Federico Fellini e “Roma“: il (gran) ritorno!

Pazza idea: rifare la scena finale del film “Roma“, con moto ed abbigliamento dell’epoca. Una notte magica, perché Roma mostra tutte le sue meraviglie solo a chi la percorre su due ruote
10 luglio 2020

Per i cinefili è una scena cult, in cui la poetica felliniana tocca uno degli apici dell’intera carriera: gli ultimi tre minuti del film “Roma“, dedicato dal regista riminese alla città che l’aveva adottato, sono una lunga sequenza notturna di moto rombanti in giro per una Capitale deserta, abitata solo dalle vestigia del suo passato immortale, con i fari che illuminano strade, piazze e monumenti più importanti e famosi, prima di perdersi nella notte lungo la via Cristoforo Colombo, inghiottite dal buio.

Pura poesia impressa su celluloide (per rivederla ed apprezzarla, questo è il link: youtube.com/watch?v=7uEF4tWWg4s) con protagoniste le maxi del tempo, jap a 2T in primis, con contorno di moto inglesi, tedesche e del meglio dell’industria nostrana.

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E’ bastata l’inventiva di Eugenio Blasetti, la cui creatività è pari solo alla passione per le due ruote d’antan, per risvegliare da un letargo di quasi mezzo secolo le protagoniste di quelle scene: a ripetere il percorso immortalato dalla cinepresa di Federico Fellini è stato un nutrito gruppo di moto degli anni ’70, di solito custodite gelosamente dai proprietari e raramente esibite, figuriamoci riportate in strada per un tour nella “Roma by night“.

Passaggio notturno a Piazza del Popolo: Triumph Daytona 500 SS, casco Cromwell in vera pelle... che stile! E lo skater resta basito!
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Tutti in gruppo, allora, così come in gruppo erano le moto del film “Roma“: in una città ancora sotto batosta per la pandemia, e con strade oggi vietate al transito mentre cinquant’anni fa si percorrevano senza problemi, un rumoroso e ben visibile serpentone (ah, i motori a 2T, dalla voce inconfondibile e gli scarichi “vaporosi“, non proprio a norma…) ha rotto il silenzio della notte romana, lasciando senza fiato i (pochi) turisti in giro e gli indigeni insonni, che hanno pensato di essere prigionieri della macchina del tempo, complice anche l’abbigliamento esibito dai centauri, con camicie colorate, caschi dai toni sfavillanti, foulard e collane.

Alla fine, sono scese in strada circa quaranta moto, mentre i partecipanti sono stati più di cinquanta (diverse le passeggere).

Le moto erano tutte tra il 1970 e il 1972, come quelle del film: in  particolare, Kawasaki 500 e 750 tre cilindri 2T, Honda 500 e 750 Four, Moto Guzzi V7 e V7 Sport, Laverda 750 SF e 1000, Triumph Thunderbird e Daytona 500 SS, Suzuki GT750J.

Una serata… amarcord, giusto per un altro tributo al grande regista, di quelle che nascono un po’ per gioco e diventano poi eventi scolpiti nella memoria di chi c’è stato, con il rammarico per quanti non l’hanno vissuto.  

Come avrebbe detto il regista... «Buona la prima!».
 

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