Honda Ron Haslam Race School: una scuola da Mondiale

Un corso di guida molto particolare, in uno scenario… un po’ fuori mano. E una serie di coach d’eccezione
12 ottobre 2018

 Nella vita non si finisce mai di imparare, recita un vecchio adagio. Una regola vera per tutti, perché se – restando nel nostro mondo preferito – un Valentino Rossi qualunque, dopo nove mondiali e ventitré anni di carriera iridata, ammette candidamente di stare ancora imparando qualcosa di nuovo, figuriamoci per un comune mortale. Nella fattispecie, pur se decorosamente veloce, il sottoscritto è perfettamente cosciente di non avere il passo di un pilota vero, e quindi non ha mai disdegnato l’occasione di imparare da qualcuno che ne sa più di lui.

Ecco il motivo per cui, quando da Honda Italia è arrivata una telefonata d’invito per una giornata alla Ron Haslam Race School in sella ad una Honda Fireblade SP in quel di Donington Park, una volta riportate sotto controllo le ghiandole salivari ho aderito con malcelato entusiasmo. Non fosse altro che per l’opportunità, più unica che rara, di mettere le ruote su uno dei tracciati più leggendari della MotoGP e della Superbike.

“Rocket” Ron Haslam

Vale la pena di raccontare un attimo chi è Ron Haslam, perché fra i più giovani molti probabilmente lo conosceranno solo vagamente, magari in quanto padre di quel Leon che l’anno prossimo rientrerà nel Mondiale SBK. Ron, classe ’56, ha corso dal 1972 al 1993 fra derivate di serie e prototipi, anche nell'Endurance. Arrivato al Mondiale nel ’77, corre sempre in 500 e diventa una delle bandiere della Honda. Famoso per le sue partenze a razzo (da cui il soprannome “Rocket”, appunto) nel periodo antecedente il via a motore acceso, è veloce e gode di fama di gran collaudatore.

Proprio per questo la Honda lo indirizza verso il progetto ELF di André De Cortanze, con cui la Casa di Tokyo sperimenta e sviluppa tantissime soluzioni innovative – il brevetto del monobraccio della RC30 viene proprio da lì – che si rivelano più o meno funzionali. Per due anni però si fa valere, prima che il sodalizio nippofrancese si trasformi in una “normale” squadra impegnata nel mondiale con la NSR a quattro cilindri e una livrea meravigliosa.

A fine carriera, dopo qualche avventura con Norton (nella fattispecie la Wankel), Suzuki (a fianco di Schwantz) e Cagiva, nell’anno delle "tre punte" con Mamola e Barros, il suo palmarès può vantare otto podi e un quarto posto finale nel Mondiale ’87 contro gente come Lawson, Gardner, Sarron e Mamola, oltre a un titolo iridato TT/F1 conquistato nel 1979, una vittoria a Macao con la RS 1000 (la prima delle V4 Honda da corsa) e… un sacco di accidenti tirati sulla NR 500 a pistoni ovali, quella che non partiva mai. Insomma, un po’ di esperienza ce la dovrebbe avere. Che dite, ci fidiamo?

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Ron Haslam in sella alla Honda-Elf 500
Ron Haslam in sella alla Honda-Elf 500

La scuola

Intendiamoci: Ron gira ancora con un gran bel passo – ed è incredibile vederlo andare così forte con uno stile tanto diverso da quello in voga oggi – ma difficilmente interviene direttamente nei corsi, perché è occupato a gestire un’operazione da 40 istruttori e 120 moto, assicurandosi, grazie ad una serie di collaboratori, che nel corso della giornata tutto fili dritto come deve. La didattica in pista – perché nel corso Elite, al quale partecipiamo, si dà per scontato un discreto livello di guida in circuito, e quindi si sorvola sulle basi – viene infatti affidata ad un manipolo di istruttori di grande esperienza, tutti con un passato (o un presente) nelle competizioni nazionali.

I corsi spaziano su livelli diversissimi: si parte da quello introduttivo, a partire dai 12 anni, per chi non ha mai guidato un mezzo dotato di marce, su CB 125, nel paddock, fino a quelli sulle CBR 600RR e sulle Fireblade, per insegnare i rudimenti o affinare progressivamente le doti di guida in pista. Tutti però hanno una cosa in comune: la gommatura Dunlop Roadsmart 3 delle moto, scelta che mi fa spuntare qualche altro capello bianco. Si tratta di gomme eccellenti per l’uso stradale, ma quantomeno forzate in circuito. Di fronte alle nostre espressioni fra il perplesso e il terrorizzato, ci spiegano che la scelta è dovuta alla grande varietà di condizioni meteo e temperature che si deve affrontare nel calendario dei corsi. Un ragionamento sensato, che però richiede quantomeno un po’ di prudenza.

Dopo un briefing iniziale da parte di Ron (e un interessantissimo seminario sulla Honda Fireblade in versione Superbike, di cui vi parleremo più avanti) vengo affidato alle capaci mani di Virgil Stevenson, il mio istruttore, che inizia a cercare di conoscermi e capire il mio livello di guida. Visto che oggi faccio l’allievo, mi sembra giusto volare basso anche perché, banalmente, Donington finora l’ho vista solo in televisione, e le condizioni meteo che affronteremo sembrano abbastanza normali per un inglese, ma qualunque italiano guarderebbe il cielo molto dubbioso, prima di decidere se entrare in pista o no.

