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Un accordo di libero scambio che riguarda 600 milioni di persone e il 30% del PIL mondiale: è quello firmato a Tokyo fra i vertici dell’Unione Europea e il premier giapponese, che prevede la cancellazione del 99% delle imposte sulle merci importate in Europa e l’eliminazione del 94% dei dazi giapponesi sulle importazioni delle merci provenienti dai paesi dell’Unione.
L’accordo, siglato il 16 luglio dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e dal premier giapponese Shinzo Abe, è anche un segnale contro i dazi protezionistici invocati dal presidente americano Donald Trump, e comprende la sottoscrizione di una serie di intese multilaterali.
Il taglio dei dazi sarà progressivo, e a seconda delle merci sarà spalmato su archi temporali differenti: per quanto riguarda le automobili, ad esempio, il periodo di transizione potrà durare fino a 7 anni, prima dell'eliminazione dei dazi doganali.
Il trattato “Jefta” (Japan Europe free trade agreement) consentirà ad esempio all’85% dei prodotti agroalimentari europei di arrivare in Giappone senza dazi doganali, dovrà essere intanto ratificato dal Parlamento europeo e dalla Dieta giapponese: in seguito, entrarà in vigore nel 2019. Probabilmente prima dell’introduzione della Brexit.
Si valuta che le 74.000 imprese europee (e quindi i consumatori giapponesi) risparmieranno un miliardo di euro l’anno, e che le esportazioni verso il Giappone potranno aumentare del 13%. Le esportazioni attuali valgono 58 miliardi di euro in beni e 28 miliardi in servizi: il Giappone è per la UE il secondo partner commerciale asiatico dopo la Cina, e il sesto a livello globale.
Le aziende italiane che esportano in Giappone sono quasi 15.000, il valore delle esportazioni è di 6,6 miliardi di euro a fronte di 4,2 miliardi di importazioni. Il numero di occupati in Italia che quelle esportazioni aiutano a sostenere sfiora le 90.000 unità.
I dazi sulle importazione di moto e auto giapponesi, introdotti in Europa negli anni Ottanta, saranno eliminati, e questo significherà un taglio medio del 10% sul costo dei veicoli e del 3% sulle parti di ricambio. Per quando riguarda i motocicli, si parla di una riduzione base di 8 punti.
Su alcuni modelli venduti in Italia significherebbe un taglio quantificabile da 500 a oltre 1.000 euro. Peraltro, proprio per ridurre costi e dazi già da tempo i costruttori giapponesi hanno realizzato impianti all’estero (soprattutto nel sud est asiatico, ma anche in Italia, con Honda). Tanto che diversi moto e scooter di marchi giapponesi che arrivano da noi non sono costruiti nel Paese del Sol Levante, e lo stesso vale per numerose parti di ricambio. Diversamente dai modelli di media e alta cilindrata di maggior valore che sono tutt'ora costruiti negli stabilimenti giapponesi, e che quindi potranno beneficiare di prezzi di vendita più competitivi in Europa.
Varrà lo stesso per le marche europee che vedranno cancellati i dazi e, progressivamente, anche una migliore armonizzazione con le norme di omologazione vigenti in Europa e Giappone favorirà scambi e prezzi.
Il sito della Commissione europea sottolinea come: “Questo nuovo trattato manderà un segnale potente al resto del mondo. Due grandi economie resistono al protezionismo e dimostrano che l’apertura del commercio rimane uno dei migliori strumenti per costruire la globalizzazione”. Un chiaro messaggio diretto all'Amministrazione americana, insomma.