Gli ottant’anni di Mike “The Bike” Hailwood

Gli ottant’anni di Mike “The Bike” Hailwood
Purtroppo è scomparso prestissimo, il 2 aprile 1981, in un incidente stradale. Mike-the-bike resta per molti il più grande del motociclismo. Ha collezionato nove titoli mondiali su Honda e MV Agusta, quattordici successi al TT, cinquanta GP in F1
29 marzo 2020

Oggi il mitico Mike Hailwood, “Mike the bike”, avrebbe ottant’anni.

Era nato il 2 aprile del 1940 (due anni prima di Ago, dunque) a Great Milton, vicino a Oxford. Purtroppo se n’è andato molto presto, a soli quarantun anni, nel marzo del 1981, in un drammatico incidente stradale: quella sera era al volante della sua Rover, con lui i due bambini di 9 e 6 anni, pioveva, un camion fece inversione dove non avrebbe potuto.
La figlia maggiore Michelle morì sul colpo, il fratellino, David, riportò ferite leggere, Mike apparve subito molto grave e spirò dopo due giorni all’ospedale di Birmingham.

È sepolto, con la figlia, nel cimitero parrocchiale di Santa Maria Maddalena a Tanworth-in-Arden, nel Warwickshire, 14 miglia a sud di Birmingham.

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Mike è stato “il” Motociclista. Era un figlio di papà (il padre Stan ricco commerciante della moto, personaggio molto in vista) ed era stato spinto alle corse fin da piccolo, eppure restò umile, e il suo talento era autentico.
Appassionato, coraggioso, vincente con tutto, dalle piccole 125 fino alle 900. Un palmarès incredibile, il suo: è il Re del TT all’isola di Man con quattordici successi, vanta nove titoli mondiali con Honda ed MV Agusta nelle classi 250, 350 e 500, ha vinto settantasei GP in undici anni di carriera.

Gli capitò anche di vincere tre classi nello stesso Gran Premio, e quando la Honda nel ’68 si ritirò, allora Hailwood passò alle "quattro ruote" e andò fortissimo anche con quelle: prima il titolo europeo di F2, poi la Formula1 con i team Surtees e
Mc Laren: cinquanta le sue partenze in F1, e anche se non conquistò alcun GP fu secondo a Monza nel ’72, salvò Clay Regazzoni dal rogo della sua vettura nel ‘73, chiuse a causa di un terribile incidente capitatogli al Nurburgring l’anno dopo.

Ciò che forse esprime al meglio la figura di MH – tutta classe e passione - è il ritorno al Tourist Trophy nel giugno 1978 quando, trentottenne e zoppicante, quasi per scherzo decise di provarci ancora (dopo dieci anni senza moto) e chiese alla Ducati una delle sue nuove bicilindriche 900 SS per correre sul Mountain la TT F1, in quegli anni valida come prova unica di un mondiale a parte.

La moto, una speciale 864 cc da un centinaio di cavalli preparata a Bologna dalla famosa scuderia NCR di Nepoti e Caracchi e curata da Franco Farnè, era perfetta, mentre il nove volte campione del mondo era ancora velocissimo: Hailwood mise dietro Phil Read con la Honda quattro e vinse sull’isola per la penultima volta.
L’anno dopo infatti fece il bis con una Suzuki RG500 due tempi nel Senior TT. La Ducati ha celebrato l’impresa trionfale del ’78 con il modello 900 Mike Hailwood Replica, prodotto dal ’79 all’86 e molto ricercato dagli appassionati.
Anche se all’epoca le Ducati non erano così curate: nella mia prova su strada, pubblicata sul mensile storico… persi per strada un carburatore!

La prima volta che vidi Mike Hailwood da vicino, così vicino da poterlo toccare, fu nel ’68, dieci anni prima di quella impresa al TT. Avevo vent’anni e così andò.

C’è Hailwood alla Mendrisio-Monte Generoso!

Estate 1968. I miei amici ticinesi mi dicono che alla gara in salita Mendrisio-Monte Generoso, appena oltre il confine di Chiasso, parteciperà anche Mike con la Honda 250 sei cilindri!
Da non credere. Prendo la mia Morini 125 Corsaro e corro a raggiungerli. Qualche anno dopo Renzo Pasolini mi avrebbe confidato: “Avevano invitato anche me e sono andato a provare il percorso con la macchina, ma c’erano tornanti così stretti da dover fare manovra, che con lo sterzo della Benelli non sarei passato!”.

Hailwood aveva accettato. L’ingaggio era poco più che simbolico, ma l’inglese trovò l’offerta così particolare che accettò, si dice, per simpatia. Forse lo spinse per il sì anche il collega Luigi Taveri, il campione svizzero tre volte iridato con la Honda, amico degli organizzatori. La Casa giapponese si era fermata alla fine della stagione precedente, ma una moto per lui si trovò, e non una moto qualunque: la mitica 250 sei cilindri. Parliamo della RC166, una Honda eccezionale: bialbero ventiquattro valvole da circa 60 cavalli a 18.000 giri, 250 orari di punta massima. Non so dire da dove sia uscita.

Il sabato, per le prove libere e poi per quelle ufficiali, Mike non ha nemmeno le corone grandi per accorciare il rapporto finale; probabilmente usa soltanto le prime due o tre marce, eppure in prova fa un gran record: sugli oltre 13 chilometri, ricostruiscono certe cronache, ferma il cronometro vicino ai 7’30”, una dozzina di secondi sotto il primato!
Soltanto sabato notte – ho saputo in seguito - era stata preparata in fretta e furia per la Honda 250/6 una nuova corona, più grande e più adatta alla salita: se ne occuparono i meccanici della ditta di cerniere Riri, che era lo sponsor della manifestazione. Hailwood, con il rapporto giusto, avrebbe potuto abbassare di un bel po’ quel limite.

