Feria de las 2 Ruedas di Medellin. La Colombia e le moto

Feria de las 2 Ruedas di Medellin. La Colombia e le moto
Eccoci di ritorno dalla Colombia e dalla Feria de las 2 Ruedas, il più importante Expo motociclistico nelle americhe dal Messico in giù. Un'occasione per parlare delle moto che si vedono, e si vendono, in Colombia
17 maggio 2017

Arrivare e partecipare alla kermesse colombiana Feria de las 2 Rueda (#Feria2Ruedas) è un viaggio non soltanto nel senso strettamente lessicale del termine, ma anche in quello più sottile ed emozionale di approcciarsi ad un evento, per noi distante, con curiosità e voglia di scoprire.
La “Feria” si tiene a Plaza Major, nel centro di Medellin, ed inquadrarla come un salone periferico o nel quale non si troveranno spunti interessanti sarebbe come supporre di appartenere ad una cultura motociclistica superiore e di sapere già tutto: invece, in questi due anni di partecipazione abbiamo imparato qualcosa sulla Colombia, sul mercato e sull’industria motociclistica del Sudamerica, che dall’Italia non avremmo mai sospettato.

Medellin è una città di oltre due milioni di abitanti, stretta tra le colline tanto da non riuscire ad ospitare un aeroporto internazionale, rumorosa di gente cordiale e a noi, per lo meno ad opinione di chi scrive, molto affine. Il centro è assediato dagli insediamenti popolari situati sui pendii limitrofi, dove risiede el pueblo composto da fattorini, autisti, operai, impiegati, commercianti di piccolo cabotaggio, che ogni giorno, grazie alla metro cable (la teleferica che collega con quattro linee il centro alla periferia, e forse l’opera che ha più contribuito a segnare un cambio di passo verso la crescita economica e l’inclusione sociale nella regione di Antiochia), può raggiungere il posto di lavoro in tempi ragionevoli e praticamente gratis, mentre prima servivano due ore di pazienza e quando questa finiva forse restava solo la rabbia.

 

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Alla nostra seconda partecipazione alla F2R, abbiamo imparato che puoi guardare Medellin dal basso verso l’alto e vedrai una città moderna e globale, pulita, allegra e protetta dalle Ande; oppure scegliere di guardarla dall’alto verso il basso, magari da una cabina della metro cable, partendo dall’enorme distesa di favelas delle colline, con le loro strade strette percorse dalla gente meno fortunata, dai bambini sorridenti in divisa scolastica, da migliaia di piccole motociclette, colorate dai vividi murales che spezzano il rosso e il grigio delle costruzioni non rifinite: e questa prospettiva ti darà la dimensione dell’enorme opera di modernizzazione e sviluppo tutt’ora in corso, che sta trainando il paese sempre più in alto a tassi variabili tra il 5 e il 2% annuo.

 

Il mercato motociclistico colombiano

Partiamo dal salone e diamogli un contesto: nel 2016 in Colombia sono state vendute “soltanto” 567.400 motociclette (contro le quasi 700.000 del 2014): è stato un anno di rallentamento dell’economia, cresciuta solamente di circa il 2,5% a causa dell’effetto della diminuzione del costo del petrolio e di una riforma tributaria che ha comportato, tra l’altro, l’aumento dell’IVA fino al 19%.
Insomma, in Colombia (terza economia dell’America latina e secondo mercato motociclistico del Sudamerica dopo il Brasile) negli anni di crisi si immatricolano oltre mezzo milione di motociclette: per fare un paragone, in Italia il 2016 è stato un anno di crescita, e ci siamo arrestati a circa 194.000 immatricolazioni...

 

 

La popolazione ci vede in vantaggio per almeno dieci milioni di abitanti, ed è anche vero che da noi si acquistano moto mediamente di valore doppio o triplo rispetto a quelle che circolano in Colombia; ma il punto è che in tutto il latinoamerica la quantità di utenti delle due ruote è notevole, seppure ancora lontana dai livelli asiatici (dove c’è una moto ogni due abitanti). Oltre sette milioni di Colombiani, infatti, usano regolarmente la motocicletta ogni giorno, prevalentemente come mezzo di trasporto quotidiano, e circa il 30% sono donne: del resto, a Medellin il traffico è tale che una piccola motocicletta è un grandissimo aiuto negli spostamenti oltre ad essere il mezzo di locomozione più economico, con le immatricolazioni di automobili in caduta libera, principalmente a causa dello sfavorevole tasso di cambio col dollaro: per queste ragioni le cilindrate più vendute si fermano ai 250 cc, e da lì in poi l’immatricolato è circa il 3% del totale.

Il parco circolante colombiano possiede anche un’altra peculiarità, quella essere per il 93% assemblato in loco: Honda, Yamaha, Suzuki, AKT, Hero e Auteco (marchio che racchiude al suo interno Bajaj, KTM, Kymco e Kawasaki) hanno ciascuna un proprio stabilimento di assemblaggio in Colombia, lasciando ai concorrenti le briciole che però, su un totale di quasi 600.000 pezzi l’anno, non sono certo trascurabili, e quando il mercato rallenta, come in questi ultimi due anni, le grosse cilindrate provenienti dall’estero non perdono volumi, aumentando le quote relative.
Ecco perché Harley-Davidson, Royal Enfield, BMW e Ducati tengono il punto su un mercato che garantisce grandi potenzialità di sviluppo in un Paese in costante crescita, dove coloro che qualche anno fa potevano permettersi solo una Bajaj Boxer 110 (il modello più venduto con circa 54.000 esemplari immatricolati nel 2016) oggi già possiedono, per esempio, una AKT Adventour 250, o persino una Suzuki V-Strom 650, tra i modelli più amati della Casa giapponese sul territorio sudamericano.
Non deve quindi sorprendere la presentazione alla Feria de las 2 Ruedas di modelli di alta gamma e costo, che non sono esclusivamente il manifesto delle proprie vette tecnologiche: servono a far sognare, a portare la gente a migliorarsi e a puntare più in alto, ad agganciare un circolo virtuoso di maggiore reddito, produttività, migliori condizioni di vita e a proiettarsi nel futuro.

