I racconti di Moto.it: "Buona la prima"

I racconti di Moto.it: "Buona la prima"
Eccoli. Alvaro e Tullio, due disoccupati ultratrentenni in preda al delirio di disperazione. Occhiali da sole sotto il casco integrale, barba e baffi finti, una parrucca a coprire il peso della decisione di rapinare una banca...
18 gennaio 2012

Punti chiave

- Gesù, Giuseppe e Maria!
- …modestamente…
- Alvaro, qui se ci beccano c’è l’aggravante della violenza sulle cose!
- Prima devono prenderci, compare.
- Non ho mai visto nulla di simile! ma quanti cavalli ha?
- Sono circa 300, e se metto lo scarico da competizione arrivo pure a 320.
- Perché quello scarico…
- …è quello di serie solo un po’ modificato.
- Non mi aspettavo niente di meno… allora, andiamo?
- Se tu sei pronto…
- Io sono nato pronto! Metti la prima e facciamo sto salto di qualità…

Eccoli. Alvaro e Tullio, due disoccupati ultratrentenni in preda al delirio di disperazione. Occhiali da sole sotto il casco integrale, barba e baffi finti, una parrucca a coprire il peso della decisione di rapinare una banca e le spalle schiacciate tra il collo e la schiena più di quanto la normale postura in motocicletta non obblighi.
Un mese fa hanno rubato una moto.
Sei mesi fa sono stati licenziati.
Un anno fa sono stati messi in cassa integrazione guadagni.
Due anni fa si sono sposati, rito civile.
Quattro anni fa erano stati assunti a tempo indeterminato.
Sei anni addietro erano dei ragazzi.

Alvaro è sposato a Maria, 31 anni, praticante avvocato, reddito circa 500 Euro al mese.
Tullio aspetta un figlio da Ginevra 26 anni, attualmente disoccupata. Ma è sposato con Veronica, 30 anni, impiegata part time in una farmacia a 450 euro al mese. Certo, il ragazzo è nei guai. Tullio aspetta il momento giusto per parlare all’una dell’altra senza prendersi una coltellata, o due.
Tullio e Alvaro sono amici d’infanzia; insieme hanno scoperto la passione per la vita e per le donne e provato l’inebriante sapore di indipendenza nell’acquistare il loro primo motorino con i soldi guadagnati lavorando come camerieri nei ristoranti estivi. Loro due non hanno mai avuto una moto o un motorino ciascuno, no. Ne hanno sempre condiviso uno in due e per le gite con le morose facevano a turno, senza litigare e garantendosi la complicità reciproca nonostante i gusti differenti: Tullio ama le enduro tassellate, l’avventura, l’indeterminatezza di iniziare un viaggio senza sapere bene dove si andrà, mentre Alvaro è un fanatico della velocità, pronto a smontare, tagliare, modificare o sostituire qualsiasi cosa nella moto per aumentarne le prestazioni. Da piccolo voleva fare l’astronauta.

Comunque, con la crisi economica la motocicletta si beccò il foglio di via per incapacità di sostenerne le spese di manutenzione e gestione. E anche troppe multe. L’ultima per essere passati nel centro abitato di una frazione di Gugliano nel Prostilio (paesino di centocinquanta anime) senza rispettare il limite di 20 km/h. Va bene che erano passati a 120, ma il limite era basso lo stesso. Si fa presto a fare polemica; pagata la multa con parte dei soldi realizzati dalla vendita della moto, tornarono entrambi a pensare a come riportare la loro vita su un binario di serena vivibilità. “Insomma, sono passati due mesi! Alvaro qui ci vuole una moto. Poi possiamo pensare a tutto il resto! Il lavoro, la famiglia… si, non discuto, tutto importante; ma se non puoi nemmeno farti un giro in moto che campi a fare?” – “che mi dici, Tullio! Io con le mani pulite non ci so stare, tra un po’ smonto la caldaia di casa, la cassetta del gabinetto, vedo se riesco a fare andare più veloce la lavatrice… sto impazzendo! - gli rispose Alvaro rigirando una chiave del 14 tra le mani.

