più pesante e meno gustosa da guidare. E’ una lotta costante fra l’aumentare la sicurezza e il mantenere la moto leggera, ma siamo stati capaci di cavarcela più che bene – guardate la Panigale, è una supersportiva con controllo di trazione ed ABS, ma resta più leggera di qualunque altra sportiva del segmento. Quindi si tratta di progettare i modelli meglio, e con materiali più raffinati, per poter poi aggiungere qualcosa in termini di peso con sistemi che la rendano più sicura».
«Naturalmente il problema è più importante sulle sportive, perché su modelli come la Multistrada o la Diavel è meno rilevante. In generale, però, anche sulle moto elettriche il peso è un fattore importantissimo – in quel caso si riesce ad aumentare l’autonomia solo rendendole molto pesanti. Ma nei prossimi 5-10 anni la situazione cambierà in maniera radicale, e ci renderà possibile sviluppare moto molto più interessanti sotto tutti gli aspetti. Magari non ancora con le sportive vere, ma la chimica d’altra parte progredisce continuamente – in gara abbiamo accesso a batterie con densità energetiche incredibilmente superiori a quelle usate nella produzione di serie, ma il costo al momento è improponibile per mezzi in vendita al pubblico».
Multistrada Enduro avrà un seguito più specialistico?
«Diciamo che ci stiamo pensando, dopotutto non ci occupiamo di mobilità, di veicoli che vi portino da A a B, ma di moto divertenti. Il fuoristrada è molto divertente, quindi… si, stiamo considerando lo sviluppo di altri modelli in questa direzione perché ci sentiamo forti sul mercato stradale, ma ci sono sicuramente altre aree in cui possiamo espanderci».
Un altro argomento caldissimo è Casey Stoner. Pare coinvolto sia nelle gare che nello sviluppo del prodotto…
«Sapete bene quanto abbiamo Casey nel cuore – ha vinto un mondiale per noi in MotoGP e di fatto, grazie a lui, siamo gli unici costruttori non giapponesi ad aver vinto un titolo nella classe regina negli ultimi 37 anni. E’ stato bello poter tornare in contatto quando ha deciso di seguire strade diverse dopo la sua avventura in Honda. Ha tantissima esperienza, ha corso quattro anni con noi e altri due con Honda, ha vinto due titoli, e quando prova la nostra moto è in grado di darci spunti di grande spessore».
Casey ieri l’altro ci ha mandato una mail chilometrica in cui ci offriva spunti dettagliati per lo sviluppo delle nostre moto di serie
«Durante la nostra chiacchierata abbiamo scoperto che è molto più interessato di prima nella produzione di serie, ha provato molte moto sia nostre che della concorrenza – è un grande appassionato di fuoristrada. Gli piace l’idea di mettere la sua sensibilità a disposizione per lo sviluppo delle moto di serie, e ci sta già offrendo le sue opinioni. Ha passato un paio di giorni a Bologna, durante i quali ha provato molte delle nostre moto, e ieri l’altro ci ha mandato una mail chilometrica in cui ci offriva spunti dettagliati per lo sviluppo».
E visto che si parla di Stoner, l’ultima domanda sorge spontanea. La Desmosedici replica stradale?
«Non avremo una Desmosedici replica su strada l’anno prossimo. Ma stiamo sviluppando tante cose molto interessanti per questa clientela, che presenteremo alla World Premiere 2017 a Milano – vedrete cose davvero molto belle. Stiamo lavorando duro, e lo vedrete».