Colpisce molto che in questo panorama di moto a prevalente estrazione utilitaria vi sia, da una parte, un rilevante movimento di “moteros” che con queste stesse motociclette di piccola cilindrata fanno di tutto, pure le sparate notturne sulla bellissima strada che porta verso l’aeroporto Jose Maria Cordova, a quota 800 metri e, dall’altro, che i relativamente pochi possessori di moto oltre i 500 cc siano attivissimi e infaticabili macinatori di chilometri. Il sentimento è che la passione motociclistica, qui in Colombia, e in generale nell’America Latina, sia forte a dispetto della cilindrata media del parco circolante, e che il grande entusiasmo del pubblico della Feria de las 2 Ruedas abbia convinto sempre più attori economici ad entrare in campo: TVS e KTM vi hanno fatto il loro ingresso nel 2014, mentre nel 2015 ha messo piede in Colombia anche il colosso Hero. Lo stesso stanno facendo, attratti da un mercato di milioni di mezzi a due ruote, anche centinaia di produttori di accessori e parti, principalmente asiatici ma anche italiani, come Polini, Print/Onedesign, Unibat e Brantafreni (ma di questo ci occuperemo in un prossimo articolo).

 

 

Una novità di questa undicesima edizione della Feria de las 2 Ruedas è stata la contemporanea presenza allo stesso tavolo di tutti e sei i maggiori attori del mercato motociclistico colombiano sotto l’insegna dello studio “Movemos Colombia”, che pone l’accento sulla motocicletta come soluzione di mobilità che contribuisce allo sviluppo del Paese. Non era mai accaduto che i sei maggiori produttori/assemblatori si riunissero sotto il medesimo ombrello, e di questo gli organizzatori della F2R vanno, giustamente, molto fieri. Sviluppo sostenibile, miglioramento della qualità della vita, ecologia e sicurezza stradale, ma anche aumento dell’occupazione e innovazione tecnologica, sono i concetti alla base dello studio che ci ha mostrato come la motocicletta rappresenti per la questa nazione un valore fondamentale di inclusione sociale e riduzione della povertà. E passione, che rivendica un posto e un peso nello scenario politico e amministrativo del Paese Sudamericano.

Uno di questi importatori/assemblatori, Incolmotos Yamaha, ci ha aperto le porte del proprio stabilimento di Medellin: all’ingresso troneggia la prima motocicletta prodotta da Yamaha, la YA-1: sembra che sia uno degli unici due esemplari originali superstiti, tanto per farci capire che questo non è uno stabilimento di secondo piano, ma un vero e proprio avamposto della Casa madre.
Juliàn Herròn Franco, direttore operativo della Incolmotos, è un cicerone colto e loquace che ci porta a scoprire prima la Technical Academy, dove Yamaha forma i tecnici non solo interni alla propria filiale ma anche coloro che andranno poi a mettere le mani sulle motociclette della Casa dei tre diapason e che rappresentano il valore del servizio post vendita. La Yamaha Technical Academy è una vera e propria scuola, con un edificio dedicato, aule, una gigantesca officina (linda come un ospedale) con una trentina di postazioni di lavoro, un parco moto impressionante sul quale fare pratica (si va dalle R1M ai quad, fino agli scooter BW’S) e un interessante banco didattico per diagnosi/test di un impianto di iniezione, perché, per dirla con le parole di Juliàn, «La cosa più difficile è insegnare che un impianto di iniezione è più affidabile di un carburatore, ma devi conoscerlo. Yamaha offre su tutta la propria produzione l’omologazione antinquinamento Euro 3, e l’iniezione elettronica è indispensabile. Bisogna far cambiare cultura ai tecnici abituati ai carburatori, e vincere la loro iniziale diffidenza verso l’iniezione».

 

 

In pratica, su un pannello verticale viene riprodotto, pezzo per pezzo, il funzionamento reale di un motore ad iniezione, e attraverso una pulsantiera il docente può simulare i guasti più comuni: sta allo studente individuarli e risolverli (qui il video nella nostra pagina Facebook).
La scuola, ma tutta l’azienda in generale, è rivolta all’integrazione con il Paese e la sua popolazione: per esempio ha istituito anche corsi di musica - ovviamente con strumenti musicali Yamaha - e accanto alla scuola un vero e proprio museo ci offre un saggio della produzione Yamaha storicamente più significativa per queste latitudini con in primo piano la R15, una piccola sportiva di 150 cc usata per i campionati minori, autografata da Jorge Lorenzo in occasione di una sua visita allo stabilimento e fonte di acceso e divertente dibattito tra chi scrive e la dirigenza Incolmotos Yamaha sul punto “Il denaro dà la felicità?”. Ecco, forse no. Forse ci vuole anche qualcos’altro: la prospettiva, per esempio; l’ottimismo, la sfida, la condivisione di obbiettivi, la voglia di mettere in discussione il passato. Come in Colombia, dove la F2R ci è piaciuta anche per il suo clima vivace e autentico, non frontiera, ma panorama aperto e appassionante.

 

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