Due Honda RC30 ed NR 750 ancora imballate!

Un vero avvenimento: un concessionario svedese Honda si è deciso a togliere dal loro imballo originale due motociclette che definiremmo, senza tema di esagerare, due pietre miliari: l’ancora oggi stupenda RC30 e la fantascientifica NR750 Oval Piston!
15 marzo 2010

La VFR750R, meglio nota con la sua sigla ufficiale, ovvero RC30, è la moto con la quale Fred Merkel vinse i primi due titoli mondiali Superbike per la Honda, nel biennio 1988/’89 (altri tre arrivarono nel ’97, con Kocinski e la RC45, e negli anni 2000 e 2002 con Edwards le bicilindriche VTR/SP ed SPII).
Una moto magnifica, compatta, leggera, col suo stupendo motore V4 da 750 cc da 112 cavalli per 181 kg a secco, il forcellone posteriore monobraccio, e un’estetica da lasciare a bocca aperta. Forse la prima delle moto da corsa con tanto di targa, assemblata a mano dalla stessa HRC: non a caso a quei tempi costava la bellezza di 25 milioni di lire (oggi sarebbero circa 12.400 Euro…), e ancora oggi un esemplare in ottime condizioni può valere quella cifra. E qui alleghiamo doverosamente il link cui collegarsi per saperne di più: www.rc30clubitaly.com

Quanto alla NR750, basti dire che nel 1992, quando venne messa in vendita in italia - 90 esemplari sui circa 300 costruiti in tutto, se non andiamo errati - costava ben 100 milioni di lire (circa 46.500 Euro attuali, e ricordo che ci fu chi ne comprò un paio, una da usare per andare in giro a fare le “vasche” e una da tenere in salotto…)! Del resto, questo gioiello derivava dalla fantastica, omonima NR750 Oval Piston da Endurance, a sua volta discendente dell’ambiziosissima NR500 con la quale Honda nel 1979 decise di provare a sfidare - con risultati disastrosi, tanto da desistere ben presto - le quadricilindriche a due tempi di Suzuki e Yamaha nella classe 500 del motomondiale. Lo scopo della Casa di Tokio era infatti quello di precorrere (leggi “imporre”, come nel 2002, con l’operazione MotoGP) il ritorno dei motori a quattro tempi, assenti dal motomondiale dal 1976, anno in cui la MV Agusta corse, e vinse, al vecchio Nürburgring grazie al gran manico di Agostini. Il motore della NR500 era un ordigno da ben oltre 20.000 giri al minuto (del resto, il suo progettista era il noto ingegner Irimajiri…), il cui problema principale era la partenza a spinta, un tempo in auge nei GP: una vera bestia nera per i piloti, tant’è che il pur espertissimo Mick Grant, spinto forsennatamente dai meccanici perché non ce la faceva più, non ebbe la forza di riprendere la bestia quando improvvisamente prese vita, cadendo rovinosamente come un cadetto! Un motore ostico e problematico, insomma, su una moto globalmente troppo avanti per i tempi, e presto denominata “Never Ready”, ovvero “mai pronta”, dagli ironici osservatori di allora.

Anche la NR750 Oval Piston, quindi, era un incredibile concentrato di tecnologia, un vero e proprio manifesto semovente della superiorità tecnica che Honda orgogliosamente vantava.

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E anch’essa, com’è facilmente intuibile, sfoggiava incredibili pistoni “ovali” (ovviamente in realtà erano oblunghi, con due lati paralleli raccordati da semicerchi), un astuto escamotage studiato sulla NR500 per aggirare il regolamento del motomondiale, che imponeva un massimo di quattro cilindri. In realtà, infatti, i V4 dei motori NR erano equiparabili a degli “otto cilindri”: tant’è  che ogni pistone, per forza di cose, era mosso da due bielle, e piuttosto distanziate tra loro; e che le testate vantavano addirittura otto valvole per cilindro, cioè trentadue in totale! In titanio, of course…La potenza dichiarata era di 125 cv a 14.000 giri, e la velocità massima sfiorava i 260 orari. Tuttavia, nel 1993, Loris Capirossi portò la NR750 stradale nel Guinness dei Primati, spiccando svariati record di velocità sull’anello di Nardò, in primis quello di 299,825 km/h sul chilometro con partenza da fermo.
Di questa moto tanto carismatica, che provai a suo tempo al Mugello assieme a pochi altri tester, ricordo bene la strumentazione spaziale, con le cifre del tachimetro e del contagiri apparentemente “sospese nell’aria”, tipo ologramma. Ricordo molto bene anche l’ululato rauco del suo motore V4 (V8?...), da far accapponare letteralmente la pelle; ma anche il cambio davvero brutto (rumoroso e a corsa lunga), e la guida abbastanza divertente, ma un po’ limitata con quanto a possibilità di piega, tanto da strisciare facilmente a terra con la pancia della carena. A questo proposito, ricordo chiaramente anche le raccomandazioni dell’amico Carlo Fiorani - oggi supervisore per la Honda nel Mondiale Sbk, e allora addetto stampa di Honda Italia – che così si espresse durante il classico briefing antecedente il test: «Mi raccomando: uno specchietto costa un milione e mezzo, e un chilo di vernice (specialissima, ok, però…, n.d.r.) costa quattro milioni….”.

Per tornare al nostro video, credo che estrarre dalla casse originali due moto del genere, nuove di zecca, dopo così tanto tempo, sia davvero emozionante, non trovate? Chissà se poi le hanno anche avviate?

 

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