Non ci misero molto a sottrarre una motocicletta dal deposito comunale delle moto sequestrate, affidandosi a quella risolutezza propria dei disperati e degli incoscienti idealisti animati da un ideale altissimo. In quel deposito erano stipate all’aperto, da anni, centinaia di motociclette in attesa che la ruggine perforasse serbatoi, che l’olio motore diventasse melassa, che qualcuno ben introdotto nell’ambiente delle forze dell’ordine ne asportasse ogni tanto qualche pezzo per ricambio, per sfizio, per prova. La sorveglianza era ridicola. Tutto quel ben di dio lì, a portata di mano e nessuno che se ne curasse un poco, tutto lasciato al macero in attesa di passare da condizioni di possibile recupero al demolitore che lo avrebbe ridotto in poltiglia metallica: “che ingiustizia, compare” - tuonò Alvaro con la voce roca dalle troppe sigarette, vedendo quante moto tutto sommato recenti erano accatastate come legna in attesa di essere bruciata nel camino della burocrazia. Alla fin fine, rubarne una non sarebbe nemmeno stato un crimine ma aver salvato una creatura da morte certa per inedia.

Tullio si portò dietro Ginevra, pazza di lui non si capisce ancora bene perché. Ginevra era una ragazza non solo bellissima in volto, ma statuaria nel fisico sportivo scolpito da anni di palestra e ballo argentino, cui l’incipiente gravidanza al secondo mese non aveva avuto altro effetto che renderla ancora più giunonica senza snaturarne le forme. Il suo fascino era immutato, anzi, era come un succosissimo frutto giunto al punto supremo di maturazione, dando l’impressione che quel traguardo potesse essere mantenuto indefinitamente per sempre, anche dopo aver partorito. Il suo semplice sguardo era carico di promesse e sottintesi al di là delle sue reali intenzioni, ma era fatta così e alla fine aveva saputo sfruttare convenientemente le sue doti, per essere sinceri con grande intelligenza ma poca accortezza.

Ginevra imbambolò in un nulla le due guardie municipali poste all’ingresso, con pretesti stupidi e una scollatura per la quale sarebbe stato necessario il porto d’armi, nel frattempo Tullio e Alvaro caricarono sul furgone a noleggio, per poi uscire indisturbati, una vecchia 1100 quattro cilindri raffreddata ad aria e olio, esteticamente dolorante ma, a detta di Alvaro, molto promettente. Ora che avevano la moto, si sentivano completi. Da lì in poi sarebbe stata una passeggiata. Innanzitutto, niente assicurazione, niente bollo, e ovviamente niente multe. Solo il puro piacere di possedere un mezzo a due ruote. Si creava il problema di quando e come utilizzarla:
- Allora, vediamo. In città no, ci beccano col numero di targa.
- Negli sterrati… quattro cilindri, 230 kg… direi che siamo fuori strada.
- In pista…ma che piacere c’è a girare in tondo??! E poi non abbiamo nemmeno la tuta.
- Alvaro, ho trovato: rapiniamoci una banca.
Attimo di silenzio, cenere che cade sul pavimento. Alvaro alza gli occhi al livello di quelli dell’amico.
- Ti stai facendo prendere la mano, Tullio. Noi siamo motociclisti, non rapinatori. Non è che il solo fatto di avere rubato una moto sequestrata grazie alla collaborazione di coscialunga ci dà la patente di criminali. Bisogna nascerci.
- Una sola uscita, ma definitiva! Alvaro, ascolta: solo un pieno, poi la posiamo per sempre, la mettiamo sui cavalletti e tra cinquant’anni raccontiamo la storia ai nipotini! Con i soldi che ricaviamo ci compriamo un’altra moto, apriamo un negozio di ricambi e lavoriamo onestamente: facciamo finta di ricevere un… finanziamento a fondo perduto da parte della banca.
- Tu mi tenti, compare. E se ci prendono?
- Senti, qui non abbiamo niente da tentare. Abbiamo due lauree sul groppone e ogni volta che chiediamo un lavoro poco ci manca che dobbiamo pagarli noi; la mia situazione la conosci, tra sei mesi al massimo sono destinato a prendermi una coltellata da Ginevra o da Veronica, a scelta, almeno se mi sbattono dentro metto al sicuro la pelle… se invece ce la facciamo si aprono altre prospettive.
- Accidenti, è una scelta di vita. Impegnativa. Bisogna essere totalmente pazzi, sconsiderati, privi di freni inibitori:… ora che ci penso so dove trovare il protossido.
- …NOS??
- E che ci vuoi fare una rapina con soli 130 cavalli?? Ce ne servono minimo 200! Un manubrio più largo, sospensioni più rigide, una sella comoda e un modo per trasportare una borsa con il denaro che prendiamo, una turbina e il protossido d’azoto. In quindici giorni ce la facciamo, tranquillo.
- Alvaro, fai tu. Siamo nelle tue mani.

