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Affermare che le camere di combustione sono costituite da cavità ricavate nella testa del motore non è del tutto esatto. Occorre infatti tener conto anche della parete mobile, costituita dal cielo del pistone. Essa influenza non solo la geometria della camera ma anche il suo volume.
Se il pistone è bombato, riduce lo spazio a disposizione dei gas quando il pistone è al punto morto superiore (PMS). In altre parole, riduce la capacità della camera. Maggiore la bombatura, minore quest’ultima e quindi più elevato il rapporto di compressione. È per questa ragione che i preparatori molto spesso sostituiscono i pistoni originali con altri dotati di un cielo più bombato.
In diversi casi il cielo del pistone è però conformato in modo tale che aggiunge volume a quello della cavità nella testa. In passato sono stati realizzati motori con valvole parallele e testa completamente piatta, nei quali le camere di combustione erano ricavate interamente nel cielo del pistone (camere Heron). Ricordiamo i bicilindrici Morini della serie 3 ½, così popolari negli anni Settanta, e i Guzzi V 35 e V 50.
In svariati motori moderni una parte della camera, relativamente modesta, è ricavata nel cielo del pistone; a questa soluzione fanno ricorso con notevole frequenza e in misura accentuata i motori automobilistici delle ultime generazioni.
Nelle moto di elevate prestazioni si impiegano rapporti di compressione molto alti e leggi del moto delle valvole decisamente spinte.
Questo vuol dire che al PMS di fine corsa di scarico il cielo del pistone è molto vicino alla testa e al tempo stesso le valvole sono sensibilmente sollevate dalle sedi (è la fase di incrocio, durante la quale quelle di scarico non hanno ancora finito di chiudersi mentre quelle di aspirazione hanno già iniziato ad aprirsi). Occorre mantenere una certa distanza di sicurezza tra il pistone e i funghi delle valvole onde evitare che, in qualunque condizione di funzionamento, possano verificarsi dei contatti che potrebbero avere conseguenze deleterie.
È interessante osservare che la minima distanza tra le valvole e il cielo del pistone si ha non esattamente in corrispondenza del PMS ma nelle sue vicinanze. Per questo motivo il controllo va effettuato da 15° prima del punto morto a 15° dopo. Una distanza di sicurezza è necessaria per via delle deformazioni elastiche che organi mobili (albero, biella e pistone) subiscono durante il funzionamento e delle dilatazioni termiche. Inoltre in condizioni di impiego esasperate si possono verificare dei fuorigiri, causati ad esempio da scalate al limite. Un piccolo margine di sicurezza è chiaramente indispensabile.
Nei motori con una potenza specifica che arriva a 200 CV/litro e oltre, debitamente preparati per impiego sportivo, si è arrivati a distanze minime dell’ordine di soli 2,0 mm allo scarico (e talvolta addirittura un po’ meno) e di appena 1 mm alla aspirazione.
Il diametro degli incavi è in genere di un paio di millimetri superiore a quello dei funghi delle valvole.
Nella produzione di serie non tutti i motori, anche se dotati di un solo cilindro, hanno esattamente il medesimo rapporto di compressione
Nella maggior parte delle teste le camere di combustione sono ricavate direttamente di fusione. Questo significa che in un policilindrico esse non sono tutte esattamente eguali. La loro capacità varia da una all’altra. La situazione migliora ovviamente se le camere vengono ottenute per lavorazione alle macchine utensili.
Pure se il cielo dei pistoni viene spesso finito di lavorazione meccanica, esistono le tolleranze, che interessano non solo tali componenti ma anche le bielle e lo stesso albero. Non tutti i pistoni quindi raggiungono esattamente la stessa posizione una volta al PMS. Se ciò si somma alla diversa capacità delle camere ricavate nella testa è chiaro che non in tutti cilindri si ottiene lo stesso rapporto di compressione geometrico. E che nella produzione di serie non tutti i motori, anche se dotati di un solo cilindro, hanno esattamente il medesimo rapporto di compressione. Alcuni costruttori indicano per quest’ultimo gli scostamenti che si possono riscontrare rispetto al valore nominale.
Naturalmente quando si cercano le massime prestazioni questo non basta. E infatti i tecnici “da corsa” (o quasi) e i preparatori hanno cura non solo di ottenere esattamente il rapporto di compressione previsto ma anche di far sì che esso sia eguale per tutti i cilindri. Questo obiettivo si raggiunge selezionando i pistoni (ed eventualmente anche le bielle) e asportando materiale ove opportuno e in misura adeguata.
Per calcolare il rapporto di compressione è necessario conoscere il volume della camera di combustione. Per misurarlo spesso si procede con la testa rovesciata, utilizzando una lastra di plexiglass opportunamente forata (per l’ingresso del liquido e l’uscita dell’aria) e una buretta graduata contenente olio molto fluido. In questo modo però si misura solo il volume della parte di camera ricavata nella testa.
Se i pistoni sono a cielo piano, cosa che oggi non accade praticamente mai, si può così ottenere davvero la capacità di ciascuna camera (come detto non tutti i pistoni arrivano alla stessa altezza, una volta al PMS).
La misura in questione consente comunque di calcolare il rapporto di compressione qualunque sia la geometria del cielo del pistone. Occorre conoscere l’esatta posizione nella quale viene a trovarsi il pistone una volta al PMS, il volume che il cielo sottrae o aggiunge a quello della camera e lo spessore della guarnizione.
Un sistema più semplice, anche se forse un filo meno rigoroso, prevede che con il pistone esattamente al PMS e la testa montata sul cilindro si introduca olio fluido attraverso il foro della candela. L’operazione si effettua utilizzando la solita buretta graduata e un tubetto forato da avvitare nel foro della candela (serve perché nei motori moderni in genere quest’ultima è alloggiata in un profondo pozzetto). Per fare le cose come si deve occorre ovviamente conoscere la capacità del foro e del tubetto in questione.
Prima di montare la testa, per migliorare la tenuta da parte dei segmenti si utilizza un sottile velo d’olio.
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