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Qui si parla di un nuovo modo di utilizzare una moto. Siamo nel mondo delle trasmissioni servoassistite, ancora poco diffuse in campo prettamente motociclistico (scooter a parte, quindi). Contrariamente a quanto accade nel mondo delle auto, dove l’offerta è ormai molto ampia, specie oltreoceano, dove le vetture automatiche sono la quasi totalità, o giù di lì, da ben oltre mezzo secolo: pensate che il primo cambio automatico epicicloidale per auto, a tre marce con convertitore idraulico di coppia, venne progettato e costruito dalla General Motors e montato su un modello Oldsmobile nel 1939. E il suo avvento venne salutato come “l’innovazione più importante dopo l’avviamento elettrico”. Il primo costruttore europeo a progettare e realizzare un proprio cambio automatico fu invece Mercedes-Benz, seguito l’anno successivo da Citroen, con la rivoluzionaria DS semiautomatica
Andando a ritroso nella storia della motocicletta, prima dell’attuale avvento della new age delle moto “automatiche”, già a metà degli anni settanta Honda lanciò la CB750A derivata dalla mitica Four, seguita e sostituita, un paio d’anni dopo, dalle bicilindriche CB400A e CM 400A: tutte erano dotate di trasmissione Hondamatic, con convertitore di coppia e doppio albero di trasmissione manuale a due velocità.
Sono passati quindi una trentina d’anni prima che apparisse la DN-01 equipaggiata col cambio HFT (Human Friendly Transmission) ispirato a quello – idraulico volumetrico continuo e automatico - che l’ingegner Giovanni Badalini progettò quasi sessant’anni fa, e che l’MV Agusta sperimentò su un prototipo monocilindrico da 175 cc, poi mai prodotto.
Poco prima della Honda, Moto Guzzi nel 1974 lanciò la 1000 Idroconvert con cambio automatico idraulico a due marce – selezionate da un pedale a bilanciere utilizzando la frizione – servivano una per l’utilizzo normale, e l’altra, più corta, come ridotta. Anche la svedese Husqvarna sfornò un paio di modelli da cross – 250 e 430 a due tempi - con trasmissione automatica, il primo dei quali venne poi ridefinito e dato in dotazione all’esercito. La stessa Rokon (azienda americana tutt’oggi in attività, anche con modelli a due ruote motrici per l’uso su ogni terreno: www.rokon.com) nel 1959 presentò il suo primo prototipo automatico, e nel 1971 partecipò alla 6 Giorni dell’Isola di Man con una moto da 340 cc di cilindrata.
Del prototipo MV abbiamo già detto, ma nel 1957 anche la svizzera Motosacoche - fondata nel 1899 e ormai in declino – realizzò un prototipo di moto completamente carrozzata dotata di cambio a puleggia variabile azionata però manualmente. Una soluzione del genere, peraltro, era peraltro già stata utilizzata con successo, anche in gara, parecchi anni prima: addirittura nel 1915, sulla celebre Rudge Multi.
Insomma, alcuni tentativi di introdurre l’automazione nella trasmissione di una motocicletta nel corso di un secolo, o poco più, ci sono stati, ma non così frequenti.
Attualmente, invece, l’argomento inizia a vivacizzarsi. Il Gruppo Piaggio presentò il prototipo della bellissima Gilera Ferro nel 1997, anche se ci vollero poi dieci anni per ritrovarne il clone definitivo sottoforma di Aprilia Mana.
La Yamaha, dal canto suo, nel 2007 ha interpretato l’argomento “automatico” con la FJR1300AS dotata di YCC-S (Yamaha Electronic Controlled Shift), che in realtà è un sistema semi-automatico: il cambio a 5 marce della FJR1300 standard in questo caso viene azionato azionato sempre dal pedale oppure da due pulsanti sul manubrio (per salire o scendere di rapporto), tramite due attuatori elettronici che lavorano uno sulla frizione e l’altro sul selettore delle marce. In sostanza, manca semplicemente la leva della frizione (vedi: http://www.yamaha-motor.it/products/information/FJR1300AS/?view=video&source=16578).
