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L’incontro di cui vi parliamo oggi è relativo all’epoca, argomento a cui la Polizia Stradale è molto attenta. Gli appassionati delle “vecchiette” sono infatti tenuti in grande considerazione da parte della Polizia Stradale, che grazie proprio alla sua presenza sulle strade conosce bene caratteristiche e tipicità del fenomeno. E lo apprezza per quello che realmente è: amore per la tecnica, la storia e la conservazione di un patrimonio nazionale di grande valore, smentendo i luoghi comuni che qualcuno "appiccica" agli agenti della Stradale.
Un amore, una passione, che portano a positivi risvolti sulla sicurezza e che meritano di essere sostenuti ed accompagnati. In occasione della Mostra Scambio organizzata dal Moto Club Torrazzo di Cremona abbiamo avuto modo di visitare lo stand della Polizia Stradale, che ospitava una bella… retrospettiva dei mezzi utilizzati nelle azioni di pattuglia sulle strade. Lo stand infatti, a fianco dei mezzi più recenti attualmente in uso sulle strade proponeva le “sorelle” d’epoca portando avanti un discorso che ci ha ben illustrato Federica Deledda, Vicequestore aggiunto della Polizia di Stato e comandante della Polizia Stradale di Cremona, che abbiamo intervistato per fare il punto sulla situazione.
Iniziamo dal punto di vista sul fenomeno dell’Epoca soprattutto in un’ottica di sicurezza.
«Sicuramente l’appassionato d’epoca rappresenta un utente di nicchia, quindi il nostro intento oggi qui non si limita a rispondere alle eventuali curiosità e domande, ma di comunicare con un utente della strada che coniuga passione e sicurezza. Visto che parliamo di utenti appassionati ed estremamente attenti alla tecnica, al dettaglio, al singolo pezzo, diamo per scontato che siano altrettanto attenti alla manutenzione del mezzo e quindi alla sicurezza».
«Certo, stiamo parlando di un segmento di nicchia e quindi piuttosto limitato in termini numerici, ma allo stesso tempo di un segmento di motociclisti ed automobilisti molto appassionati, che coltivano nel loro garage e nella guida un approccio ragionato e culturale al mezzo e alla sua guida – non puntiamo quindi solo a parlare con loro, ma anche a coinvolgerli in questa nostra azione divulgativa. Insomma, vorremmo che ci dessero una mano a diffondere il nostro messaggio in termini di sicurezza. Se è gente che ama i motori e la strada, ci aspettiamo che ci aiuti a portare ad altri, sulla strada, quello che raccontiamo in materia di sicurezza oggi».
Fondamentale quindi l’amore per la cura e la manutenzione del mezzo
«Assolutamente, non ci dimentichiamo che la sicurezza stradale parte dall’avere un mezzo sicuro, quindi dall’attenzione per gli pneumatici, per l’impianto frenante, per l’allestimento interno inteso come misure di sicurezza passiva – si tratta del primo passo per mettersi su strada sicuri».
Un’attenzione che però non basta, perché per quanto elevata sia la cura per il proprio mezzo non bisogna mai dimenticare che si tratta di mezzi spesso superati in termini di dotazione di sicurezza e prestazioni di pneumatici ed impianto frenante, che circolano in un ambiente circostante fatto di auto capaci invece di fermarsi in un fazzoletto davanti ad una situazione di pericolo e che possono diventare quindi a loro volta potenziali ostacoli per il motociclista.
«E’ il motivo per cui nel nostro stand abbiamo messo uno a fianco all’altro, per ciascun veicolo, il modello d’epoca e quello moderno. Vogliamo fare questo paragone insieme ai visitatori, mostrandogli l’evoluzione tecnica e facendogli capire come il mondo dell’auto e della moto abbia subito questa grande evoluzione per migliorare la sicurezza. Vogliamo fare si che vedere i due modelli accostati possa dare il via ad un momento di riflessione proprio su queste tematiche».
Una situazione che potrebbe richiedere un momento divulgativo, perché ormai consideriamo come d’epoca mezzi comunque ancora relativamente recenti in termini temporali.
«Certo, è ovvio che nel momento in cui ci si mette su strada è necessario capire che si è alla guida di un mezzo che, pur regolarmente autorizzato a circolare, non è allo stato dell’arte attuale per quanto riguarda la dotazione e che quindi non ci si può permettere determinati comportamenti o stili di guida che vengono invece assecondati da mezzi più performanti e moderni».