Io arrivo la domenica mattina presto per la corsa con la mia 125 bianca e rossa: c’è un bel sole, non si paga il biglietto, ci sistemiamo a metà percorso su un prato sopra un tornante; ampia la visuale, un mucchio di gente in giro, la corsa è importante. Naturalmente le altre moto in gara non sono paragonabili alla GP ex-ufficiale: le monocilindriche Ducati, Aermacchi, Morini, Motobi, qualche elaborazione di Honda o Triumph, se ricordo bene anche una bellissima Egli Vincent 1000...

Le moto giapponesi, per inciso, in Italia neanche arrivavano, vedevo solo in Svizzera le piccole 125 e le 250, le prime CB450. Ma la concorrenza “umana” è forte, sono iscritti molti specialisti della Montagna, gente che conosce il percorso a memoria come il comasco Angelo Tenconi o come Walter Rungg, uno che si permette di partire da Berna guidando la sua Aermacchi Ala d’Oro su strada fino a Mendrisio, cambiare il tubo di scarico, correre, vincere la gara e la domenica sera ritornarsene a Berna in moto.

Un passaggio a livello stende Mike

Dovete sapere che più o meno a metà del percorso c'era un passaggio a livello del trenino a cremagliera, un mezzo storico che tuttora porta i turisti fino alla vetta del Monte Generoso dove la vista è davvero stupenda. Per facilitare il passaggio delle moto da corsa, tra i binari sporgenti venivano appoggiate sull’asfalto delle pedane di legno, pedane che gli addetti toglievano e rimettevano in fretta e furia ad ogni transito del trenino. Un lavoraccio, che purtroppo quella domenica non fu fatto a regola d’arte.

Le cronache raccontano: Mike arriva come un fulmine al passaggio incriminato e non trova le assi di livellamento che si aspettava: il trenino è passato da pochissimo e non si è fatto in tempo a riposizionarle. Noi non abbiamo visto niente, eravamo più giù, ma la Honda 250 pare abbia fatto un gran salto sui binari, e Mike era anche riuscito a tenerla in equilibrio nel violento atterraggio, ma subito dopo c’era da fare una secca frenata per la curva e lo spazio mancava.

L’inglese purtroppo cade, per di più fratturandosi malamente una clavicola. Il record ufficiale resterà per anni nelle mani di Rungg, l’acerrimo rivale del nostro Tenconi.

Ho voluto raccontare questo episodio “minore” perché mi sembra adatto per festeggiare quelli che sarebbero stati gli ottant’anni del più grande campione del motociclismo: nove titoli mondiali, dieci con quello al TT con la Ducati, e sempre la stessa voglia di guidare una moto da corsa e di rimettersi in gioco.

La passione veniva prima di tutto, per il grande Mike Hailwood.

 

Maurizio Tanca: Lo ricordo così

Mike Hailwood è sempre stato il mio idolo assoluto. “Colpa” del mio papà, che iniziò a portarmi in moto quando avevo cinque anni (era il 1955...), facendomi immediatamente innamorare del mezzo, e mettendomi subdolamente sotto il nasino le foto degli assi più idolatrati del motomondiale di quegli anni. Io imparai presto ad amare questi eroi, che da allora in poi seguii avidamente, attendendo l’uscita in edicola di Motociclismo e innamorandomi sempre più di questo sport, del quale assimilai presto i nomi di quasi tutti i piloti.
In primis, quello di Mike Hailwood, un giovane inglese che correva in più di una categoria con risultati sempre esaltanti, e che diventò, appunto, il mio idolo.

Figuratevi il mio stato d’animo quando papà, con la sua Gilera 300 bicilindrica che mi sembrava una motona, mi portò a Monza per la prima volta per goderci il mitico GP delle Nazioni!
Ore 7 del mattino, rigorosamente in prima fila nella tribuna di fronte ai box, aspettando pazientemente l’inizio delle gare qualche ora dopo. Appena vidi Mike The Bike, che allora correva con la MV Agusta, avrei saltato la rete per andare a stringergli la mano!
Nel 1961 Mike si era piazzato secondo nel mondiale 500 al suo esordio, con Norton ed MV Agusta; nel ‘62 vinse il titolo con la MV, e nel 63 lo vidi replicare, sempre con la MV 500

Difficile non esaltarsi per un campione del genere, anche se nella precedente gara della 250 avevo seguito con interesse l’esordio di un giovane italiano, tale Giacomo Agostini, in sella alla “monocilindrica più veloce del mondo”, ovvero la mitica Moto Morini 250 bialbero, seconda con Provini in coda alla Honda 4 di Jim Redman.

Insomma, Il grande Mike The Bike mi segue sempre, l’ho eletto mio angelo custode, anche perché sulle mie moto sono appiccicati altrettanti adesivi che lo raffigurano a mo’ di caricatura, che fotografai sul suo sito Internet (ovviamente attivato dalla moglie Pauline e dal figlio David) e feci successivamente rirpodurre.

Non solo: su un mio vecchio casco sono riuscito perfino a replicare, grattando la vernice con una lametta, un’altra sua simpatica caricatura di profilo, realizzata dal suo amico Tony Jefferies!

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