I racconti di Moto.it: "Fine carriera"

I racconti di Moto.it: "Fine carriera"
Se oggi si va a digitare nei motori di ricerca “Amedeo Croce pilota droga arresto” non si trova quasi nulla. Come diceva un addetto stampa, “se non lo trovi su google, vuol dire che non è mai esistito
1 aprile 2016

Alle undici del mattino il telefono squillò e dall'altra parte del disturbo c'era una signorina, era per un'indagine di mercato e mi disse che avrebbe rubato solo due minuti. Reagii con fastidio perché quello era un numero privato al riparo da incursioni di impiccioni, tuttavia accettai l'intervista ponendomi sulla difensiva.

“Età?”

“Trentanove.”

“Quanti siete in famiglia?”

“Solo io - risposi secco, poi corressi - no, ho anche un cane.”

“Molto bene, professione?”

“Pilota di motociclette.” La signorina non batte ciglio.

“Scusi non ce l'ho... posso mettere sportivo professionista?”

“Si, sportivo professionista va bene.” Era imbarazzo quello che provavo o soltanto fastidio?

“Reddito? Più o meno di trentamila Euro all'anno?”

“Più.”

“Più o meno di sessantamila?”

“Di più.”

“Complimenti, posso chiedere se supera i centomila?”

“Guadagno quattro milioni l'anno, tagliamo corto.” Quando me la servono su un piatto d'argento non riesco a non approfittarne.

“Lei mi prende in giro.”

“Guardi, può chiamarmi domani, possiamo incontrarci a Scarperia e...” a quel punto mi ero già stancato e lasciai perdere, riattaccando il telefono con una certa maleducazione, lo ammetto, temperata dall'insistenza della non richiesta incursione nella mia vita. Tuttavia si incuneò nel mio ego una sottile delusione, che mi portò a dimenticare l'insignificante episodio fino a quando, trascorsi sei mesi, il destino non si presenta alla porta posteriore del mio box nella forma allotropica di Benedetta Pace: un metro e settantatré per cinquantanove chili, coperti da un tentativo di canottiera e da un paio di shorts senza dubbio oltre ogni legalità, lasciamo pure stare la decenza.

 

Cinque minuti prima discutevo col mio capotecnico se fosse il caso o no di caricare un po' di più la ruota posteriore alla ricerca di maggiore trazione; è venerdì, gioco un po' di rimessa ed il clima non è certo quello dei tempi in cui vincevo a mani basse dieci Gran Premi a stagione

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Cinque minuti prima discutevo col mio capotecnico se fosse il caso o no di caricare un po' di più la ruota posteriore alla ricerca di maggiore trazione; è venerdì, gioco un po' di rimessa ed il clima non è certo quello dei tempi in cui vincevo a mani basse dieci Gran Premi a stagione; da qualche anno sono ridotto a ramazzare terze file e settimi posti finali in attesa di una clamorosa rinascita agonistica per aggiungere al mio palmares il sedicesimo titolo iridato che avrebbe posto definitivamente fine all'egemonia orobica nelle statistiche dei più grandi piloti di motociclette da corsa di tutti tempi.
I risultati sottotono hanno consumato la mia popolarità: gli invidiosi si accaniscono contro di me osando persino mettere in dubbio il valore delle mie precedenti vittorie; ma non è questo ad infastidirmi di più, quanto il pettegolezzo che mi descrive come un raffinato bisessuale, e a volte il raffinato viene omesso.

I quotidiani e i siti internet titolano con grande sforzo creativo “A vela e a motore” la maggior parte dei, rari, articoli che riguardano le mie presunte affettuose amicizie con uomini e le mie sovrapponibili relazioni sentimentali puramente etero, però non ho mai preso in considerazione la strada di una querela contro chi scrive così male di me, fermamente convinto che a rovistare nella cacca si fa sempre più puzza che a lasciarla stare e comunque non intendo sostenere una causa contro la stampa.

Ho imparato a mie spese che la prima inappellabile sentenza è sempre quella emessa dai mezzi di informazione, la verità dei fatti è quella espressa dai titoli dei giornali e l'opinione pubblica non gradisce che venga sconfessata dal secondo grado di giudizio, quello dei tribunali. Come nel mio caso di possesso di un po' di erba, che mi costò il posto in squadra sette anni fa: un episodio tragico che si portò dietro la fine traumatica della mia relazione con Elsa e l'inizio del declino dei miei risultati in pista dove non entrai più in sella ad una motocicletta ufficiale. La magistratura mi diede un anno e dieci mesi, mentre la causa civile e la gestione dei rapporti con la stampa mi costarono più di sette milioni di euro, il resto dei miei averi lo spesi per risarcire gli sponsor e vivere per due anni appena sotto la soglia cui ero abituato, alla ricerca di un lavoro che non trovai.

