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Il Salone di Ginevra è uno dei teatri più importanti per il mondo dell'Automotive. Dal 2012, anno dell'ingresso per la Casa di Borgo Panigale nel gruppo Volkswagen, è diventata ormai tradizione per Ducati presenziare alla kermesse svizzera, occasione in cui l'amministratore delegato Claudio Domenicali incontra la stampa per parlare di presente e futuro dell'azienda italiana.
Il CEO di Ducati inizia ricapitolando rapidamente la situazione del marchio bolognese.
«Chiudiamo il 2016 con 55.400 moto vendute, una gran bell’annata – la settima consecutiva in termini di crescita. Non cerchiamo la crescita di per sé, ma crediamo che essa sia il risultato dello sviluppo nostro e del mercato. Abbiamo presentato diverse novità 2017, che fanno parte del nostro programma che ci ha portato a crescere del 60% dal 2009, sia sui nostri mercati di riferimento che su quelli emergenti – Cina, Thailandia e Brasile».
«Naturalmente continuiamo anche a sviluppare il prodotto. Abbiamo appena approvato il nostro piano di sviluppo a cinque anni – mi piace sottolineare come, pur facendo parte del gruppo VW, siamo una Casa indipendente e con una situazione economica in positivo, per cui tutti i nostri investimenti sono autofinanziati. Per questo 2017 abbiamo un impegno sportivo senza precedenti, con quelli che sono probabilmente i due migliori team in Superbike e MotoGP degli ultimi anni – non vogliamo solo dare ottimi prodotti ai nostri clienti, ma anche esaltarli con i risultati sportivi».
Come si sta evolvendo la collaborazione con Audi?
«Siamo nel quarto anno di lavoro insieme, e diversi elementi stanno iniziando a concretizzarsi. Si tratta di un gruppo enorme, con più di 600.000 dipendenti. Siamo completamente integrati da un punto di vista finanziario e delle risorse umane, mentre per quanto riguarda il front-end siamo del tutto indipendenti. Le collaborazioni più importanti si hanno per esempio nelle vendite, perché Audi ci sta aiutando ad entrare in mercati dove non siamo presenti, o sui quali ci dovevamo appoggiare ad importatori più o meno indipendenti.
La rete vendita di Audi è un grande aiuto sotto questo aspetto, pur tenendo sempre presenti le differenze di natura delle nostre moto rispetto alle auto».
«L’altro aspetto, naturalmente, è lo sviluppo del prodotto, in cui lavoriamo a contatto diretto con i colleghi dell’auto, soprattutto relativamente agli aspetti legati alla sicurezza: un concetto probabilmente più importante per la moto che per l’auto, perché la prima ovviamente non offre la protezione che viene naturale con l’abitacolo automobilistico. ABS e controllo di trazione sono le due innovazioni più evidenti, ma lavoriamo anche sulla sicurezza passiva – dall’abbigliamento alla comunicazione fra veicolo e veicolo. Puntiamo ad avere moto completamente connesse dal 2020, con il GPS che saprà posizionare il veicolo con precisione e, attraverso l’integrazione con i sistemi elettronici della moto stessa, con l’implementazione di sistemi di frenata assistita che potranno intervenire nel momento in cui ci sarà rischio di collisione, con una frenata dolce che metterà il pilota in condizione di capire che qualcosa sta succedendo».
Audi è stata protagonista di una rapida evoluzione per quanto riguarda la mission aziendale. Vi stanno in qualche modo spingendo verso la tecnologia elettrica?
«Stiamo ragionando sempre più spesso su questo tema, ma la mobilità elettrica sulle moto non è sviluppata come sulle auto. Ducati è più rivolta al segmento entertainment del motociclismo piuttosto che su quello della mobilità urbana, dove queste tecnologie sono più rilevanti. Resta il fatto che far parte del gruppo Audi porta benefici anche da questo punto di vista, ciononostante i problemi di autonomia della tecnologia elettrica renderà difficile sviluppare prodotti in linea con il nostro target, almeno per i prossimi cinque anni».
E’ possibile invece immaginare nel prossimo futuro moto a guida autonoma?
