Esclusivo: in UK per scoprire la tecnologia delle protezioni D3O e intervistare Michael Dunlop, il re del Tourist Trophy

Siamo volati a Londra per un contenuto esclusivo: un viaggio tra la tecnologia delle protezioni per motociclisti D3O e una intervista one-to-one con il suo Brand Ambassador Michael Dunlop, 25 vittorie al Tourist Trophy e a un passo dal diventare il pilota più vittorioso nella road race più celebre del mondo
4 febbraio 2024

Non sempre riflettiamo sulla quantità di tecnologia che ci portiamo addosso. Facile pensare infatti che il nostro smartphone o i nostri dispositivi elettronici rappresentino vette di sofisticazione e siano inoltre quanto di più avanzato sia a disposizione per la nostra utilità, e lo stesso vale per la nostra motocicletta: dalle sospensioni, al motore, alla gestione elettronica di cui probabilmente ammiriamo la perfezione e la raffinatezza che ci permette di avere moto più veloci, più facili da guidare e più sicure.

Molto meno immediato è realizzare che quando siamo in moto il nostro abbigliamento protettivo sia il frutto di tecnologie e di ricerca scientifica che poco o nulla ha da invidiare a quella che vediamo spesso nei reparti di produzione delle Case motociclistiche. È quanto abbiamo pensato al termine della visita nella sede londinese di D30, l'azienda che produce protezioni per diverse applicazioni, anche se quelle che a noi interessano di più sono quelle che troviamo all'interno dell'abbigliamento tecnico per motociclisti: paraschiena, “chest protector”, inserti per spalle, gomiti e così via.

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"Semplice" Protezione?

Per quanto una protezione possa infatti apparire come un “semplice” inserto in materiale plastico (per volgarizzare all'estremo la faccenda) non è affatto così, e te ne accorgi con una certa sorpresa quando i manager dell'azienda ti mettono a disposizione – insieme a altri 9 colleghi da tutta Europa – i loro laboratori e i loro tecnici per una giornata esclusiva per entrare in profondità nel mondo di chi le protezioni le pensa, le progetta, le realizza, le testa e poi... le porta sul campo di applicazione probabilmente più sfidante del mondo: il Tourist Trophy. Non è un modo di dire, a valle della nostra visita a D3O abbiamo avuto l'opportunità più unica che rara di passare 10 minuti one-to-one con l'history maker delle road race Michael Dunlop, Brand Ambassador del marchio inglese con il quale ha appena rinnovato la collaborazione per altri 3 anni. Ma ne parliamo tra poco, per adesso lasciate che vi racconti cosa è D30 e perché dovremmo tutti riflettere su quanta tecnologia c'è dentro paraschiena e simili.

I requisiti fondamentali di una protezione per motociclista (sia essa un inserto protettivo per ginocchia, per gomiti o un “back protector”) sono di assorbire e dissipare adeguatamente la forza di un impatto per non trasmetterla al malcapitato motociclista, oltre alla necessità di essere comoda, traspirante e leggera per venire incontro sia a chi sta in sella parecchie ore per turismo che a coloro la moto la usano in pista o sportivamente e hanno bisogno di grande vestibilità e libertà di movimento, oltre che di una protezione al top.

Tuttavia non è così facile: i paraschiena devono avere caratteristiche che – per esempio – le protezioni per le ginocchia non possiedono e viceversa, senza dimenticare le necessità omologative a volte differenti passando da un'area geografica a un'altra. Insomma, è una vera e propria sfida tecnologica: D3O l'affronta attraverso un proprio polimero, anzi potremmo dire una famiglia di polimeri in continua evoluzione.

La base, o se vogliamo il materiale che più evidenzia il loro approccio, è il polimero arancione (marchio di riconoscibilità, il colore non ha una motivazione tecnica) viscoso che forma gran parte delle protezioni prodotte dall'azienda inglese. Ve lo abbiamo gia mostrato durante EICMA 2023, è un materiale molto malleabile a riposo ma che se sollecitato da un urto o da un impatto diventa immediatamente più resistente: le sue caratteristiche rendono possibile - insieme ad una progettazione adeguata – contenere lo spessore e quindi il peso della protezione, oltre a concedergli una flessibilità notevole senza che questo impatti (è proprio il caso di dire...) sulle capacità di protezione ed è quindi concettualmente perfetto per le applicazioni motociclistiche, ma anche negli altri quattro campi di applicazione cui D3O si rivolge (militare, lavoro, sport ed elettronica). Ci sono ovvi travasi di esperienze da un settore all'altro, anche se vi sveliamo subito che certi prodotti sviluppati per il campo militare non sono necessariamente più efficaci per l'ambito motociclistico. Tutto infatti deve essere progettato ad hoc per l'uso cui viene destinato.

