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La questione legale risale al 2016, quando Harley-Davidson accettò in prima istanza di pagare un multa di 12 milioni di dollari per aver venduto negli Stati Uniti, a partire dal 2008, circa 340.000 impianti di scarico aftermarket con emissioni acustiche e gassose superiori alle norme all'epoca vigenti.
Contemporaneamente, in accordo con l'EPA, Harley-Davidson cessò la vendita di quegli scarichi e accantonò tre milioni di dollari per sostituirli e pagare la penale, come risulterebbe da una dichiarazione presso la US Securities and Exchange Commission che regola le società quotate.
Nel 2017 il Dipartimento di Giustizia, riferendosi a una nuova politica ambientale del procuratore generale degli USA Jeff Sessesions, propose di ridurre la sanzione a tre milioni dollari.
Lunedì scorso, come riporta la Reuters nel darne la notizia, il giudice distrettuale Emmet Sullivan ha approvato un nuovo accordo che considera quanto sostenuto da Harley-Davidson: ovvero che gli scarichi sono stati progettati e venduti per essere utilizzati soltanto nell'ambito delle competizioni, e non per l'uso stradale.
Nella sua ultima decisione, il giudice ha trovato però l'obiezione di associazioni ambientaliste e di un gruppo di dieci Stati fra i quali quelli di New York, Illinois, Maryland, Vermont, Washington e Massachusetts.
Nonostante il precedente accordo non fosse entrato in vigore, la Casa di Milwaukee ha dichiarato che dall'agosto del 2016 ha venduto solo scarichi certificati dal California Air Resources Board o dall'EPA, che ha bloccato la vendita dei modelli precedenti e che ha distrutto quelli restituiti dai concessionari.