 

L'apparizione di Benedetta al Mugello mi colpisce come un pugno dolce e fatale, portando al grippaggio la residua voglia di discutere di setting

L'apparizione di Benedetta al Mugello mi colpisce come un pugno dolce e fatale, portando al grippaggio la residua voglia di discutere di setting. Grazie ad un paio di scarpe coi tacchi svetta tra i pochi fan che brandiscono fotografie e penne da porgere ai piloti come bimbi al Papa per il bacio apostolico; l'aria pare tremolare, impossibile restarle indifferente, fissandola provo la stessa sensazione di poter perdere il controllo da un momento all'altro legata allo spalancare il gas senza rimorsi su una 500 quattro cilindri a due tempi: moto ormai fuori dal tempo che però avevano segnato la differenza tra gli uomini e i volenterosi ragazzi.

Mi avvicino alle transenne per parlarle ma vengo frenato dai cacciatori di autografi in attesa, poi, quando la piccola risacca urlante viene calmata dall'arrivo del mio giovanissimo e spregiudicato compagno di squadra Emiliano Tivoli, trovo il coraggio di dire “Piacere, io sono Amedeo”.
L'odore di benzina si fa più intenso e lei risponde “Piacere, Benedetta Pace”, serissima. Fatico a non trovare un po' ridicolo il suo nome ma potrebbe tranquillamente chiamarsi Santa Pazienza o Agatè Atè; alla sua bellezza è possibile concedere qualsiasi esagerazione.

“Hai due minuti per me?” chiede ruvidamente.

“Certo, ti va di entrare nel box?” I fan invidiosissimi la guardano varcare con me la porta e sparire, sento qualche commento mordace.

Dentro il box il team smette di lavorare e mi osserva come se avessi introdotto la prova vivente dell'obbligatorietà del tasto “bromuro” nella macchina del caffè, ma sono gente di mondo e io per rompere il ghiaccio le mostro qualsiasi oggetto all'interno di quei cinquanta metri quadrati. Lei approfitta di un attimo di relativa solitudine e mi dice:

“Ti propongo un accordo.” diretta, decisa, eppure non totalmente padrona di sé.

“Non capisco.” balbetto sorpreso.

“Sei a fine carriera, non vinci più una gara da sette anni. Sei finito. Punto. Ormai sei popolare solo grazie alle relazioni gay che i giornali scandalistici ti addebitano. Mi sono informata, il tuo arresto per possesso di marijuana ha tagliato le gambe alla tua carriera quando avevi ancora molto da dire. Si dice che avresti potuto vincere il sedicesimo titolo, diventare il più grande pilota di sempre e invece ti sei fregato da solo con duecento grammi di erba dentro il tuo motorhome.” disse fissandomi negli occhi per un attimo e poi abbassandoli.

“Continuo a non capire. Di quale accordo parli?” mi irrigidisco.

“Facciamo finta di essere una coppia fissa, facciamoci vedere in giro. Scateniamo una tempesta mediatica di pettegolezzi, gossip, lasciamo che la stampa riempia le pagine su come un famoso pilota a fine carriera ha una relazione con una ventunenne disinvolta come me. Io mi metterò a fare pazzie, a girare mezza nuda per le piste, a rilasciare dichiarazioni imbarazzanti, accentrerò su di me tutta l'attenzione dei siti internet e...”

“...e faremo entrambi la figura degli imbecilli. Dio Santo, ma che cosa ti viene in mente? Ma cosa mette nel latte tua madre la mattina?”

“Potremmo avere tutto da guadagnarci, diventare personaggi televisivi, essere invitati ai talk, fare soldi con dei video... è tutto da progettare ma si può fare!”

Quel discorso ha fatto cadere le toppe dalla mia tuta, mi sento infastidito, imbarazzato, fuori posto:“Senti, ma perché me?” le chiedo alla ricerca di un barlume di umana intelligenza in quelle te... tesi.

 

E' stata una coincidenza. Lavoravo in un call center, il sistema mi ha dato il tuo numero da chiamare per una ricerca di mercato e quando hai detto che guadagnavi quattro milioni di Euro l'anno mi sono... incuriosita

“E' stata una coincidenza. Lavoravo in un call center, il sistema mi ha dato il tuo numero da chiamare per una ricerca di mercato e quando hai detto che guadagnavi quattro milioni di Euro l'anno mi sono... incuriosita. Ho fatto delle ricerche e ho saputo che quel numero era intestato a te, Amedeo Croce. Ho capito di avere in mano qualcosa di importante, scusami perché so di essere stata un tantino invadente. Ma se accetti la mia proposta potremmo mettere su tanti soldi, diventare dei personaggi pubblici ammirati e pagati, il tuo nome riabilitato, forse potresti anche riavere una moto per tentare di vincere il tuo sedicesimo titolo mondiale, sembra che sia molto importante. Mi hai fatto sorridere... quattro milioni... detto con quell'aria da gradasso. Però ti ammiro, no guarda, sul serio: hai evitato il carcere per un pelo e sei sempre qui, non ti sei arreso.”