«Si, ci sono già diverse situazioni in cui alcuni sistemi possono controllare l’assetto della moto e stabilizzarla attraverso l’uso di giroscopi. Non sono sicuro che sia una soluzione che prenderemo mai in considerazione, perché, come già detto, il nostro target punta al gusto nella guida – che gusto c’è se non è il pilota a gestire certi aspetti della guida? Certo, dal punto di vista di una moto turistica certi sistemi assumono una certa rilevanza, ma il nostro concetto di sicurezza punta di più sugli aspetti della sicurezza attiva e in ciò che possiamo ottenere con l’interconnessione fra i veicoli, per mantenere quanto più possibile il fattore divertimento alla guida. Da questo punto di vista siamo molto ottimisti per il futuro: le auto diventeranno sempre più noiose, quindi la gente guarderà sempre più spesso alle moto per tornare a divertirsi nei momenti di libertà dal lavoro e dagli impegni».
Per quanto riguarda la sicurezza attiva, continuerete la collaborazione con Dainese o state prendendo in considerazione anche altre tecnologie?
«Al momento abbiamo piena fiducia nel sistema D-Air, che riteniamo molto sottovalutato dai motociclisti. Come tutte le innovazioni, c’è una fase di rifiuto iniziale, ma crediamo che sia solo questione di tempo. L’airbag è un balzo epocale in termini di sicurezza per il motociclista – non esistono sistemi in grado di proteggere il pilota come un airbag. Purtroppo è una tecnologia che richiede un investimento iniziale molto rilevante da parte del pubblico, e la cultura di questo tipo di sicurezza è ancora tutta da sviluppare. Ma crediamo che faccia parte della nostra cultura aziendale continuare a portare avanti questo progetto – siamo l’unica Casa che lavora su questo tipo di tecnologia».
Parlando di MotoGP, quali sono i vostri obiettivi? Ritenete accettabile vincere più gare dell’anno scorso, o pensate che con Jorge Lorenzo si debba puntare al titolo?
«E’ una domanda difficile, ma che non possiamo evitare. Crediamo di essere in fase crescente in termini di risultati, e vogliamo continuare su questa strada. Nel 2013 non siamo mai saliti sul podio, nel 2014 ne abbiamo ottenuto qualcuno, poi nel 2015 e l’anno scorso siamo migliorati vincendo due gare. Vogliamo sicuramente migliorare, ma il titolo è una questione più complessa. Jorge ha guidato la Desmosedici solo tre volte, e ha corso con la sua squadra precedente per ben otto anni – ci sono tante cose che servono per vincere un titolo, si deve essere i migliori al mondo. Serve il talento, ma anche la flessibilità per adattarsi ad una moto diversissima. E’ impossibile vincere il titolo? No, credo di no, le cose potrebbero migliorare più rapidamente di quanto non ci aspettiamo. L'obiettivo auspicabile è puntare al titolo l'anno prossimo, ma non lo darei assolutamente come un traguardo scontato».
Restando in tema sportivo, ma parlando di produzione di serie, avete già parlato di novità per il mercato. Potete confermare che state lavorando ad una V4 stradale derivata dalla MotoGP?
«Si, confermo. Stiamo lavorando ad una versione stradale del motore V4. Siamo rimasti molto sorpresi dalle prestazioni che stiamo ottenendo con questa piattaforma, e crediamo che sarà una proposta che saprà entusiasmare i nostri clienti. Sarà una proposta con legami molto stretti con il nostro motore MotoGP, come nessun altro prodotto attualmente disponibile sul mercato. Ma mi devo fermare qui, come potete immaginare».
E sulla Moto3? Ci sono voci sempre più insistenti che parlano di un vostro interesse per questa formula…
«La Moto3 è un campionato molto interessante per quanto riguarda il prodotto e le prestazioni dei motori. Tutti i nostri tecnici vorrebbero impegnarsi, perché pensano che con la nostra tecnologia potremmo fare davvero bene. Sarebbe un ottimo sistema per crescere i giovani talenti, ma al momento non abbiamo niente di definito. Però ci stiamo pensando...».