In ottobre verrà spostata in Italia la produzione del PCX, per consentire allo stabilimento abruzzese di continuare a produrre malgrado il forte calo di vendite moto in Italia
L'impegno che Honda Italia sta mettendo in campo per arginare gli effetti negativi che il calo di vendite moto e scooter in Italia causano sullo stabilimento di Atessa, ha già ottenuto dei risultati importanti. Sembra infatti che dal Giappone si chiedesse di mantenere soltanto 198 dei 647 dipendenti attualmente impiegati in Abruzzo. Ma il forcing della filiale italiana ha fortunatamente alzato molto questo numero (dovrebbero restare quasi 350 dipendenti) che si prevede possa essere gradualmente raggiunto nel prossimo triennio. Così come risultano positivi gli sforzi di trovare soluzioni di prepensionamento e altre formule di reimpiego che sono attualmente allo studio dell'azienda, dei sindacati e delle istituzioni locali in un clima di attiva collaborazione.
Tutte queste difficoltà purtroppo si ripercuotono anche sulle 23 aziende che, raccolte nel consorzio di subfornitura Cisi, rappresentano l'indotto del territorio e che sono praticamente dipendenti da Honda. Oltre 1.500 dipendenti a rischio, che si aggiungono a quelli occupati nell'unica fabbrica europea della casa giapponese.
Unica nel suo genere e per questo da sottolineare, l'idea di spostare da ottobre 2012 dalla Thailandia all'Italia la produzione dello scooter PCX (che si aggiunge a SH, Hornet, CBF 600 e 1000, CB 1000 R, CBR 600 F e Transalp). Honda Italia sta dunque percorrendo ogni possibile strada per salvaguardare i dipendenti della fabbrica di Atessa, uno stabilimento presente in Abruzzo da oltre 40 anni. Anche il fatto di tornare, sebbene con numeri non paragonabili a quelli degli scorsi anni, ai vertici delle classifiche di venduto su alcuni segmenti, è un altro dato incoraggiante che apre qualche spiraglio positivo per l'impianto produttivo di Honda in Italia.
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