Tornando alla nuova Honda VFR1200F, è chiaro che se a versione standard si confronterebbe, per tipologia, con “pezzi” del calibro della BMW K1300S, della Kawasaki ZZR 1400 e della Suzuki Hayabusa 1300, la nuova DCT al momento come vera concorrente avrebbe solamente proprio la Yamaha, se parliamo di cilindrata, prestazioni, stazza e magari anche tipo d’utilizzo.
Chi però ha pruriti “automatici”, di qualunque moto si tratti, potrà considerare la stessa Honda DN-01 piuttosto che l’Aprilia Mana. Vediamole.
Honda VFR1200F DCT
È la versione “automatica” dell’ultimogenita delle VFR, la nuova, possente 1200 da 170 cavalli. Quindi è la Vùfer più grossa mai prodotta (i V4 Honda longitudinali non erano mai saliti oltre il litro di cilindrata, ma solo sulle varie VF1000 dei primi anni ottanta) e ovviamente anche la più potente. Già: 170 cavalli, e oltre 13 chilogrammetri di coppia (o quasi 130 Nm, se preferite) non sono mica male per un oggetto su due ruote che ti consente di accelerare da fermo come un razzo solamente aprendo il gas, senza dover tribolare con una frizione per gestire impennate e/o pattinamenti della ruota motrice.
Su asfalto asciutto, chiaramente, perché, sia chiaro, sul pavè bagnato bisogna stare attenti con la manopola del gas già con uno scooter medio…
La VFR DCT (Dual Clutch Transmission, perché il cambio robotizzato Honda ha due frizioni azionate idraulicamente) è una moto possente, costruita secondo la migliore tradizione Honda, con una ciclistica notevole e una frenata poderosa, ben controllata dall’efficientissimo sistema ABS Combinato. Ed è anche una moto molto veloce. Quindi, anche se ritenete di avere già i meccanismi giusti per guidarla come si deve – alludo alla guida sportiva, chiaramente - perché siete bravi ad andare in moto e magari abilissimi con lo scooter che usate tutti i giorni…beh, non è sufficiente. Qui bisogna che vi adattiate alla moto, mentre lei, grazie ai parametri predefiniti memorizzati nel suo “cervello elettronico”, cerca di adattarsi alla vostra guida istante per istante. Una conoscenza che richiederà un po’ di tempo e svariati chilometri per consolidarsi al massimo possibile, in modo da godersi le opportunità di questa moto. Salire in sella alla DCT e partire a razzo senza conoscerla “perché tanto guido moto sportive da un pezzo”, se mi permettete, può rivelarsi un errore.
Prezzo: 16.800 Euro f.c.
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Pregi: Esclusività tecnica | Funzionamento trasmissione in modalità S e manuale | Prestazioni generali del motore | Ciclistica molto efficace
Difetti: Innesto rapporti rumoroso | Giochi di trasmissione in modalità D
Aprilia Mana/Mana GT 850
Una naked dal sabato al venerdì, ecco cosa intende Aprilia quando descrive la Mana 850, la prima moto di serie con trasmissione automatica. Variatore per affrontare al meglio la giungla urbana, sequenziale Sportgear per la guida divertente nel fine settimana. Il concetto ispiratore della Mana è proprio quello di una moto che può accontentare un bacino d’utenza piuttosto ampio. A maggior ragione in questa versione GT, davvero accattivante per chi con la moto ci vorrebbe fare proprio tutto, ma tuttavia è tentato dalla praticità dei maxiscooter più sofisticati. La moto si guida bene, è sufficientemente agile e precisa, ha freni non morbidissimi da azionare, ma potenti il giusto senza strafare. “Facile” è la prima parola che può venire in mente guidandola, sia in versione naked che GT, grazie anche al suo bel motore V2 con una silenziosissima trasmissione finale a cinghia, non potentissimo ma con una bella spinta. La sua maggior valenza, lo ricordiamo, sta indubbiamente in quel cambio Sportgear dalle molteplici possibilità d’utilizzo, privo di leva frizione.