Cosa potrebbe andare storto?

Il meteo, ecco cosa. C’è una tempesta in arrivo dal nord della Gran Bretagna, grossi nuvoloni neri che si accalcano all’orizzonte, qualche spruzzata di pioggia prevista proprio per le prime ore del pomeriggio, quando iniziamo a girare. Ma soprattutto, un vento molto forte e fastidioso, che non fa nulla per mettermi a mio agio nell’imparare a conoscere un circuito piuttosto tecnico e impegnativo come questo. 

Però, forte della considerazione del “quando mi ricapita?”, entro in pista con le migliori intenzioni, tenendo la ruota di Virgil che, giro dopo giro, cerca di farmi vedere la strada giusta sui saliscendi di Donington Park. Che è uno di quei circuiti semplici da imparare, ma dove è difficilissimo trovare la strada giusta sulla quale andar forte: una strada fatta di traiettorie spesso tutt’altro che intuitive e di lunghi tratti tutti da raccordare, in cui quando impari come si fa la prima curva ti trovi da tutt’altra parte a impostare la seconda, e via discorrendo.

Insomma, avrete capito: uno di quei tracciati vecchio stile, dove se sbagli una curva ti porti dietro l’errore per tre quarti d’ora. Avere Virgil a guidarmi è una vera mano santa, perché un po’ che non sono affatto abituato a guidare in pista con gomme touring come le Roadsmart, un po’ che il vento è davvero forte, fatto sta che avere un riferimento a farti strada è fondamentale. Anche perché, giusto per tranquillizzarmi (ehm…) Stevenson esordisce con “Fa freddo, tira vento e i cordoli sono appena stati riverniciati, quindi stai lontano dai bordi della pista”. Grazie, Virgil, avevo proprio bisogno di rilassarmi…

Pensa a cosa stai facendo, non a quello che dovrai fare

Il corso élite prevede sessioni di lunghezza variabile in pista – iniziamo con turni da 4/5 giri – e da momenti di analisi in pitlane e in aula, sempre uno a uno fra allievo e istruttore. Ci fermiamo, togliamo il casco, e quando Virgil mi chiede come va rispondo, con la massima onestà, che non ci ho ancora capito niente. Mi rendo conto di anticipare diversi inserimenti, tipico segno di… preoccupazione, ma l’insegnante mi conforta: a Donington, nel tratto “vecchio”, quello che va dalla Redgate alla Coppice, è abbastanza normale.

In compenso, forse per tirarmi su, si complimenta per come interpreto un paio di punti – la Coppice, insidiosa curva cieca con due punti di corda – e nonostante sia stato sempre davanti, evidentemente gli specchietti li ha guardati molto bene, perché centra con precisione da cecchino i punti dove sono maggiormente a disagio. Cioè fuori traiettoria di un chilometro, per dirla come va detta.

Il punto dove sono più in confusione è l’Old Hairpin, una secca curva a destra in netta salita che arriva dopo il “tuffo” che dall’uscita della Redgate ti fa bere d’un fiato il discesone delle Craner. Mi rendo conto fin dal primo passaggio che è più veloce di quanto non sembri, ciononostante mi trovo sempre ad anticiparla anche se mi posiziono bene in largo anticipo, anche più di Virgil, che invece mi sembra faccia davvero troppa strada, perdendo tempo. Però, come dicevamo all’inizio, sono qui per fare l’allievo, e quindi vale la pena di capire. Dove sbaglio?

Virgil ride e mi offre una dritta interessantissima. “In effetti non hai torto, se guardi le gare vedrai che chi va davvero forte non esce mai largo dalle Craner, perché c’è l’Old Hairpin su cui sfruttare la massima accelerazione. Però dammi retta, visto che non siamo qui a cercare il tempo sul giro ma a imparare la pista e a provare qualcosa di nuovo, e non abbiamo gomme performantissime che permettano una guida spigolata, fai correre la moto larga in uscita dalle Craner. Così dovrai riportarti a sinistra prima di impostare l’Old Hairpin, e sarà praticamente impossibile anticiparla.”

In sostanza, il mio errore è concentrarmi troppo sulla curva che mi preoccupa di più. Mi preparo nella traiettoria (quasi) corretta con largo anticipo, e finisco ad aspettare, innervosendomi, il momento di inserire a destra finché – inevitabilmente – non anticipo l’inserimento.

