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Harley-Davidson è stata fra le prime industrie americane a schierarsi contro gli episodi di razzismo culminati con la morte di George Floyd.
In questi giorni la Casa di Milwaukee ha annunciato di tagliare i rapporti con la sua concessionaria Abernathy's Harley-Davidson, fondata nel 1955 a Union City, nel Tennessee, dopo che il proprietario Russel Abernathy il 12 giugno aveva scritto sulla sua pagina Facebook un post dai contenuti razzisti.
Il post, poi rimosso e che trovate qui sotto, diceva “sono stufo di questa faccenda che riguarda la vita dei neri” e chiudeva con l'invito “tornate in Africa e restateci”.
Schermate del post sono state salvate e poi diffuse per criticarne il contenuto.
Abernathy possiede anche una concessionaria Polaris (Abernathy's Honda-Polaris), e la proprietaria di Indian, per lo stesso motivo, una settimana fa gli ha fatto sapere che interromperà i rapporti.
Polaris ha la sua sede in un sobborgo di Minneapolis, non distante dal luogo dove è stato ucciso George Floyd.
Sulla vicenda, Harley-Davidson ha scritto a sua volta su Twitter: “Il razzismo, l'odio e l'intolleranza non trovano posto nel nostro mondo e all'interno della comunità Harley-Davidson, che siano dipendenti, rivenditori o motociclisti. Ci siamo resi conto recentemente dei contenuti razzisti pubblicati su Facebook dal proprietario di una nostra concessionaria: non tollereremo questo tipo di comportamento, annunciando che il proprietario in questione non farà più parte della nostra rete di rivenditori. Harley-Davidson sostiene la diversità e l'inclusione. Siamo impegnati nel creare un ambiente che sia accogliente per tutti”.
Russel Abernathy e anche rivenditore Honda Powersports. Honda America ha rilasciato una dichiarazione, qui sotto il post su Twitter, con la quale condanna inequivocabilmente le dichiarazioni e le azioni razziste di ogni tipo. Ha avviato sulla vicenda un'indagine interna e, nel caso, intraprenderà “azioni rapide e aggressive”.
Sul sito della propria concessionaria H-D, Abernathy scrive e firma una dichiarazione con la quale rifiuta come suo il post incriminato e ne condanna il contenuto.