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Non c’è niente da fare, la moto è libidine. È libidine quando con un filo di gas scarti le auto e ti lasci dietro il traffico, quando viaggi da talmente tanto tempo che parli con il tuo casco, quando fai le traversate nel deserto, quando senti gli odori che cambiano con il paesaggio e senti che qualcosa di incredibile sta per succedere, quando corri e pieghi, sempre un po’ di più, alla caccia di un limite che un limite poi non c’è, quando giochi col freno posteriore e senti la ruota che derapa, sempre un po’ di più. Tutto questo, tutta questa libidine è nella mostra Easy Rider, da oggi alla Venaria Reale di Torino. Ci siamo stati ieri, all’inaugurazione, e mai si era visto qualcosa di simile: il mondo della moto e quello dell’arte messo insieme in una location pazzesca. Chi l’ha pensata, creata e strutturata sono Luca Beatrice, critico d’arte, Stefano Fassone e Arnaldo Colasanti.
Camminando tra le moto, tra le opere, tra le sculture e le foto, hai la certezza che la moto è cultura, cultura di innovazione, di avanguardia, incarna la velocità e la profondità. Ha detto bene, chi ha detto che la moto è soprattutto meditazione. La moto, alla fine, e questa esposizione lo dimostra, è una cosa sola: è tutto. È simbolo del progresso culturale, sociologico, economico del secolo scorso e (forse) pure di questo. Eppure può essere anche solo una questione di riflessi: lo dice Kurt Russell in Grosso guaio a Chinatown, e lo ricorda Fassone in uno dei testi che apre il catalogo. Insomma, la moto è sostanza ed effimero. Tutto, appunto.
Beatrice ci ha messo la competenza artistica, Fassone quella tecnica, da nerd motociclistico. Perché chiamarla Easy Rider? Risponde Luca: “C’è un altro film che racchiude tutta la libertà, la ribellione che la moto rappresenta?”. Già.
Si passa da una stanza all’altra, ognuna col suo concetto, le sue storie, le sue lacrime e i suoi amori. La mostra apre con la Guzzi GTV 500 appartenuta a Ligabue (il pittore, il pittore...) che sopra si è pure autodipinto. Qui si parla d’Italia, di Massimo Tamburini, delle sue Ducati 916 ed Mv Agusta F4, della Guzzi V7, nata dalla volontà del Presidente della Repubblica Gronchi che, in visita in America, si innamorò delle grosse Harley-Davidson e pretese una Guzzi simile. La seconda stanza è dedicata al Giappone e alle sue principali Case, con la Honda CB 750 Four, la prima giapponese a 4 cilindri, la Kawa 500 Mach H1, la Suzuki GSX-R e la FZ 750 Yamaha. Dal Giappone all’Africa, al deserto, alla sabbia, con la Twin di Roberto Boano, nel 91 undicesimo alla Parigi-Dakar.
E poi in pista, con la Yamaha M1 2007 di Valentino Rossi, accanto alla MV di Agostini, accanto alla Ducati di Stoner. Tre moto che il solo pensare cosa hanno visto e sfiorato fa rabbrividire, e che sono le protagoniste della parte sulla velocità che precede quella sul viaggio con la Vespa di Bettinelli: che la guardi, te la immagini da Roma a Saigon, ed è un po’ come leggere un libro di Pier Vittorio Tondelli, avverti l’avventura e la malinconia. E da quella del viaggio, ovvio passare alla sezione dell’America, Harley e Indian, e cosa se no?
La stanza del fuoristrada fa staccare l’anima dal corpo, la fa urlare, perché vedi quelle moto piccole, smilze, leggere, e ti viene voglia di prenderle e andarci subito fuori, almeno sui sassi del piazzale: la Scrambler originale, la Puch MC 125, la vecchia Husky. Ah, che goduria.
In mezzo, le opere, i video, i ritagli dei giornali di Giorgio Piacentini, che mostrano le gare di sidecar con il titolo di un giornale che recita così: “Uno guida, l’altro si gioca la testa”. Voto al titolista: 10 e passa. E poi i quadri, soprattutto quelli del bassista dei Clash, Paul Simonon. Lui spaccava il basso sul palco, ora dipinge giacche e caschi con un tratto deciso e pieno. E poi le foto, bellissime: da quelle di Lady Tarin, dove le donne sono il soggetto e le protagoniste, a quelle di Toni Thorimbert e David Perry sul Lago Salato. Nota particolare: la foto di Nino Migliori, Gente dall’Emilia, 1959, vale il prezzo, qualsiasi esso sia, del biglietto: un bar, una notte, dei tavolini, quattro uomini e una donna e naturalmente una moto, tutti che vivono l’estate italiana, fatta di spume al cedro e amari davvero amari dietro al bancone, e pubblicità della Coca Cola appese al muro. Meraviglia allo stato iniziale.
Honda partecipa come "Art Supporter" e gli spettatori della mostra potranno essere protagonisti di questo incontro tra arte e design scattandosi un selfie in sella alla Honda CB1000R.
E per finire la sezione Hollywood. I film, il mito, ciò che ha dato un immaginario a tutto questo. Che da Storia ha decretato il passaggio a leggenda, simbolo, icona. Fatevi del bene, andate alla Reggia di Venaria Reale e uscite fuori con il catalogo in mano, una chicca. Dentro ci siamo anche noi, con la nostra intervista a Giacomo Agostini che alla domanda qual è il senso della vita risponde: essere innamorati. Ecco cosa c’è nel rapporto tra uomo e moto, amore. Nulla di più ma è tutto qua. È tutto qua.