Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Nella storia della moto ci sono stati alcuni periodi di grande creatività, durante i quali si sono affermate soluzioni costruttive che hanno fatto epoca e che sono ben presto state adottate da tutti i costruttori per i vantaggi che comportavano. In diversi casi non si trattava di novità ma di qualcosa che era già apparso in precedenza senza riuscire però a “sfondare”. Che aveva avuto cioè solo impieghi sporadici su alcuni modelli di serie. Per quelli da corsa, però, la storia poteva talvolta essere diversa…
(Chi si fosse perso la prima parte di questa storia può leggerla a questo link).
In genere lo sviluppo tecnico avviene gradualmente; è il caso ad esempio della riduzione del rapporto corsa/alesaggio. Ogni tanto però hanno luogo degli autentici salti evolutivi di grande portata. Così, dopo il vero e proprio boom delle distribuzioni a quattro valvole per cilindro, per i motori a quattro tempi di serie è stata la volta del raffreddamento ad acqua.
E siccome i più sollecitati erano i modelli di rilevante cilindrata e di alte prestazioni è logico che siano stati i quadricilindrici a procedere per primi con decisione in tale direzione. Questa autentica svolta è avvenuta nei primi anni Ottanta ed è stata rapidamente seguita da altri importanti miglioramenti.
Una vera pietra miliare è stata la Kawasaki GPz 900 R, entrata in produzione nel 1984. Il motore di questa moto aveva il raffreddamento ad acqua e la catena di distribuzione disposta lateralmente, oltre a un albero ausiliario di equilibratura; le prime due soluzioni in seguito sono state adottate universalmente e da tempo dominano la scena incontrastate, mentre la terza ha avuto ed ha tuttora una ampia diffusione.
Quando è apparsa la GPz 900 R il raffreddamento a liquido veniva già impiegato da un paio di anni dalla Honda per le sue quadricilindriche della serie VF 750, che avevano però una architettura a V.
Per i motori a quattro cilindri in linea costruiti in gran serie si trattava di una novità, che comportava enormi vantaggi. Non solo la migliore asportazione di calore si traduceva in minori temperature delle pareti del cilindro e della camera di combustione, ma la distribuzione delle temperature stesse diventava assai più uniforme tutto attorno ai cilindri e nella struttura della testa.
Inoltre, il liquido refrigerante poteva arrivare in zone nelle quali non sarebbe stato possibile far passare l’aria, ovvero tra i condotti di scarico, in prossimità delle sedi delle valvole e del foro per la candela.
Si potevano così adottare angoli molto ridotti tra i due piani sui quali giacevano le quattro valvole di ogni cilindro. Infine, era pure possibile diminuire, e non di poco, la distanza tra le canne dei cilindri e ciò era molto positivo ai fini del contenimento della larghezza del motore.
Nei quadricilindrici raffreddati ad aria di 750 e di 1000 o 1100 cm3 la parete che separava le canne contigue aveva una larghezza dell’ordine di 20 – 25 mm. Passando alla refrigerazione ad acqua si è scesi dapprima attorno a 15 mm e successivamente al di sotto di 10 mm. Oggi tra le canne non ci sono passaggi per il liquido di raffreddamento e sono usuali valori dell’ordine di 5 – 6 mm.
La GPz 900 R è stata la prima con la catena di distribuzione laterale. Questo comporta dei vantaggi per quanto riguarda non solo l’ingombro trasversale del basamento, la rigidità dell'albero, ma anche il rendimento meccanico
La GPz 900 R è stata la prima quadricilindrica in linea con la catena di distribuzione collocata lateralmente e non più in posizione centrale. La soluzione è vantaggiosa in quanto consente di ridurre la lunghezza dell’albero a gomiti che può quindi essere anche più rigido. Inoltre, permette di portare il numero dei cuscinetti di banco da sei a cinque, pur mantenendo due supporti immediatamente ai lati di ogni manovella. Questo comporta dei vantaggi per quanto riguarda non solo l’ingombro trasversale del basamento ma anche il rendimento meccanico (riducendo il numero dei supporti diminuiscono le perdite per attrito).
La GPz era dotata anche, ed era la prima volta per un quadricilindrico in linea, di un albero ausiliario di equilibratura. Nei motori dotati di questo frazionamento e di questa architettura, lo schema usuale per l’albero a gomiti prevede che esso abbia le manovelle a 180°. In questo modo sono distanziate uniformemente le fasi utili e sono equilibrate le forze d’inerzia del primo ordine.
Non lo sono invece quelle del secondo ordine. Durante la rotazione dell’albero infatti le bielle non rimangono parallele all’asse dei cilindri ma si inclinano ora da un lato e ora dall’altro, con un movimento pendolare fulcrato nello spinotto che vincola ciascuna di esse al relativo pistone. Le vibrazioni dovute a questo squilibrio sono di intensità piuttosto contenuta (e infatti molti quadricilindrici non impiegano alcun albero ausiliario di equilibratura) ma nei motori di grossa cilindrata che girano molto forte possono essere comunque tali da risultare moleste.
Benché gli altri costruttori siano rapidamente passati tutti al raffreddamento ad acqua per i loro quadricilindrici di alte prestazioni, per i suoi modelli più sportivi la Suzuki ha optato per una soluzione “mista” aria-olio. La GSX-R 750 ha esordito alla fine del 1984 e impiegava appunto questo sistema di raffreddamento, che ha continuato ad utilizzare nelle versioni successive, fino a che nel 1992 non è apparsa la GSX-R 750 WN.
Il motore di questa moto era finalmente raffreddato ad acqua e aveva le punterie a bicchiere al posto dei precedenti bilancieri a dito, ma aveva ancora la catena di distribuzione collocata centralmente ed era ancora dotato di sei supporti di banco. Il passaggio ai cinque supporti e alla catena laterale per la 750 Suzuki è avvenuto nel 1996.
La Honda CBR 600 è entrata in produzione nel 1987 con la catena di distribuzione collocata centralmente, sei supporti di banco e bilancieri a dito. Nella successiva versione (1991) è però passata alle punterie a bicchiere, ai cinque supporti e alla catena di distribuzione laterale.