Va bene, Virgil, proviamoci. Prevedibilmente, ha ragione lui. Con meno tempo per arrovellarmi sull’inserimento, la traiettoria giusta mi viene più naturale e istintiva. E, sempre per uno dei discorsi che facevamo prima, uscendo meglio dall’Old Hairpin faccio la traiettoria giusta raccordando Starkey’s e Schwantz. Sta a vedere che c’è un motivo se Stevenson fa l’istruttore…

Singing in the rain

Naturalmente, proprio quando viene il mio turno di fare qualche giro dietro a Leon Camier, ripreso da Jake Gagne che mi segue da vicinissimo (senza grosse difficoltà, come potrete immaginare), prima una bandiera rossa, poi qualche spruzzo di pioggia arrivano a guastare la festa. Poco male, un po’ di pausa e poi rientriamo, con l’obiettivo di fare un giro da analizzare con l’acquisizione dati. Virgil mi “impone” ritmo e rapporti da usare – sto andando troppo a istinto – in maniera da avere una ripetibilità dei vari passaggi e dare quindi un senso compiuto ai grafici.

Anche se così si va più piano, perché mi trovo a parzializzare in rettilineo e in diversi punti veloci, in effetti riesco a concentrarmi di più sulla traiettoria corretta sul lungo toboga della parte vecchia, e alla fine Virgil sembra soddisfatto. Il grafico dell’acceleratore, per usare le sue parole, inizia ad avere senso, non ci sono più tratti “telegrafati” con aperture e chiusure, e da lì si può iniziare a lavorare per andare un po’ più forte. Continuo ad avere qualche problema nel Melbourne Loop (la parte nuova, che proprio non mi piace e non digerisco) ma, come mi dicono un po’ tutti, lì non c’è una vera strada giusta…

L'utilizzo dell'acquisizione dati è uno degli aspetti più importanti della scuola
L'utilizzo dell'acquisizione dati è uno degli aspetti più importanti della scuola

Vecchia scuola

Al turno successivo spunta un timido sole, il vento infastidisce, ma allo stesso tempo asciuga la pista, e Ron (che mi ha appena passato come una fucilata) passa nei box a sentire come mi trovo. Direi che mi trovo bene, solo che continuo a fidarmi poco delle gomme, anche perché con la mappatura “giusta” per la pista, la Blade soffre un po’ di effetto on-off.

Due chiacchiere e un suggerimento: “Dammi retta, stacca il traction control e avrai una risposta all’acceleratore assolutamente perfetta”. Uhm. Supersportiva da quasi 200 cavalli, gomme turistiche, niente traction control, pista scivolosa. Sembra la ricetta perfetta per un disastro senza precedenti, però decido di fidarmi dell’esperienza di Ron e provo. Mi si apre un mondo: forse sarò un po’ più prudente nella riapertura dell’acceleratore, in compenso sembra che mi abbiano sostituito l’impianto di iniezione con dei carburatori, tali sono dolcezza e progressività di risposta al comando del gas. Anche questa è esperienza.

Ron Haslam in persona ci spiega i segreti di Donington
Ron Haslam in persona ci spiega i segreti di Donington

Cosa ci portiamo a casa?

La giornata – anzi, di fatto la mezza giornata – volge al termine, le sensazioni iniziano a sedimentarsi e viene l’inevitabile momento del bilancio. Cosa mi porto a casa da questa Honda Ron Haslam Race School? Intanto, ho girato sul circuito di Donington, esperienza che non ha davvero prezzo. E se di prezzi bisogna parlare, tanto vale togliersi il dente: dei diversi livelli offerti dalla Ron Haslam Race School – si va dall’introduzione alla guida, all'interno del paddock, fino alla nostra esperienza, la “Elite” – quelli che possono interessarci sono Premier (in sella alle CBR600RR), Premier Plus (come la Premier ma con istruttore One-to-one) ed Elite (con la Fireblade, l’istruttore dedicato e, volendo, abbigliamento completo), con prezzi che variano dalle 310 alle 460 sterline, a cui vanno ovviamente aggiunti i costi dei voli e del pernottamento.

Un’esperienza sicuramente non economica, ma certamente meno banale – per location e tipo di esperienza – delle scuole di guida nostrane, che sicuramente sono validissime, ma che propongono il corso su tracciati più normalmente accessibili. Se poi considerate il costo del noleggio del mezzo compreso, il rapporto qualità/prezzo diventa subito più favorevole.

E poi tante piccole cose, tante “limature” al mio stile, piccole strategie ed elementi in più nel mio bagaglio d’esperienza, che ho potuto mettere insieme solo grazie al livello degli istruttori e alla possibilità di averne uno che mi seguisse per tutta la giornata, concentrato solo su di me per tutto il tempo. E’ inutile: si può essere bravi quanto si vuole, che avere una terza persona che ci osserva da fuori è sempre un valore aggiunto impagabile – se anche i piloti del mondiale usano i “coach” che li osservano a bordo pista, figuriamoci quanto ne può beneficiare un comune mortale. Se poi aggiungete il bonus di girare su una pista dove, diversamente, difficilmente avreste occasione di mettere le ruote, le considerazioni a favore iniziano a superare quelle a sfavore. Insomma, quando vi ricapita…

Maggiori informazioni

Evento: Ron Haslam Race School

Moto: Honda CBR 1000RR Fireblade SP

Meteo: 15°, vento, pioggia

Luogo: Donington Park (Derbyshire, UK)

Terreno: pista

Foto: Tom Tremayne, Bonnie Lane

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