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La nuova Honda CBR 250 RR è stata lanciata ufficialmente in Indonesia dalla PT Astra Honda Motor, che lì la costruisce. E' la declinazione di serie del concept mostrato al Tokyo Motor Show di fine 2015 e potrebbe arrivare in Europa, forse con la cilindrata maggiorata, in un futuro non lontano.
La super sportiva d'ingresso nel mondo della famiglia CBR è nata per i mercati sud asiatici, quelli che stanno registrando la maggiore crescita e che, soprattutto, mostrano le migliori progressioni di sviluppo futuro. Da tempo sono realizzati modelli via via più ricchi per gli standard di quei Paesi e di cilindrata progressivamente crescente. Alcuni di questi, la cui costruzione è stata localizzate in quelle aree per ragioni di costi, sono adatti anche al più maturo mercato europeo, dove queste moto diventate economicamente interessanti si fanno strada grazie alla semplicità d'uso e rispondono alle esigenze di neopatentati come di appassionati meno pretenziosi.
La stessa Honda propone in Italia la CBR 300R (una monocilindrica in vendita a 4.800 euro), Kawasaki offre la bicilindrica Ninja 300 (39 cavalli e prezzo di 5.590 euro), KTM è presente con la RC 390 (la monocilindrica costruita in India da Bajaj e a listino a 5.800 euro) a cui dedica un trofeo in molti Paesi, e Yamaha ha recentemente rilanciato con la R3, una bicilindrica da 321 cc e da 42 cv venduta a 5.490 euro. E poi si attende l'arrivo in autunno della BMW G 310R, una versione naked che dovrebbe essere seguita da un modello carenato, costruita in India grazie alla joint venture con la locale TVS.
Tornando alla nuova CBR 250 RR, il prezzo non è stato comunicato ma la sensazione è che Honda abbia cercato di essere competitiva pur offrendo una base tecnica – oltre che stilistica – interessante. L'inedito due cilindri parallelo ha distribuzione bialbero otto valvole e tre mappe motore grazie all'acceleratore ride by wire. Ha costruzione razionale grazie all'integrazione delle pompe di acqua e olio e alla primaria che sfrutta il comando della distribuzione. Honda racconta di aver ottenuto in questo modo un ingombro paragonabile a un motore monocilindrico.
Il telaio in acciaio è a costruzione mista, tubolare e stampata, mentre il forcellone d'alluminio ha il braccio destro curvato per lasciare spazio ai collettori di scarico che confluiscono nel doppio terminale sovrapposto.
Le ruote sono da 17 pollici, la forcella è una Showa rovesciata da 37 mm, il mono posteriore regolabile è nel precarico e con articolazione Pro Link, mentre i freni – singolo anche l'anteriore – sono da 320 e 240 mm e dotati di Abs.
La prima Honda CBR 250 RR risale al 1990 ed era l'evoluzione di un modello lanciato due anni prima con un'estetica molto simile alla contemporanea RC30 ma che aveva una “R” sola dopo la cilindrata.
Sul finire degli anni Ottanta, e nei primi Novanta, le super sportive 250 conobbero il loro apice in Giappone, dove la classe 250 era la più venduta, seguita dalla categoria 400.
Quella 250 RR era spinta da un quattro cilindri in linea, ovviamente bialbero e raffreddato a liquido, capace di 40 cv a 14.500 giri. Il telaio era in una pregevole costruzione in lega di alluminio e con forcellone in lamiera di alluminio scatolata, il resto della ciclistica offriva il meglio del periodo tanto che il peso a secco era dichiarato in soli 143 kg. L'estetica replicava quella della 250 da gran premio, ma con il doppio fanale rotondo che si sarebbe visto sulla prima CBR 900 RR.
Di quelle formidabili 250 a quattro tempi, Yamaha e Suzuki non erano certo da meno, poco o nulla arrivò in Europa; diversamente da alcune due tempi race replica come Suzuki RGV 250 e Kawasaki KR1. Qualcosa si vide in cilindrata 400, ad esempio la FZR Yamaha o la NC30 Honda, ma i limiti di quei modelli erano nel costo inevitabilmente elevato e nel fatto che la cilindrata 400 non rappresentava da noi una soglia normativa: insomma una 600 si guidava con la stessa patente, era dimensionata come a noi serviva e andava più veloce. Ciò non toglie che quei modelli fossero tecnicamente molto evoluti, pur come una taratura ciclistica più morbida dedicata alla realtà nipponica.
Lo spostamento verso cilindrate maggiori, come appunto la categoria 600 che proprio negli anni Novanta fu vendutissima, e il successivo declino delle supersportive che ha colpito l'Europa e gli Usa nell'ultimo decennio, hanno fatto sparire le medie cilindrate: nei listini si passava dalle 125 alle 600. La diminuzione dei nuovi motociclisti ha reso il mercato delle moto di ingresso poco interessanti dal lato degli investimenti e anche le normative sulle patenti come l'aumento dei costi assicurativi hanno contribuito a complicare l'avvicinamento alla moto.
Peraltro la crescita del mercato della moto in Asia, seppur partendo dalle cilindrate basse, ha offerto opportunità ai costruttori. E' un mercato che tira, accelerando di anno in anno, e la moto sta diventando in quelle aree un mezzo di svago oltre che da trasporto; un po' come è successo cinquanta è più anni fa in Europa, ma con una popolazione numericamente molto superiore se non lo è nel reddito.
I piloti della MotoGP, Honda e Yamaha in testa, visitano Indonesia, Thailandia, Malesia per lanciare novità e persino i programmi sportivi. La Superbike e la MotoGP già corrono in alcuni di quei Paesi e in futuro vedremo un maggior numero di appuntamenti iridati spostarsi dall'Europa all'Asia.
E' lì che si fanno volumi ed è naturalmente il mercato a comandare le strategie di sviluppo. Il modello motociclistico che possiamo definire occidentale resta ancora quello di riferimento, nel design, nell'immagine ma non solo. Per ora il sogno raggiungibile è una 250, come la nuova CBR-RR, il che finisce per tornare utile alla vecchia Europa e ai suoi giovani motociclisti.