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Marco ci racconta con tanta passione per la moto e per i viaggi il suo Elefantentreffen. Lo fa con uno stile personale, che sposa la cronaca del viaggio con riflessioni scritte a posteriori che descrivono lo stato d'animo che ha accompagnato questa gelida avventura.
“Già, innevato”- penso tra me e me, quasi con aria orgogliosa - “non è sicuramente il momento migliore per viaggiare in moto, e sicuramente questo curioso signorotto di mezza età seduto di fianco mi prenderebbe per pazzo se scoprisse quali sono i miei impegni per il fine settimana”.
La sua matita scrive su un foglio bianco formule e calcoli matematici, penso sia un professore universitario o qualcosa di simile.
Le mie dita invece battono veloci sulla tastiera del tablet un elenco di oggetti ed attrezzi che domani saranno miei compagni di viaggio, ogni tanto il professore butta un occhio e senza molta discrezione lascia trapelare una certa curiosità sulla quale possa essere l’utilità di tutti questi strati di tessuti sovrastati da tute termiche, elencate sul mio schermo.
I paesaggi scorrono, l’orizzonte sembra infinito e freddo, la neve e la pioggia fanno da padrone su questo territorio dominato dall’inverno, io nel frattempo sorrido e penso alla sfida, alla missione che inizia domani mattina presto, sono pronto! Se penso a queste parole sorrido, tutto questo mi piace, mi fa sentire vivo.
Dopo il rientro a casa
Sono sulla sella della mia moto ormai da dieci ore su queste strade bagnate e trafficate, da Milano a casa, ancora poco più di cento chilometri e potrò dire di averlo fatto di nuovo.
Guido e ripenso a questi tre giorni, a tutto quello che è successo durante questo avventuroso viaggio, come il primo giorno, quando a fine giornata dopo 750 chilometri eravamo solamente ad Innsbruck, in ritardo di cinque ore sulla tabella di marcia.
Il viaggio
Quella mattina l’idea era di passare da Lecco, per poi salire la Val Chiavenna ed arrivare fino all’Austria passando da St.Morritz ed il passo del Maloja. Abbiamo sempre pensato che sia l’avventura la base di ogni viaggio ben riuscito, e l’itinerario di questo elefante sembrava proprio promettere bene.
L’appuntamento con i miei compagni di avventure era a Monza, qualche minuto di ritardo, ma non appena Marco e Ale arrivano inforchiamo le moto e ci incamminiamo salendo lentamente verso le montagne. Il tempo non sembra poterci infastidire e senza nessun intoppo arriviamo alla frontiera che separa l’Italia dalla Svizzera.
Giusto il tempo di cogliere l’occasione e fermarsi per dare una controllata generale dopo i primi chilometri, che veniamo raggiunti da un finanziere italiano.
-“Ragazzi andate all’Elefante?”-
-“Direi di si, vorremmo fare il passo del Maloja, siamo diretti la”-
-“Mi spiace, è chiuso, pericolo valanghe. L’anno scorso una macchina è stata travolta da una slavina e adesso chiudono la strada nelle ore più calde della giornata per motivi di sicurezza. La strada sarebbe anche percorribile, ma fino alle quattro di oggi pomeriggio dovete aspettare qui, oppure tornate in dietro”-
Ecco come svegliarsi da un bel sogno scoprendo pure che le coperte sono corte e hai i piedi freddi.
Cosa facciamo? Non ci sono molte alternative, aspettare fino alle quattro del pomeriggio vorrebbe dire fare il passo di notte, probabilmente con la strada ghiacciata e da soli.
Forse questa volta il nostro saggio angelo custode è riuscito nel suo faticoso lavoro, fatto è che riprendiamo le moto e ci rimettiamo in viaggio, questa volta in direzione Milano – Verona - Brennero.
L’autostrada non è mai piaciuta a nessuno, me compreso e questo viaggio è riuscito a servircela su un piatto d’argento. I chilometri che separano il finanziere italiano che ci ha salutato dal passo che lentamente stava arrivando sembrano infiniti ed i numerini che si aggiungono lenti al contachilometri della mia moto non fanno altro che ricordarmelo.
