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Spesso parliamo del futuro senza accorgerci di quanto sia già presente nella nostra quotidianità. "Domani ci sposteremo tutti su veicoli elettrici", "In futuro abbandoneremo la benzina", ma questo futuro - oggi - si sovrappone già alla mobilità fossile. Molti produttori hanno in gamma uno o più mezzi elettrici, e il pubblico inizia a rispondere positivamente. Anche il settore delle due ruote, più lentamente, muove i primi passi nella stessa direzione. Il nostro intento allora è quello di fare un po' di chiarezza sulle leggi che regolano l’omologazione e la circolazione dei veicoli elettrici a due ruote, e vi spiegheremo come i vuoti normativi lascino aperti spiragli molto pericolosi per gli utenti meno esperti.
Ma andiamo con ordine, perché di fatto di moto elettriche ancora se ne parla poco, sono pochi i modelli in produzione e ancor meno quelli in circolazione. Di conseguenza la generale percezione si concentra su piccoli scooter per l’utilizzo esclusivamente urbano, e il legislatore per ora non è stato di molto più lungimirante.
Iniziamo con il definire l’argomento di cui parliamo: anche i veicoli spinti da un motore elettrico rientrano infatti nella classificazione generale dei veicoli. In particolare possono essere suddivisi in tre categorie.
L1 e: se non superano i 45 km/h e hanno una potenza inferiore ai 4 kW. Sono praticamente i vecchi cinquantini, e possono essere guidati con la patente AM, il famoso “patentino”, che si consegue a 14 anni o con la patene B già acquisita.
Una sottocategoria è la L1 e-A: “Veicoli a pedali dotati di propulsione ausiliaria e destinata primariamente ad assistere la pedalata”, in pratica sono le E-bike, e non richiedono alcuna patente.
Nella categoria delle L1 e-B rientrano invece tutti i mezzi con potenza superiore ai 4 kW. Una distinzione è però d’obbligo, a questo punto. I mezzi con potenza fino agli 11 kW possono essere guidati da chi ha la patente A1 o la B. Il limite successivo scatta a quota 35 kW, potenza massima del motore consentita sui mezzi guidati da chi consegue la patente A2. Per guidare veicoli con potenza superiore occorre invece la patente A (anche definita A3).
In base al tipo di patente - ne consegue con ovvietà - si possono guidare differenti mezzi. Altrettanto immediato è il vantaggio che le Case produttrici hanno nel commercializzare veicoli guidabili dal maggior numero di persone possibile con le patenti più diffuse. Per farlo, basta commercializzare moto o scooter con una bassa potenza dichiarata che, per esempio, possono essere guidati con la patente B. L'inconveniente è però che nessuno vuole un mezzo con poca potenza, e di conseguenza con prestazioni deludenti. Nel caso dei mezzi con motore elettrico, questo empasse può essere scardinato grazie a una creativa (ma totalmente legale) rilettura del ciclo di omologazione. Per l'omologazione, il legislatore (L 326/55 Regolamento n. 85 della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite 2006) parla di due tipi di potenza: quella netta e quella massima su 30 minuti. La prima rileva il dato "con il regolatore di potenza regolato al livello più elevato", mentre la seconda viene misurata come segue:
"Il gruppo motopropulsore elettrico deve essere fatto funzionare sul banco a una potenza corrispondente alla migliore stima indicata dal costruttore per la potenza massima su 30 minuti.
La velocità di rotazione deve essere compresa in un intervallo di velocità in cui la potenza netta sia superiore al 90% della potenza massima misurata secondo le prescrizioni per la potenza netta. Tale velocità deve essere raccomandata dal costruttore."
Inoltre, in una nota precisa che:
"Se la potenza massima su 30 minuti è limitata dalla batteria, la potenza massima su 30 minuti di un veicolo elettrico può essere inferiore alla potenza massima su 30 minuti del gruppo motopropulsore del veicolo in base a questa prova."
Traducendo liberamente dal burocratese, ciò significa che la potenza massima su 30 minuti dipende non solo dalla potenza del motore, ma anche dalle prestazioni della batteria. Se infatti abbiamo un mezzo che alla massima potenza esaurisce la batteria prima di 30 minuti, il costruttore può "abbassare" la potenza - anche drasticamente - perché il veicolo riesca a concludere il ciclo di omologazione. Ai costruttori, quindi, basta utilizzare una batteria dalle prestazioni modeste, e il risultato sarà quello di avere un mezzo con motore dalle grandi prestazioni che viene però omologato con molti meno kW.