Nella definizione di un prodotto D3O si parte quindi dalla scelta del mix di componenti chimiche che andranno a costituire il polimero: nei laboratori viene effettuata una scrematura in base alle richieste del mercato e all'evoluzione verso la quale si ritiene di puntare (un lavoro che può durare da sei mesi a un intero anno), segue una prototipazione interna basata sul design e sui materiali scelti, quindi si passa – passateci il termine poco tecnico – alla “cottura” all'interno di stampi del mix di sostanze che poi costituiranno la protezione.

Testing

Al termine di questo processo la protezione viene testata sia dal punto vista dell'impatto che della resistenza alla penetrazione, quando i risultati sono in linea con le specifiche di progetto (e, ovviamente, con le necessarie norme di certificazione) il prodotto passa al team di collaudo sul campo perché va bene il soddisfare i requisiti puramente numerici ma comfort e vestibilità hanno il loro peso sulla sicurezza di un dispositivo che deve assicurare il massimo della comodità termica e dinamica.

 

Tutto qui? No: tra gli oltre 3 milioni di dispositivi che ogni anno D3O vende viene condotto un controllo anche sulla produzione, quindi il risultato di questo processo finisce dentro l'abbigliamento di marchi come Furygan, Belstaff, KTM, Triumph, Klim, Icon, Harley-Davidson, Tur e così via soltanto per citare alcuni dei brand motociclistici che fanno uso dei prodotti D3O all'interno dei loro capi tecnici. Ah, sono anche fornitori della NASA, ma ovviamente in quel caso non penso si parli di paraschiena...

Interni per Caschi

Le prossime frontiere, almeno nell'ambito che ci riguarda, sono quelle dei caschi. È appena il caso di ricordare che il brand inglese realizza una protezione per caschi militari le cui specifiche non sono certamente quelle richieste per l'uso motociclistico dove, invece, si potrebbero sfruttare le caratteristiche di leggerezza e resistenza dei materiali D3O per realizzare lo strato interno dei caschi, quello cui viene richiesto l'assorbimento dell'urto e la dissipazione dell'energia in modo da preservare la scatola cranica del motociclista da traumi. In questo, ma non ci sono state date ulteriori informazioni, la possibilità di realizzare spessori minimi e pesi ridotti potrebbe rivelarsi un vantaggio in termini di comfort per il motociclista. Quando? Siamo riusciti a strappare una dichiarazione a Gabriele Mirone (catanese trapiantato a Londra e Senior Indutrial Designer per D3O) nella quale si ipotizza che nel 2025 dovremmo vedere già qualcosa.

Michael Dunlop mostra le qualità elastiche del polimero D3O
Michael Dunlop mostra le qualità elastiche del polimero D3O

Michael Dunlop: intervista al re del TT

Al termine della nostra visita ci siamo quindi accorti di quanta tecnologia e ricerca sia contenuta all'interno delle “semplici” protezioni, una riflessione che poi ha avuto il suo immediato riflesso nell'incontrare chi affida a D3O la propria sicurezza in uno degli ambienti agonistici più probanti in assoluto: il Tourist Trophy dove Michael Dunlop è uno degli alfieri del brand britannico. Michael ci ha concesso un'intervista all'interno della sede D3O di Crydon: è uno dei piloti che stanno facendo la storia del TT e nel video potrete certamente capire qualcosa di più di quanto sia concentrato sulla sua attività di pilota di road race. Nordirlandese, venticinque volte vittorioso e pronto a infrangere nel 2024 il record dello zio Joey di 26 vittorie, una vita dedicata alle corse e una storia che a raccontarla ci vorrebbe un video di un paio d'ore. Avere l'opportunità di intervistarlo è stata, per chi scrive, una delle emozioni più intense vissute negli ultimi tempi e un modo per comprendere meglio cosa scorre nelle vene di questi piloti pronti a sfidarsi sui 60 km tracciato sull'Isola di Man, a oltre 130 miglia (210 km) orarie di media e in condizioni limite sotto ogni punto di vista. Non vi sveliamo niente dell'intervista: la trovate in coda al video, buona visione!

 

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