Verso l’imbrunire siamo riusciti a raggiungere l’ultima area di sosta prima del passo, dopo aver posato le moto siamo entrati per prendere qualcosa di caldo. Alla televisione stanno trasmettendo le notizie meteo e traffico aggiornate, ma più le guardiamo e più ci rendiamo conto che quello che ci aspetta non promette nulla di buono.
Rifornimento di benzina alle nostre amiche a due ruote e riprendiamo la marcia portandoci dietro un’ombra di apprensione, pensando a quali possano effettivamente essere le condizioni critiche appena accennate alla TV. Per fortuna però le notizie sono pessimistiche, difatti riusciamo a valicare abbastanza tranquillamente con solo pochi centimetri di neve a terra che, pensandoci bene, ci ha fatto anche piacere, rispetto alla nostra giornata di monotona autostrada.
Pensare che il programma era quello di arrivare alla buca entro sera per sistemare la tenda e riposarci sembra una simpatica barzelletta, sono le nove e mezza e ancora non siamo nemmeno arrivati ad Innsbruck.
Abbandoniamo la pazza idea di tentare l’arrivo al raduno in nottata e frustrati ci intrufoliamo in città in cerca di un hotel, che riusciamo a trovare dopo due tentativi mancati.
Sistemiamo le moto, scarichiamo i bagagli e terminiamo la nostra prima giornata con una cena di fortuna da un paninaro sulla strada, una birretta in un locale russo con tanto di karaoke in lingua madre ed un letto pagato una follia.
Il viaggio del mio ritorno a casa continua, ho appena oltrepassato il traffico caotico della tangenziale nord milanese, che attraversata alle sette di sera può essere forse paragonata ad un muro di auto in movimento verso ovest.
Imbocco la A4 Milano-Torino con la pioggia, oramai è scesa la notte e le condizioni di sicurezza iniziano a diminuire, da lontano infatti vedo dei lampeggianti arancioni, sono le luci di emergenza delle macchine ferme in coda, deve essere capitato qualcosa, rallento anche io fino praticamente a fermarmi. Carico come sono, con le borse laterali e la tenda legata sopra, sono troppo ingombrante e faccio fatica a passare tra le auto ferme, allora mi accodo e ricomincio a pensare.
È la mattina della seconda giornata, il tempo sembra volgere al bello ed il risveglio è stato in certi versi migliore di quello che ci potevamo aspettare. Sicuramente sarebbe molto più apprezzabile la sveglia al raduno, in tenda con un bello strato di neve ad aspettarci appena fiori, però diciamolo, un letto pulito aiuta parecchio ad ingranare la prima ed iniziare la giornata.
Dopo una bella colazione siamo di nuovo in sella, ora non c’è più nulla che può fermarci, difatti alle prime ore del pomeriggio eccoci alla vista della centrale nucleare che preannuncia l’imminente arrivo, ancora pochi chilometri ed arriviamo a Solla, siamo di nuovo all’Elefante.
Subito la foto di rito, l’adesivo e l’anno da attaccare alla giacca.
Mentre siamo in coda davanti al bancone in attesa del braccialetto per l’ingresso però mi viene un pensiero: “peccato che quella strada chiusa ci abbia fermato, eravamo pronti per la notte in tenda, pronti per vivere al completo questa esperienza ed invece un passo calcolato male ha fatto tramontare tutti i nostri programmi”.
Ora la tenda è attaccata alla moto, parcheggiata sulla strada, con il sacco a pelo chiuso ermeticamente dal coperchio del bauletto, anche questa volta non si sarebbe aperta, ormai i programmi per il rientro sono fatti e non si può trasgredire.
Scendiamo comunque la strada di accesso alla “fossa” imbracciando la macchina fotografica ed iniziando ad immortalare attimi unici. Durante la discesa troviamo ogni tipo di mezzo di locomozione derivante da una motocicletta, davanti ai nostri occhi si presentano personaggi vestiti di pelli animali e motociclisti infangati alle prese con attrezzi più simili a rottami, che a vere motociclette.
Ad un certo punto ci imbattiamo in un gruppo di persone riunite attorno ad un colosso adagiato su un lato, coperto di fango: era una Honda Goldwing caduta a terra nella melma e tutte quelle persone erano impegnate ad aiutare il povero pilota alle prese con il rialzo del gigante, scene uniche.