Di giorni ne sono passati trenta: ora Tullio e Alvaro sono diretti verso la Banca Agricola del Mondruvio, agenzia 1. Con calma e rispettando scrupolosamente il codice della strada, arrivano sul posto prescelto a 300 chilometri da casa, dopo un mese di appostamenti, sopralluoghi, preparativi scrupolosi di Tullio mentre Alvaro era sempre nel garage a modificare la motocicletta, potenziandola.
Già progettare questo colpo era costato l’interezza del loro rimanente peculio e la tensione di giocarsi il tutto per tutto non era indifferente. Ma forse era meglio così, il fatto di non poter tornare indietro era ratificato dal non aver più nulla da perdere.
- Ok, ora non si scherza più; mi raccomando, Tullio: cattivi; pensa a Ginevra che ti tiene per le palle mentre fa il numero di Veronica.
- Alvà, facciamo tutto con professionalità e chiudiamo la partita.
- Azione?
- Azione!
Tullio entra compassatissimo nella banca e prende un numero all’eliminacode. Dentro ci saranno non più di dieci clienti e altrettanti impiegati.
Alvaro punta la vetrina antisfondamento della banca, gira uno switch sul manubrio ed è pronto a dare full gas e sfondare il vetro; si affida ciecamente ai tubi in titanio, i rostri che ha montato sulla moto come se fosse un 4x4 dei corrieri della droga della mala napoletana. Da dentro, Tullio cerca di allontanare le persone da quel vetro con scuse banali, poi fa un cenno e Alvaro scatena l’inferno. Dentro la prima da 150 all’ora e acceleratore a fondo corsa, già solo quella sensazione di potenza e scatto per Alvaro è valsa il costo dell’impresa… la vecchia 1100 (ora è 1500…) impatta con i rostri in titanio contro il vetro blindato frantumandolo, il contraccolpo su Alvaro è fortissimo ma lui resiste e piomba come un uragano dentro la banca. Tullio simula di essere investito in pieno dalla motocicletta e si butta a terra aprendo la sacca di sangue che teneva sotto la maglietta, gridando come un ossesso.
- Facciamo in fretta prima che vi ammazzo tutti! Tu, riempi questa borsa di soldi altrimenti sei la prima!! - urla alla cassiera senza nemmeno scendere dalla moto - Tu, moribondo!- alzati e portami la borsa quando è piena! - dice sventolando una pistola in faccia all’amico.
Se l’aria fosse olio motore 10W50 capireste la fatica di Tullio e Alvaro nel respirare. Nessuno fiata, tutti bloccati dalla paura e dalla sorpresa, il rumore del minimo a 2000 giri al minuto del motore della motocicletta fa da sottofondo al pianto e alle preghiere dell’impiegata che raccoglie i soldi alla rinfusa come se svuotasse posacenere dentro una valigia.
- Ora prendi la borsa e sali con me, moribondo, stai calmo perchè ti ammazzo!
- Va bene, ma non sparare- recita Tullio, zoppicando vistosamente e grondando sangue, pallido senza bisogno di dissimulare una tensione da infarto.

Dalle spalle di Alvaro iniziano a sentirsi le sirene delle volanti. Tutto previsto. Borsa piena, saranno almeno centomila Euro. Tullio in sella e legato con la cintura di sicurezza. NOS aperto. Esattamente di fronte a loro una porta allarmata con maniglione antipanico che da sulla strada laterale, già aperta da Tullio mentre aspettava che la borsa fosse riempita. E’ bastato avvicinarsi e spingerla con la ruota anteriore e poi, gas a manetta! Le volanti arrivano, ma dal lato dell’ingresso e impiegano quei trenta, quaranta secondi di troppo a rendersi conto che i ladri sono usciti dal lato opposto! Hanno una moto da 300 cavalli, non sarà facile riprenderli.

Il piano di fuga è semplice, scappare lungo la statale fino a incontrare il furgone lasciato a 30 chilometri da lì, distanza stimata da Alvaro come sufficiente per far perdere totalmente le proprie tracce, infilare la moto dentro il furgone, bruciare il travestimento e filare a casa indisturbati, candidi come il culetto di un bambino.
Malauguratamente, al bambino gli scappa la popò.

Oggi è l’otto aprile ed è la Festa Nazionale della Madonna del Mondruvio, foriera di auspici di fertilità e patrona delle donne in dolce attesa o che sperano di avere presto un figlio. La variopinta processione di gestanti e di aspiranti puerpere ingombra la strada, i vigili urbani sono dappertutto e fanno cenno di rallentare, bonari. E Alvaro non ha altra scelta che rallentare se non vuole suscitare sospetti.
- Ma che cosa facciamo, Alvà??!
- E che ne so, questo non l’avevamo previsto. Senti, passiamo piano piano accanto la processione a motore spento e in due minuti siamo fuori, calma e sangue freddo.

