I telai (d’alluminio) e la loro evoluzione

Per i telai motociclistici inizia negli Anni 80 l’era dell’alluminio nei Gran Premi e arrivano le strutture a doppia trave scatolata. Con Suzuki, Honda, e poi Yamaha, a guidare la strada nella produzione di serie
30 agosto 2018

Sul finire degli anni Settanta i tecnici hanno iniziato a considerare seriamente la possibilità di realizzare telai con un materiale più leggero del tradizionale acciaio.

Naturalmente le loro attenzioni si sono concentrate sulle leghe di alluminio, largamente impiegate in campo meccanico e dotate di una densità che è circa un terzo di quella dell’acciaio. La loro resistenza a trazione varia considerevolmente (come del resto accade per gli acciai); di norma quella delle leghe da lavorazione plastica è sensibilmente superiore a quella delle leghe da fonderia. In ogni caso, risulta più che adeguata per la realizzazione di componenti come i telai.

Dove l’alluminio è piuttosto carente è nel modulo elastico (70 GPa contro i 200-210 degli acciai). Questo significa che, sotto l’azione di una stessa forza e a parità di dimensionamento, esso si deforma di più, rispetto all’acciaio. In altre parole, la rigidezza del materiale è minore. A questo si può peraltro ovviare adottando sezioni maggiori.
 
Come accade assai spesso, le prime ricerche e sperimentazioni sono state effettuate sulle moto da competizione, con l’obiettivo di ridurre il peso. Inizialmente però sembra che ci siano state delle lievi “incomprensioni”.
I telai, realizzati con lo stesso disegno di quelli di acciaio, e purtroppo anche con tubi di diametro uguale o quasi, erano più leggeri ma anche meno rigidi e, cosa più grave, erano soggetti alla formazione di crepe.
Ben presto è apparso evidente che per incrementare la rigidezza occorreva aumentare non lo spessore delle pareti dei tubi (come era stato fatto inizialmente) ma il diametro. I tecnici hanno così iniziato ad adottare sezioni molto ampie, che consentivano di ottenere una eccellente rigidezza anche adottando spessori delle pareti decisamente ridotti. 

 

La Yamaha YZR 500 OW48 del 1980
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Nel 1980 sia la Kawasaki che la Yamaha hanno schierato nel mondiale delle 500 con telaio in alluminio.
La prima ha utilizzato una struttura monoscocca che non ha avuto seguito. La casa dei tre diapason invece ha impiegato in cinque degli otto gran premi di tale stagione un telaio a doppia culla continua dal disegno analogo a quello in acciaio. Venivano utilizzati tubi estrusi a sezione quadra realizzati con una lega della serie 5000, nella quale il principale elemento aggiunto all’alluminio è il magnesio.

I problemi incontrati con questo telaio hanno consentito ai tecnici della Yamaha di accumulare una eccellente esperienza, sfruttata per le realizzazioni dell’anno successivo, nelle quali sono stati ottimizzate la struttura delle zone critiche e la disposizione del materiale. Ai loro occhi però appariva ormai chiaro che per utilizzare al meglio le possibilità offerte dall’alluminio occorreva ripensare lo stesso disegno complessivo del telaio. 

Nel 1981 anche la Suzuki ha cominciato a provare la lega di alluminio. L’anno della autentica svolta è stato quello successivo, nel quale la casa di Hamamatsu ha impiegato sulla RG 500 da GP un telaio in tale materiale (sempre a doppia culla e con tubi a sezione quadra) in alternativa a quello in acciaio.
Contemporaneamente la Yamaha è passata con decisione alla lega di alluminio, dapprima aumentando le sezioni dei tubi e poi modificando la struttura in modo da creare un collegamento diretto tra il cannotto di sterzo e la zona del fulcro del forcellone oscillante.

Poco tempo prima lo spagnolo Antonio Cobas aveva realizzato un telaio di schema innovativo per la sua JJ Kobas azionata da un bicilindrico Rotax 250. In pratica era costituito da due travi scatolate dall’andamento rettilineo che collegavano appunto le due zone in questione. La strada da seguire era indicata, ma non tutti l’hanno imboccata con rapidità. 
Nel 1983 l’impiego di telai in lega di alluminio sulle 500 da GP si è generalizzato. Alcuni utilizzavano strutture a doppia culla dal disegno analogo a quello dei precedenti telai in acciaio, ma ben presto tutti i costruttori si sono orientati verso una soluzione a doppia trave scatolata di generosa sezione, completata da un paio di “bretelle” anteriori di maggiori o minori dimensioni a seconda dei casi e da una mensola posteriore di supporto della sella e del codone. La Yamaha ha adottato il termine Deltabox per indicare i suoi telai realizzati con questo schema a partire dal 1985.

 

La Suzuki GSX-R 400 del 1984: anticipò la 750 che arrivò anche in Europa e aveva il telaio d'alluminio con un disegno simile
La Suzuki GSX-R 400 del 1984: anticipò la 750 che arrivò anche in Europa e aveva il telaio d'alluminio con un disegno simile

 

Questa autentica rivoluzione non poteva non influenzare la produzione di serie. La prima casa ad impiegare telai in lega di alluminio per i suoi modelli sportivi costruiti in gran serie è stata la Suzuki, con la Gamma 250 del 1983 (non importata da noi) e quindi con la famosa GSX-R 750, entrata in produzione due anni dopo. Veniva utilizzata una struttura a doppia culla continua realizzata con parti fuse (cannotto di sterzo e piastre posteriori) ed elementi estrusi, sempre a sezione quadra. 

Nel corso degli anni Ottanta per le moto stradali sono stati largamente adottati i telai con struttura a doppia culla “perimetrale”, prima della affermazione di quelli a doppia trave portante superiore di ampia sezione. In entrambi questi casi si è continuato per diverso tempo ad impiegare l’acciaio. Per la Yamaha il passaggio all’alluminio è iniziato nel 1987 con la FZR 1000 e per la Kawasaki l’anno successivo. 

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