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E’ entrata a far parte della pop culture con tale pervasività che ormai non si può più parlare di una semplice moto, ma di una vera e propria icona. Il suo successo è stato tale da risultare trasversale tanto rispetto alle razze motociclistiche quanto al pubblico in senso lato. Ha fatto innamorare smanettoni e customisti, dandy attenti all’immagine e coatti della peggior specie, e ha fatto le fortune di innumerevoli preparatori e customizzatori nostrani. Stiamo parlando della Ducati Monster, e se credete che stiamo esagerando significa che quando è nata non c’eravate. O non seguivate il mondo delle moto. Bisogna essere non più giovanissimi per ricordarsi davvero com’era il mondo delle moto prima che nascesse la Monster, svelatasi al pubblico per la prima volta esattamente vent’anni fa all’Intermot di Colonia. Prima di lei, associare l’aggettivo “sportivo” ad un modello privo di carenatura avrebbe suscitato risate sguaiate in chiunque avesse una certa dimestichezza con il panorama motociclistico mondiale. Poi è arrivato il Monster – il cui nome, come tanti anni dopo il Diavel, attinge al dialetto felsineo dai primi commenti di chi aveva visto quella moto tanto strana ed anticonformista.
Eccolo lì il Monster – perché il nome attecchì subito al maschile – con la ciclistica da Superbike prelevata di peso dalla 851/888, il motore della SS, una spolverata di carbonio, la strumentazione minimalista fatta da tachimetro e spie (il cupolino arrivò dopo, il contagiri ancora più avanti) e un serbatoio la cui linea a schiena di bisonte, opera immortale di Miguel Galluzzi, da allora identifica uno ed un solo modello di moto in tutto il panorama mondiale. Ci vogliono dodici milioni e mezzo delle vecchie lire per portarsela a casa, quasi quanto una maxi sportiva, ma i concessionari non riescono a soddisfare gli ordini che gli piovono addosso.
Il Mostro lo usano anche in città e preferiscono un’erogazione più fluida in basso a qualche cavallo in alto
perde il carbonio a favore della 900S, dotata anche di cupolino, impianto frenante con dischi in ghisa e tubi in treccia, asta di reazione sulla sospensione posteriore, sella in splendido cuoio Connolly – lo stesso che storicamente adorna gli interni delle Jaguar. Nel 1997, un po’ per adeguarsi alla sparizione della benzina “rossa” e un po’ perché alla fine tanti il Mostro lo usano anche in città e preferiscono un’erogazione più fluida in basso a qualche cavallo in alto, la 900 perde qualche millimetro di diametro delle valvole e riceve gli assi a camme meno spinti già in dotazione alla 750. E visto che alla fine piace tanto così, il cupolino arriva per tutte le 900 assieme alla fortunata versione Dark, con sovrastrutture in nero opaco che fanno risparmiare qualche soldo soprattutto se si vuole destinare il proprio Monster alle cure dell’aerografo, come spesso succede all’epoca. Nel 1999 arriva la 900ie con iniezione elettronica, con cui possiamo considerare concluso il ciclo della prima generazione di Monster.
dall’apparenza (sella in cuoio, eccetera) passa alla sostanza – monoammortizzatore Ohlins, particolari in carbonio ed asta di reazione sulla sospensione posteriore. Il 2001 è il turno del primo mostro a quattro valvole: l’S4R, dotato del propulsore della 916 rivisto nella distribuzione per ridurre gli ingombri verticali della testata già visto sulla sport-touring ST4 e che verrà confidenzialmente chiamato “camma bassa”. In realtà la S4 ha molto più in comune con la ST4 che con gli altri Monster della gamma, comparto ciclistico compreso – è da questa che inizia il processo di eliminazione della sospensione posteriore ad archetto adottando il più moderno puntone che le Superbike di Borgo Panigale avevano montato dalla 916 in poi. Nel 2002 nasce la 620, prima vera revisione del Monsterino che per ammodernarsi e rispettare la normativa Euro-2 adotta l’iniezione elettronica. Si prova a vendere anche in Europa la 400 nata inizialmente per il mercato giapponese ma le vendite non vanno oltre qualche decina di esemplari. L’esperimento viene rapidamente cancellato. Al contrario, a fine anno arrivano i modelli 2003 che crescono di cilindrata: la 750 diventa 800 e la 900 passa a mille.
asimmetrica richiama da vicino le muscle car statunitensi come la Dodge Viper. In questo periodo, tra l’altro, fioriscono una miriade di versioni speciali ricercate dai collezionisti ma che ben poco aggiungono alla sostanza del Monster. La 800 viene sostituita dalla S2R – che mantiene la base tecnica della precedente due valvole ma con le sovrastrutture e le livree della S4R – ma bisogna poi attendere il 2006 per vedere altre novità sotto forma della S4RS, che sostituisce il Desmoquattro con il Testastretta e porta la potenza massima a 130cv, oltre ad aggiungere sospensioni Ohlins (ammortizzatore di sterzo compreso), pinze radiali monoblocco e pompa anch’essa radiale. Il Monster più piccolo passa a 695cc, mentre l’anno successivo anche la S4R adotta il motore Testastretta mantenendo però con la ciclistica meno pregiata della versione originaria.
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