Una campagna in cui anche noi, del mondo dell’informazione, dobbiamo impegnarci per aumentare la consapevolezza dei lettori.
«Assolutamente, il ruolo dei mezzi di comunicazione è fondamentale per la divulgazione di questo tipo di attività. Gli organi di stampa fino ad oggi hanno parlato troppo poco di sicurezza stradale, e spesso purtroppo con approssimazione e sensazionalismo, cose che non ci aiutano. Abbiamo bisogno di una stampa specializzata che ci aiuti a far passare verso l’utenza un messaggio di carattere tecnico, che parli delle cause reali degli incidenti. Basta parlare di curva killer, basta parlare di rettilineo che invita a superare il limite di velocità. Se la causa dell’incidente è stata un guasto meccanico parliamone, se è stato un problema delle infrastrutture parliamone, ma parliamone anche se la causa è stata il fattore umano, ed abbiamo il coraggio di affrontare anche queste argomenti».
Basta parlare di curva killer, basta parlare di rettilineo che invita a superare il limite di velocità. Se la causa dell’incidente è stata un guasto meccanico parliamone, se è stato un problema delle infrastrutture parliamone, ma parliamone anche se la causa è stata il fattore umano, ed abbiamo il coraggio di affrontare anche queste argomenti
Una delle peggiori piaghe, al momento, è la guida in stato di ebbrezza. Malcostume – perdonateci l’eufemismo – che si sta diffondendo purtroppo anche fra i motociclisti.
«Purtroppo si, la guida in stato di ebbrezza è in questo momento il principale nemico della sicurezza stradale: spesso le conseguenze dell’abuso di alcol e droghe vengono sottovalutate e ci si mette al volante ben lontani da condizioni non solo ideali, ma anche solo sufficienti a garantire un minimo di sicurezza. Fra le due ruote il fenomeno è molto meno diffuso – la principale causa di incidenti fra i motociclisti resta l’imprudenza – ma iniziamo a riscontrarlo anche qui».
Illuminante l’uso degli occhiali speciali che simulano la visione in condizioni di alterazione percettiva dovuta all’abuso di alcol con due gradazioni – una corrispondente ad un tasso alcolico nel sangue pari a 0,8, una superiore ai 2. Abbiamo avuto modo di provarli nello stand della Polizia Stradale: il risultato è qualcosa che va esperito in prima persona per capire di che livello di pericolo si stia parlando.
C’è però un ulteriore fattore di rischio che si sta diffondendo in maniera sempre più pervasiva fra i guidatori, stavolta – per questioni meramente pratiche – esclusivamente delle quattro ruote. L’abuso dei mezzi di comunicazione o comunque strumenti digitali quali smartphone e tablet, che distraggono il guidatore dalle situazioni che si sviluppano attorno a lui.
«Il mondo che ci circonda sta cambiando a velocità impressionante, tanto che la normativa non riesce a tenere il passo. La stessa legge che regola l’uso di telefoni cellulari in auto è ormai inadeguata, perché siamo molto oltre: quando sono per strada vedo comportamenti di ogni genere legati all’abuso di cellulari e tablet. L’uso di navigatori, messaggistica istantanea quale Whatsapp o il semplice SMS mentre si guida ormai è considerato normale, con le conseguenze facilmente immaginabili sull’attenzione del guidatore. Non mi fraintendete, capisco benissimo le necessità di costante disponibilità imposte dal mondo moderno, ma è necessario stabilire un confine oltre il quale non si può andare. Chi guida… sta guidando, non può contemporaneamente fare altre cose».
Una soluzione, nel prossimo futuro, potrebbero essere le driverless car che diverse aziende del settore tecnologico ed automotive stanno mettendo a punto.
«Sono più vicine di quanto non pensiamo, di recente tutte le Case stanno effettuando dimostrazioni dello stato dell’arte tecnologico ormai raggiunto ed è evidente come dal punto di vista delle vetture il momento è ormai maturo. Il problema sono le infrastrutture: è impensabile che mezzi del genere possano circolare in sicurezza in assenza di adeguate centraline semaforiche e strumenti di rete che gli forniscano tutte le informazioni necessarie. Insomma, saranno necessarie grandi operazioni di adeguamento prima che questi mezzi possano diffondersi anche qui da noi».