Facciamo l'esempio di una moto o di uno scooter con un motore da 30 kW equipaggiato con una batteria di scarsa capacità e che in fase di omologazione non permette di mantenere tale potenza per 30 minuti: basterà allora portare la potenza a 11 kW e registrare sul libretto quest'ultimo dato. Il risultato sarà quello di avere un mezzo molto potente (di fatto 30 kW) omologato a 11 kW, e quindi guidabile con la semplice patente B. Questo significa che anche chi non abbia mai guidato neanche un cinquantino possa acquistare un mezzo molto potente, con le perplessità che questo suscita in termini di sicurezza. I vantaggi in termini di vendite, invece, non hanno bisogno di essere spiegati.
Al netto di tutte le situazioni in cui non vi sono limitazioni alla circolazione, rimane da capire quali mezzi elettrici possano viaggiare sulle strade regolamentate. La rete autostradale è certamente l'esempio più interessante.
L'articolo 175 del Codice della Strada vieta a velocipedi, ciclomotori e ai motocicli di cilindrata inferiore ai 150 cm3 l'ingresso in autostrada. Va da sé che un motore elettrico, non avendo cilindrata, si trova senza una legge che ne normi l'accesso. Abbiamo chiesto ad Autostrade per l'Italia se sui "suoi" 3.020 km i veicoli elettrici a due ruote possano circolare e con quali limitazioni. La risposta, molto diluita tra il ma e il se, è stata che loro gestiscono la rete, ma è il Ministero dei Trasporti che fa le regole. Un po' come se il direttore di un casinò rispondesse: "Io penso ai tavoli, non chiedetemi come si gioca alla roulette". Ci siamo dunque rivolti al Ministero dei Trasporti, e dopo una più che ragionevole attesa abbiamo concluso che la risposta da parte loro non arriverà mai. Fortunatamente ci è venuta in soccorso la Polizia Stradale, che si è presa la briga di risponderci e la responsabilità della risposta.
"L’art. 175 CdS, nell’elencare i veicoli a cui è vietata la circolazione su strada, alla lettera a) del comma 2 indica i velocipedi, i ciclomotori ed i motocicli di cilindrata inferiore a 150 cm3 se a motore termico. Nulla dispone, pertanto, in merito ai motocicli non a motore termico. Non ci sono riferimenti in merito nemmeno nella successiva lettera b) del comma 2 dell’art. 175 che menziona la massa, perché si riferisce ai soli motoveicoli diversi da quelli della lettera a).
Ciò premesso, si ritiene che, fermo restando il divieto di circolazione in autostrada di velocipedi e ciclomotori elettrici, i veicoli a due ruote dotati di motore elettrico possano circolare liberamente in autostrada solo se omologati come motocicli e, quindi, aventi potenza superiore a 4 kW”
E quindi emerge come siamo impreparati, un po' su tutti i fronti, al passaggio delle" due ruote" dal fossile all'elettrico. Le normative non sono aggiornate, le omologazioni poco stringenti, e i modelli a listino a volte posizionati a piacere dei produttori e non commisurati alle capacità di guida di chi salirà in sella. Ad ora il problema è impercettibile, perché sono pochissimi i veicoli in circolazione e non perché il problema sia realmente piccolo. Il trend in aumento, e il crescente numero di veicoli che di conseguenza circoleranno, costringeranno il legislatore a prendere finalmente in considerazione e a regolamentare adeguatamente anche questo settore.
In data 14 dicembre, un paio di giorni dopo la pubblicazione di questo articolo, è stato depositato in Senato un disegno di legge finalizzato a consentire l’accesso di motocicli elettrici in autostrada e nelle strade extra-urbane principali. Il provvedimento è stato firmato dal Sen. Vincenzo Gibiino, membro della Commissione Lavori Pubblici del Senato e da altri 27 senatori appartenenti a diversi schieramenti parlamentari. «Il tema della mobilità elettrica – dichiara Corrado Capelli, presidente di Confindustria ANCMA – è sempre più al centro del dibattito pubblico. Appare quindi incomprensibile il silenzio del codice stradale sulle moto elettriche».