I due spingono la moto, carichi di denaro, caschi in testa e tesi come due malviventi braccati dalla polizia per avere appena rapinato una banca. Appunto.
Come un coltellata alle scapole:
- Ma tu non dovevi essere da tua madre a ripararle la lavastoviglie?? Tullio!
Tullio pensa di avere un’allucinazione uditiva. No, non può per nessunissima ragione al mondo essere la voce di Veronica. Non ora, non in queste condizioni, non mentre è camuffato da rapinatore; cioè lui è un rapinatore; no: lui è un rapinatore di banca ma solo per oggi, poi farà il bravo come sempre, il bravo ragazzo che è sempre stato, quello che Veronica ha sposato per la rettitudine morale e lo sguardo da cerbiatto. Invece la voce è proprio quella di sua moglie, e lui ha passato il margine tra bravo ragazzo e criminale comune. Veronica, stai per ricevere una brutta notizia.
- Amore!!! – Tullio tenta l’approccio soft e complice… - senti sono qui con Alvaro per sbrigare una cosa importante, poi ti spiego tutto a casa.
- Ma che hai sotto il casco, la barba finta?? E’ quello cos’è??...sangue???
- Parla piano!!! Sssshhh… tesoruccio… goditi la processione ci vediamo a casa e poi ti faccio un regalino, ok??
- Ok proprio no. Mi spieghi che diavolo ci fate voi due acconciati come jesus christ superstar già crocifisso qui a 300 chilometri da casa?
Tullio passa al contrattacco: - no, mi spieghi che ci fai tu qui??
- Tullio, voglio un figlio.
- …da me…? – e mentre lo dice gli trema la voce.
- E da chi sennò? Pensi che il tuo amico Alvaro sia disponibile, ti fidi?
- Veronica, non dire baggianate. Io non sono pronto. – dice Tullio mentre la processione scorre e loro la accompagnano spingendo a mano una moto illegale da 300 cavalli che puzza di protossido: confusi nella folla, con un borsone pieno di soldi e le sirene delle volanti in lontananza, sembrano anche loro due devoti che chiedono una grazia e che per fioretto spingono un bestione di 230 chili, recando una enorme borsa a tracolla.
- Oh, ma certo che sei pronto: ne aspetti uno da una certa Ginevra, non vorrai mica lasciare a bocca asciutta me che sono la tua legittima moglie.
- Eh?... Chi te lo ha detto?...volevo parlartene io appena… – ma le parole pensate non escono dai denti, la sabbia riempie la bocca di Tullio.
- Oh, caro! Sorpreso? Ginevra viene da sempre nella farmacia dove lavoro. Prima comprava sempre pillole anticoncezionali, contraccettivi, cremine, olii e si fidava solo di me, lo capisci, una donna si imbarazza a chiedere certe cose ad un farmacista uomo, e così col tempo è nata una piccola confidenza che col passare dei mesi si è trasformata in complicità. Poi un giorno ha voluto acquistare un test di gravidanza. Il giorno dopo un altro. Poi un altro il giorno successivo. Alla fine ne voleva comprare un altro ancora ma io le ho consigliato di non sprecare più denaro e di farsi vedere da un ginecologo, la vedevo disperata e profondamente scossa. Quello le ha detto chiaramente che era incinta. Allora è venuta da me è si è sfogata, parlandomi di quest’uomo già sposato con una donna che si chiama Veronica… il resto te lo lascio immaginare, non è difficile. Ti ringrazio per non avermi mai mancato di rispetto gratuitamente, comunque: Ginevra mi ha sempre parlato di te come di un uomo che non ha mai voluto scagliarsi contro la moglie e anzi mi ha sempre riferito le tue parole di comprensione verso di me. Un atteggiamento che ti ha salvato la vita, sappilo.
- Hai sempre saputo tutto…
- Ma sono stata al tuo gioco. Se io ti avessi lasciato, con chi lo facevo il figlio?
- E adesso?
Alvaro guarda inebetito i due coniugi.
- Adesso quei soldi sono nostri, tesoro. – Ginevra alza la veletta che le cela il volto e sorride. Camminava accanto a loro tre, con un abito lungo e la veletta da addolorata a coprirle il volto, quasi irriconoscibile.
- Gesù, Giuseppe e Maria! – a Tullio manca il fiato per proseguire nell’enunciazione dei tutti i santi del paradiso…
- Tullio, siamo fregati. – sentenzia Alvaro.
- Dammi la borsa, Tullio - Ginevra non fa sconti.
- Dagliela, amore.- gli sussurra in un orecchio Veronica.
- Ma che ve ne fate, se li tengo io posso fare in modo di mantenervi entrambe…