Dopo poco arriviamo sul fondo di questo luogo mistico e, come tanto desiderato, ci avventuriamo verso la coda del bancone dei panini. Una vera prelibatezza culinaria!
Alcune ore di permanenza in quel posto incredibile ed alcune foto scattate durante la gara di hill clinb improvvisata lungo la salita infangata che porta verso la parte alta del raduno, e siamo però obbligati al rientro verso casa per almeno un paio di ore di viaggio. Purtroppo la domenica è troppo corta per il rientro da Solla a casa e fare tardi non è consigliabile. Un vero peccato, questa volta patiamo la sconfitta della notte.
All’improvviso una brusca frenata della macchina che mi precede riporta la mia testa saldamente ancorata alle spalle.
Nel bel mezzo della coda tutte le macchine tentano di immettersi dalla corsia di destra in quella di sorpasso. Lo faccio anche io e finalmente diventa chiaro il motivo di questi 6 chilometri di incolonnamento: un ragazzo deve aver perso il controllo della macchina e dopo aver carambolato tra un guard-rail e l’altro si è schiantato contro le protezioni della corsia di emergenza. Nulla di grave per fortuna, è in piedi vicino alla macchina e si mette una giacca mentre un poliziotto compie gli accertamenti del caso.
Oltrepassato l’incidente le macchine si sgranano e si ricomincia a viaggiare sotto alla pioggia con il tiro sordo e monotono del motore nelle orecchie. Bastano pochi chilometri e la mia testa torna alla giornata appena trascorsa, quella del ritorno.
Siamo partiti da Monaco verso le nove della mattina tenendo una buona media, che solo le autostrade tedesche permettono.
Tra una sosta e l’altra, scandite dalla spia della riserva dell’800 di Marco, arriviamo al Brennero, ripercorrendo passo passo la medesima strada che due giorni prima ci ha condotto, nel senso opposto, al raduno.
Non appena oltrepassato il casello ci fermiamo un secondo per sistemare guanti e biglietti vari quando vediamo un ragazzo alle prese con un TT600 tutt’altro che invogliato a riportare a casa il suo biker.
Io e Marco ci avviciniamo per chiedere se è necessario qualche aiuto, il ragazzo accetta chiedendo una spinta. Convinti di sentire ad un certo punto la seconda entrare ed il motore partire singhiozzando, iniziamo a spingere ma del rumore atteso nulla.
Il problema è di gran lunga peggiore di un semplice ingolfamento, gli amici del nostro sfortunato viaggiatore sono ormai fermi parecchi chilometri più avanti e lui sta cercando di raggiungerli.
Proseguire nel nostro viaggio ed abbandonarlo sarebbe impensabile, allora decido di dare una mano al nostro nuovo amico facendolo arrivare fino al primo autogrill. Scopriamo qui altri due ragazzi in attesa del nostro arrivo, che appena mi vedono mi riempiono di ringraziamenti chiedendo immediatamente il prezzo per sdebitarsi.
Due dolcetti saltati fuori da una piccolo contenitore sono più che sufficienti, buonissimi!
Ne nasce una bellissima chiacchierata amichevole, peccato che non sono riuscito a sapere il loro nome, voglio pensare che dopo al nostro saluto si siano rimessi in marcia senza altri intoppi.
Ancora 25 chilometri e sono a casa, è il casello di Chivasso Est che me lo dice.
Ecco ora lo vedo il mio paesino! È la, illuminato in cima alla collina.
Ora le strade si fanno famigliari, tutto odora di profumi ben conosciuti, le curve sono un susseguirsi di ricordi indelebili delle mie giornate passate sulle due ruote. Salgo verso la collina più alta del Monferrato, direzione Albugnano, direzione casa!
Siamo stati un’altra volta all’elefante, ci siamo riusciti. Alti e bassi, qualche delusione e tante soddisfazioni, tanta strada, tanta strada aggiunta ad un viaggio già lungo, qualche sofferenza e tanto divertimento.
Ci rivediamo nel 2015!
Marco Delmastro