“E' solo ostinazione, Benedetta.”

Pausa, in un momento in cui qualcuno accende un motore che lacera l'aria con il suo urlo.

E' solo ostinazione quando un pilota a fine carriera rischia il ridicolo in una gara di campionato nazionale solo per stare ancora in sella con la pervicacia di un uomo che non riconosce che è finita, di un pilota all'inseguimento di un po' di spessore da aggiungere all'altezza della moto e alla lunghezza del circuito, felice di illudere se stesso di potercela ancora fare, bugiardo e sbruffone con un'operatrice di call center per sentirsi ancora famoso e ricco e per dimenticare com'è brutto essere stati vomitati da un mondo che perdona tutto tranne il talento.

“Beh, non credevo si potesse arrivare a tanto. Comunque, non penso che la tua proposta possa funzionare e non credo che se potesse funzionare l'accetterei.”

“Ma Amedeo... tu sei la mia occasione... e io posso essere la tua...”

“Va bene così, credimi. E tu sei troppo piccola.”

“Vuoi veramente rimanere lo sfigato che sei? Un drogato, un mezzo barbone depravato?”

Benedetta inizia a stancarmi, la pompa della pazienza non pesca più. Abbasso il tono della voce e prendo fiato:

“Punto primo: non ho mai toccato un grammo di erba in vita mia, né altre porcherie; punto secondo: non è un vanto ma sono da sempre un noioso eterosessuale ed ho esagerato soltanto una volta, quando ho dichiarato che mi sarei ritirato solo dopo avere vinto il mio sedicesimo titolo mondiale.”

“E allora perché ti sei ridotto a vivere in una tenda? Eh, perché?”

Manco la sento, ho già messo il casco e salgo in sella, faccio avviare il motore e mi butto in pista, più per evadere che per altro. La San Donato è lì, a poche centinaia di metri e l'affronto con poca pazienza, l'anteriore mi avverte di stare calmo.

Un silenzio imbarazzante si impadronisce dei box.

“Signorina, lei è meglio se va via.”

“Già.” Risponde Benedetta all'invito di Aldo, il proprietario del team.

“Ma prima una cosa vorrei proprio spiegargliela, una cosa che non troverà su internet: Amedeo ebbe un litigio con Elsa la sera della festa per la conquista del quindicesimo titolo; lui non ne parla ma sospettiamo che la sa fidanzata volesse continuare a fare la bella vita mentre Amedeo si sarebbe certamente ritirato l'anno successivo, appena vinto a mani basse pure il sedicesimo titolo. Elsa non era un tipo facile, era volubile, morbosa e pensava di potere comandare a bacchetta Amedeo. La sera successiva Amedeo viene arrestato per possesso di droga, trovata dalla polizia nel suo motorhome; partono le umiliazioni, gli amici se ne vanno, Elsa prende le distanze e sparisce; Amedeo viene squalificato per due anni, la sua carriera azzerata.

Scontata la squalifica vende tutto quello che possiede, casa, automobili, camper, tutto, per finanziarsi una stagione ad alti livelli senza sponsor ma il rientro è deludente e i risultati... lasciamo perdere. Dopo l'inattività non è nemmeno in grado di arrivare nei primi dieci, non finisce nemmeno la stagione e tra l'ironia generale si ritira dopo il sedicesimo posto nella gara del Mugello. E non ne esce più. Da allora non ha più abbandonato il circuito e vive in una tenda col cane, da qualche parte nel parco. Partecipa a tutte le gare, anche le più insignificanti, che si svolgono qui e grazie ai gettoni di presenza si guadagna ancora da vivere, molti lo rispettano ma in silenzio perché qualche imbecille dice pure che porti sfortuna. Credo che queste cose non le troverà sui motori di ricerca, Amedeo ha speso milioni di Euro per far cancellare tutto.”

Benedetta esce, un po' scossa. Va al muretto dei box in attesa che la moto di Amedeo transiti dal rettilineo. Cinque minuti dopo arriva Aldo, le mette una mano sul braccio: “Sa, di lui non c'è quasi più traccia su internet. Quando gira magari è necessaria più di un'ora prima che ripassi dal rettilineo, noi non sappiamo dove vada, né dove sia la sua tenda. E quando lo aspettiamo con il cronometro in mano ci chiediamo se riapparirà sul serio, sia mai esistito veramente o se un pilota che gareggia in tre classi e vince quindici mondiali in dieci anni sia stato solo uno dei nostri più grandi desideri.”

“Ma avete le foto...”

“No, ragazzina. Abbiamo le emozioni.”

 

 

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