Si può infatti disporre di un veloce cambio sequenziale con ben sette rapporti ravvicinati, da adoperare tramite il pedale tradizionale (che sulle prime sorprende abbastanza, anche per rapidità e corsa corta: il piede non avverte alcuna resistenza e il cambio marcia avviene nel più assoluto silenzio) oppure divertirsi a inserire e scalare le marce a raffica utilizzando semplicemente pollice e indice sinistri, il tutto senza che la ruota posteriore perda mai aderenza in scalata, come se ci fosse una frizione antisaltellamento.
Ma si può anche guidare come su uno scooter, ovvero in modalità Autodrive totalmente automatica. Come sulla Shiver, però, si possono selezionare tre mappature diverse – Sport, Touring e Rain – a seconda delle sue esigenze del momento. Non solo: grazie alla comodissima funzione automatica Semi-Autodrive, il pilota in ogni momento può scalare le marce, magari per effettuare più rapidamente un sorpasso. Il passaggio da Autodrive a Sequenziale, e viceversa, può avvenire in qualsiasi momento e in qualsiasi condizione di marcia. Il cambio a manubrio è disattivabile dal cruscotto. Sia la mappatura prescelta che la marcia inserita vengono ovviamente indicate nel display LCD del cruscotto.
Prezzo: Mana 9.090; Mana GT 9.690; Mana GT/ABS: 9.990 Euro f.c.
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Pregi: Esclusività del progetto – fruibilità - cambio e trasmissione - coppia motore - vano portaoggetti - freno a mano molto utile - protezione aerodinamica (GT)
Difetti: forcella "sfrenata" nella guida veloce – freni poco incisivi – vibrazioni ai medi regimi
Honda DN-01
Da Honda arriva la prima cruiser dotata di cambio automatico sequenziale. Bella da guardare e da guidare.
Gli ingegneri della Honda hanno messo in produzione un veicolo che ancora mancava, che va ad inaugurare un nuovo genere, per metà maxiscooter e per metà cruiser “dalla faccia di squalo”.
Con la DN-01 Honda ha coniato la prima medaglia a tre facce, al pilota non resta che scegliere quale mostrare, a seconda dell’umore e della voglia di smanettare o meno sul tasto del cambio: qui infatti non troverete il classico pedale, tanto meno la leva della frizione. L’utilizzo si rivela molto più semplice della lettura della scheda tecnica, bastano pochi metri per prendere familiarità con i comandi di questa Honda così particolare. Una volta acceso il motore, al guidatore non resta che utilizzare i blocchetti elettrici per scegliere quale volto dare a questa curiosa creatura, dotata dell’arcinoto motore bicilindrico a V che vediamo su vari modelli Honda da un quarto di secolo, ovviamente nella sua ultima versione da 680 cc da 62 cavalli già in forza a Transalp e Deauville: un vero mulo, abbinato ad un’eccellente trasmissione ad albero (non la stessa della VFR, naturalmente), ma forse un po’ sottodimensionato per una moto da 270 chili. Bassa e lunga, la DN-01 ha anche i freni con ABS e CBS, con sistema ritardante al posteriore. Piacevole da portare, come ogni cruiser che si rispetti manca di protezione aerodinamica (nonostante un pur ridotta semicarenatura) e mostra evidenti limiti di piega.
Prezzo: 11.450 Euro
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La scheda tecnica: clicca qui
Pregi: linea unica - funzionalità del cambio - tenuta di strada
Difetti: assenza vano sottosella - protezione aerodinamica
Aprilia
Via G. Galilei 1
30033 Noale
(VE) - Italia
041 5829111
https://www.aprilia.com/it_IT/
Aprilia
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