Gli anni d’oro delle 125 sportive e la fine di un’era

Prosegue la nostra serie dedicata alla straordinaria epopea dei motori a due tempi con le 125 Aprilia, Cagiva, Gilera e Honda (Settima parte)
19 dicembre 2021

All’inizio degli anni Ottanta per il normale impiego stradale erano disponibili alcuni validi monocilindrici di 125 cm3 raffreddati ad aria (Cagiva SST 125, Gilera TG1) o ad acqua (Laverda, per alcuni anni con motore Zundapp).
Si trattava di modelli destinati all’uso di tutti i giorni, versatili e facili di guida, che non avevano particolari pretese velocistiche ma erano pur sempre in grado di assicurare prestazioni vivaci.

Parallelamente a queste moto “tranquille” e tuttofare hanno iniziato ad apparirne altre sportive via via più specialistiche e tutte naturalmente raffreddate ad acqua.

Nel 1983 la Gilera ha presentato la RV 125 con aspirazione controllata da valvola a lamelle e albero ausiliario di equilibratura; la potenza era di 19 cavalli a 7500 giri/min. In quanto all’estetica, il cupolino e il puntalino davanti al basamento del motore facevano sì che la moto fosse praticamente semicarenata.

Nel 1985 è entrata in produzione la Honda NS 125 F con telaio in tubi quadri, e risonatore allo scarico. La potenza di questa moto, destinata ad avere grande successo e a rimanere in produzione per lungo tempo in versioni via via migliorate, era dell’ordine di 20 cavalli a 9250 giri/min e la velocità massima di circa 140 km/h.
Il modello originale era semicarenato ma presto è stato seguito dalla variante con carenatura completa.

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A stabilire nuovi standard a livello estetico, tecnico e prestazionale è stata la Gilera KZ (unitamente alla KK, versione completamente carenata). Questa moto è stata la prima 125 di serie a superare i 150 km/h e anche a oltrepassare la soglia dei 200 CV/litro.

Il suo eccellente monocilindrico con ammissione lamellare erogava infatti 26 cavalli a 9250 giri/min. Dotato di un equilibratore dinamico e di un risonatore allo scarico il suo motore rappresentava al meglio lo stato dell’arte in campo duetempistico. Una moto formidabile ma non esasperata.

 

È così iniziato il boom delle 125 carenate e ultrasportive e con esso la corsa alla potenza. I vari costruttori si sono dapprima adeguati alle variate regole del gioco, con modelli completamente nuovi e più performanti, e poi hanno fatto a gara per sviluppare versioni via via più spinte, ovvero con prestazioni sempre più elevate.

Mentre continuava l’evoluzione della NS, la Honda ha realizzato la NSR (1988) con telaio a doppia trave in lega di alluminio e con motore la cui potenza nel corso dello sviluppo è passata da 28 CV a 9900 giri/min a 31 a 10900.
La Gilera ha realizzato delle 125 sempre più sportive e potenti con la MX-1 del 1988 (28 CV a 10000 giri/min) seguita nei due anni successivi dalle SP 01 e 02 dotate di nuovo motore con aspirazione lamellare nel carter per le quali veniva dichiarata una potenza dell’ordine di 30 cavalli. L’ultima della serie è stata la GFR del 1992, venduta anche in versione pronto corsa, che disponeva di circa 31 CV a poco più di 11000 giri/min.

L’Aprilia AF1, qui in versione Sintesi Replica, era azionata da un motore Rotax 123, che nel 1989 erogava 29 CV a 10500 giri/min. Il telaio era a doppia trave portante e la sospensione posteriore a singolo braccio oscillante
L’Aprilia AF1, qui in versione Sintesi Replica, era azionata da un motore Rotax 123, che nel 1989 erogava 29 CV a 10500 giri/min. Il telaio era a doppia trave portante e la sospensione posteriore a singolo braccio oscillante

Nonostante la grande validità delle Honda e delle Gilera, le principali protagoniste delle gare sport production degli anni Novanta sono state l’Aprilia e la Cagiva, anche perché sono state sviluppate più a lungo.

La prima 125 supersportiva della casa di Noale è stata la AF 1, caratterizzata dalla sospensione posteriore a singolo braccio oscillante. Questa moto è apparsa nel 1987 e inizialmente era dotata di un Rotax 127 da 26 CV a 9000 giri/min; tale motore è stato ben presto sostituito dal più moderno Rotax 123 che di cavalli ne aveva 29 a 10500 giri/min. Nel 1992 il posto della AF 1 Sintesi è stato preso dalla RS 125 dalla ciclistica completamente rinnovata, con tanto di forcellone a due bracci.

Il motore era sempre il 123 che nella versione Extrema è arrivato a superare leggermente i 32 CV (a 11500 giri/min). Nel 1995 la RS 125 è stata dotata del nuovo motore Rotax 122.

La Mito aveva uno styling eccezionale, un telaio a doppia trave superiore e, cosa inusitata, un cambio a sette marce. Nella foto si può anche osservare il braccio destro del forcellone dotato di una conformazione “a banana”
La Mito aveva uno styling eccezionale, un telaio a doppia trave superiore e, cosa inusitata, un cambio a sette marce. Nella foto si può anche osservare il braccio destro del forcellone dotato di una conformazione “a banana”

La Cagiva ha fatto il suo ingresso nel campo delle 125 dichiaratamente sportive nel 1985 con la Aletta Oro che disponeva di una potenza dell’ordine di 24 cavalli a 9000 giri/min.
Questa moto è stata seguita dalla Freccia, prodotta in più versioni tra il 1987 e il 1991. Quella contrassegnata dalla sigla C12 disponeva di 29 CV a 10100 giri/min, che salivano a 30 nell’allestimento SP (sport production).

Il grande successo nelle ottavo di litro la casa varesina lo ha ottenuto con la Mito, che molti considerano un autentico capolavoro. Presentata nel 1990 questa moto, straordinaria anche a livello estetico, aveva una potenza di 31 CV a 10400 giri/min.
La versione Lawson apparsa un paio di anni dopo di cavalli ne aveva poco più di 32 a 11000 giri/min.

 

A un certo punto ci si è accorti che per i sedicenni le 125 sportive avevano prestazioni troppo elevate e potevano quindi essere pericolose. Sono stati così stabiliti dei limiti di potenza per i modelli destinati ai più giovani.
Più o meno contemporaneamente ha avuto inizio il grande boom degli scooter e gli adolescenti hanno rapidamente perso interesse nei confronti delle “vere” moto.

Questi due fattori sono stati determinanti per decretare la fine delle 125 ultrasportive e ultraveloci. Gli esemplari che si vendevano sono diventati pochi e avevano al massimo 11 kW (15 cavalli).

L’autentico canto del cigno delle stradali a due tempi è stata una bellissima sportiva, la RS 250 costruita dall’Aprilia a partire dal 1995. In questo caso l’azienda di Noale ha utilizzato un motore Suzuki (quello della RGV 250 in versione leggermente più spinta).
Si trattava di un bicilindrico a V che disponeva di ben 64 CV a 10400 giri/min.
Anche in questo caso l’ammissione era lamellare. I cilindri a cinque travasi erano dotati di valvole parzializzatrici della luce di scarico che si aprivano in due stadi.

A dare il colpo di grazia alle moto a due tempi per impiego stradale sono stati i limiti di emissione sempre più severi.

Tutte le case sono passate con decisione al 4T anche per le piccole cilindrate ed è stata la fine di un’epoca irripetibile.