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Nel corso degli anni Cinquanta l’attenzione di diversi costruttori si è focalizzata su una sospensione anteriore ideata proprio in tale periodo.
Si trattava della Earles, realizzata con uno schema non dissimile da quello impiegato per la sospensione posteriore; prevedeva infatti due lunghi bracci oscillanti uniti subito dietro la ruota a formare un vero e proprio forcellone sul quale agivano due gruppi molla-ammortizzatore. Questi ultimi potevano essere eguali a quelli utilizzati al retrotreno ed erano agevolmente accessibili per effettuare le eventuali regolazioni.
Il forcellone era fulcrato dietro la ruota, che si muoveva secondo un arco di cerchio. Studiando opportunamente la disposizione del fulcro era possibile contrastare (o addirittura evitare) l’affondamento in frenata.
Come tutte le altre sospensioni, anche la Earles aveva i suoi punti di forza e i suoi punti deboli. Sicuramente vantaggiosa era la possibilità di avere una notevole rigidezza in senso sia trasversale che longitudinale (cosa molto apprezzata dai sidecarristi!). Inoltre in genere le variazioni di assetto durante il funzionamento non erano considerevoli ed era anche possibile ottenere un notevole comfort. La forcella non era però leggera e della massa molta era piazzata lontano dall’asse di sterzo, cosa che poteva avere ripercussioni negative in caso di guida sportiva.
Per un certo tempo alcuni costruttori hanno considerato questa sospensione anteriore superiore alle forcelle telescopiche dell’epoca e l’hanno impiegata sulle loro moto da competizione oltre che su certi modelli sportivi. È il caso della MV Agusta, oltre che della BMW.
La Parilla ha utilizzato una Earles sulla 175 Sport (più nota come “Bassotto”), mentre la Rumi la ha prevista come optional sulla Junior. In Germania spicca l’utilizzo di questo tipo di forcella, per i modelli stradali, da parte della Horex.
La Earles ha avuto comunque una diffusione assai modesta, rispetto a quella della forcella telescopica. Le cose sono andate un poco diversamente in fuoristrada, settore nel quale la tedesca Hercules ha continuato a utilizzarla fino all’inizio degli anni Settanta.
Le sospensioni a biscottini oscillanti delle quali abbiamo parlato nel precedente articolo e le Earles ora descritte sono a ruota “spinta”.
Esistono però anche sospensioni a ruota “tirata”, nelle quali il fulcro di oscillazioni dei bracci (indipendentemente dalla loro lunghezza) è posto davanti all’asse della ruota e non dietro. La loro diffusione è stata però scarsissima. Per ottenere una elevata rigidezza occorreva abbondare con il dimensionamento e allora il peso diventava un serio problema, soprattutto perché la maggior parte della massa si veniva a trovare a notevole distanza dall’asse di sterzo. Inoltre, era difficile ottenere una estetica piacevole.
Le cose andavano ancor peggio se invece di levette oscillanti relativamente corte si impiegavano bracci oscillanti di notevole lunghezza o addirittura si piazzava il fulcro davanti alla ruota anteriore (come ha fatto a suo tempo la belga FN).
Spicca qui l’Ariel con le sue forcelle in lamiera stampata dal tipico styling utilizzate sulle 250 bicilindriche Arrow, presentata nel 1958, e Leader, entrata in produzione l’anno successivo. Pure sulla Ariel Pixie degli anni Sessanta è stata impiegata una sospensione analoga. Quello della casa inglese è stato però un caso pressoché unico, per quanto riguarda il dopoguerra. Anche se in questa sede stiamo parlando solo di moto, è interessante ricordare che le sospensioni a ruota tirata hanno invece avuto sempre una notevole diffusione sugli scooter.
Le forcelle telescopiche si sono imposte per vari motivi. Sono in grado di svolgere assai bene il loro compito, sono semplici strutturalmente e agevoli da costruire. Sia le molle che gli ammortizzatori possono essere alloggiati all’interno degli steli. Molto importante è la possibilità di ottenere escursioni considerevoli che esse offrono. Altri importanti punti di forza sono una estetica assai piacevole e un costo ragionevolmente contenuto.
L’altra faccia della medaglia è costituita da non trascurabili variazioni di assetto durante la marcia. In frenata l’avantreno tende ad “affondare”: la forcella si comprime e l’avancorsa diminuisce. Inoltre la rigidezza può lasciare a desiderare (in particolare per quanto riguarda quella laterale). La forcella tende insomma ad essere flessibile. Questa limitazione può essere eliminata lavorando a livello di dimensionamento (diametro delle canne e del perno della ruota, spessore delle piastre), ma ciò comporta un aumento del peso. Proprio per migliorare la rigidezza, in diversi casi in passato i due foderi sono stati collegati per mezzo di un cavallotto, ovvero di un elemento conformato ad arco che passava subito sopra la ruota.
Per lungo tempo, date le modeste prestazioni delle moto, sono state impiegate con risultati soddisfacenti forcelle con diametri delle canne notevolmente inferiori a quelli adottati successivamente. Negli anni Cinquanta e per buona parte del decennio successivo anche le escursioni molleggianti erano modeste. All’epoca andava bene così.
Vedi anche:
Evoluzione delle sospensioni anteriori (Prima parte)