Veronica alza lo sguardo verso Tullio, lo incenerisce per un millisecondo e poi, amabilmente: - Caro Tullio, forse non hai capito. Ti spiego subito. Io un figlio con uno come te, che magari domani lo arrestano e che di sicuro continuerà a tradirmi per tutta la vita, non lo voglio più: io e Ginevra oggi pomeriggio partiamo per l’Olanda, lì ci sposiamo civilmente e con quei soldi ci troviamo un lavoro e cresciamo il nostro bambino in un paese civile, mica qui in Italia dove i primi due sconclusionati che fanno un colpo in banca, gli riesce pure. Onestamente non credevo aveste tanto coraggio. Io e Ginevra abbiamo sempre capito che stavate architettando qualcosa di losco; pensavi veramente che un mese di appostamenti e orari assurdi conditi da scuse impossibili, potessero passare inosservati non ad una ma a due donne? Soltanto due fessi come voi potevano rapinare una banca nel giorno della Festa Nazionale della Madonna del Mondruvio, con tutte le strade bloccate. Vabbè, vi scuso perché credo sia la prima volta che rapinate una banca. Ora, Jessie James in motocicletta, dai a Ginevra i soldi.-
- Dagli la borsa, compare.
- Alvaro…
- Ascoltami, dagli la borsa, compare.
- Alvà, ma sono pure soldi tuoi e di Maria…
- Queste ci fanno spedire in gattabuia, Tullio. Dagli ‘sto cazzo di borsa!

Tullio non è stupido e capisce di trovarsi in un vicolo cieco; con le sirene della polizia sempre più vicine, molla la borsa a Ginevra.
Veronica bacia Ginevra sulle labbra, guardando Tullio negli occhi; poi pone lo sguardo sulla pancia di Ginevra e dice al marito: – fatti sentire, mi raccomando. Quando vorrai vedere tuo figlio, sarai il benvenuto.-
Mezzora dopo i due rapinatori sono sul furgone, diretti a casa di Alvaro percorrendo lentamente la statale. Tullio non ha ancora aperto bocca da quando hanno abbandonato il malloppo nelle mani delle due donne; la tensione e la sorpresa sono ancora vivissime in lui, mentre Alvaro fuma una sigaretta canticchiando.
- Alvà, e ora? – sbotta Tullio dopo avere preso un respiro che sembrava il risucchio in aspirazione di un quattro cilindri degli anni ’70-
- …che culo che hai.
- Come?
- E non lo capisci? Ti sei liberato di entrambe, non hai il dovere di mantenerle, non ti becchi una coltellata da nessuna delle due e abbiamo ancora la moto…
- Ma non abbiamo più una lira!!
- Beh… io ho ancora una bomboletta di protossido. Se sei contento così, è un discorso che posso anche accettare; ma se non sei contento… dobbiamo trovare una soluzione.
- Ah. Che vuoi dire, rischiare di farsi beccare dalla polizia di mezza Italia? Io non me la sento di rifarlo; no. Troppo pericoloso. E poi hai visto com’erano tutti terrorizzati… manco si sono accorti che la pistola era un giocattolo, distratti com’erano dal sangue che mi ero portato e dall’effetto sorpresa. Ma la prossima volta qualcuno crepa d’infarto, e se ci dice male il primo potrei essere io. Senti, forse è meglio se questa moto la smantelliamo e la vendiamo a pezzi.

Il mozzicone di sigaretta vola dal finestrino, Alvaro incrocia le mani e accende gli occhi manco fossero la spia del fuorigiri:
- Tullio, amico mio, stammi bene a sentire: o ci teniamo la moto e rapiniamo banche, o vai in Olanda pure tu e ti metti dappresso a quelle due psicopatiche che terranno in ostaggio tuo figlio per sempre, oppure ti trovi un lavoro da mille euro al mese, adesso, e ti rifai una vita a trentacinque euro al giorno meno le tasse.
- …
- Hai una faccia strana, compare.
- Alvà, dici che ci beccano?
- Io dico di no.
- Allora, buona la prima.


Antonio Privitera

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