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Lo sviluppo del disegno e della struttura dei telai motociclistici è strettamente legato al notevole incremento delle prestazioni e al grande miglioramento che si è avuto nel campo delle sospensioni. I primi anni del dopoguerra però hanno visto la comparsa di tanti nuovi modelli che, nella maggior parte dei casi, erano di tipo utilitario. Servivano cioè per andare al lavoro; il motore era di piccola cilindrata e le velocità erano modeste.
All’estero non sono invece mancati importanti esempi di moto a due cilindri che disponevano di potenze considerevoli (per l’epoca). In Inghilterra le altre grandi case hanno risposto alla Triumph, che nel 1937 aveva aperto una nuova era per le bicilindriche con la sua 5T Speed Twin. Alla fine del 1946 è stata presentata la BSA A7, che inizialmente era priva di una sospensione posteriore, arrivata tre anni dopo in versione a ruota guidata e sostituita da un più moderno forcellone oscillante solo dalla metà degli anni Cinquanta.
Nel 1948 è stata presentata la Norton 500 Dominator con sospensione posteriore a ruota guidata; più evolute a livello di ciclistica sembravano essere le Matchless/AJS, esse pure bicilindriche di 500 cm3, che già nel 1949 erano dotate di un sistema a forcellone oscillante. Tipica soluzione costruttiva della scuola inglese, per quanto riguarda la fabbricazione di questi telai, era il ricorso a pipe fuse in ghisa nelle quali venivano inserite le estremità dei tubi di acciaio; l’unione era quindi ottenuta mediante saldobrasatura. In quanto al disegno, era in genere a culla continua, doppia o sdoppiata inferiormente al motore. Quando poi è apparso il celeberrimo telaio Norton Featherbed (nel 1950 per le moto da GP e successivamente in versioni destinate ai modelli stradali di serie) è realmente iniziata una nuova era...
Anche in Germania due case hanno costruito modelli di grossa cilindrata negli anni successivi al termine del conflitto. Si trattava della BMW e della Zundapp. Quest’ultima ha prodotto a partire dal 1950 la KS 601. Azionata da un motore a due cilindri contrapposti, questa moto veniva spesso abbinata a un sidecar. Il telaio a doppia culla continua di disegno semplice e lineare era in tubi (e non in lamiera stampata, come nei modelli d’anteguerra) ed era abbinato a una sospensione posteriore a ruota guidata. Solo l’ultima versione di questa moto, denominata KS 601 “Elastic” e destinata alla esportazione, è stata dotata di un forcellone oscillante (e ovviamente di un nuovo telaio).
Nel 1955 hanno fatto la loro comparsa i modelli della nuova serie BMW (R 50, R60 e R 69), con forcella Earles al posto della telescopica in quanto ritenuta più adatta all’impiego col sidecar
Non molto dissimili erano le soluzioni adottate dalla BMW per il telaio e le sospensioni delle sue bicilindriche boxer costruite fino alla metà degli anni Cinquanta. Nel 1955 infatti hanno fatto la loro comparsa i modelli della nuova serie (R 50, R60 e R 69), muniti di forcella anteriore Earles, adottata al posto della telescopica in quanto ritenuta più adatta all’impiego col sidecar. A prima vista poteva sembrare che la sospensione posteriore di queste moto fosse a ruota guidata, con gruppi molla/ammortizzatore alloggiati in astucci pressoché verticali, ma in effetti era a forcellone oscillante.
In Italia nei primi anni Cinquanta, mentre alcuni costruttori hanno continuato ancora per qualche tempo a utilizzare una sospensione posteriore a ruota guidata e quindi telai che richiamavano direttamente come disegno quelli d’anteguerra, a ruota rigida (cioè senza sospensione posteriore), altri hanno rapidamente adottato un disegno più moderno, abbinato a una sospensione a forcellone oscillante. Le strutture erano molto spesso a culla singola (meno frequentemente doppia) aperta inferiormente; a completarla provvedeva il basamento del motore.
Piuttosto popolari erano i telai con un unico tubo anteriore che scendeva dal cannotto di sterzo e due tubi posteriori che andavano a fissarsi al basamento e collegavano il tubo superiore (pressoché orizzontale) con gli attacchi degli ammortizzatori. Non tutti i telai erano interamente in tubi. In alcuni casi posteriormente (cioè nella zona sotto la sella) si impiegavano elementi forgiati di acciaio di rilevante spessore, opportunamente sagomati. Questa soluzione è stata utilizzata a lungo dalla MV Agusta per i suoi modelli di serie.
Anche le strutture miste in tubi e lamiera hanno avuto una certa diffusione; quelle adottate dalla Guzzi per i suoi modelli a cilindro orizzontale avevano i vari elementi uniti mediante viti. Per le sue moto da Gran Premio però la casa lombarda nel corso degli anni Cinquanta ha realizzato telai a traliccio o dotati un grosso tubo superiore e di una doppia culla inferiore in tubi di diametro molto minore. Un interessante telaio a traliccio è stato impiegato dalla IMN per la sua sfortunata Rocket bicilindrica, presentata sul finire del 1956 e costruita in un numero molto ridotto di esemplari, e per l’ancor più raro Punch di 98 cm3.
Di tipo completamente diverso erano i telai costituti da una trave superiore di rilevante sezione con motore fissato a sbalzo. Generalmente erano realizzati in lamiera stampata e venivano completati da una struttura posteriore che supportava sella e parafango e alla quale erano vincolati gli ammortizzatori. Questa soluzione è nata per moto di tipo utilitario, con motori di 98 o di 125 cm3, ma alcuni costruttori, come la Motobi e la NSU, l’hanno impiegata anche su modelli di cilindrata superiore, costruiti in decine di migliaia di esemplari. La casa tedesca l’ha utilizzata anche per le sue straordinarie moto da Gran Premio che hanno vinto a mani basse il titolo mondiale nelle classi 125 e 250 nel 1953 e nel 1954.
L’Aermacchi per le sue quattro tempi a cilindro orizzontale, apparse alla fine del 1956, ha utilizzato essa pure un telaio con motore montato a sbalzo, ma realizzato in tubi; quello superiore era di grande diametro e, nei modelli “nudi”, veniva completato posteriormente da una struttura in tubi più piccoli.