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Nelle moto moderne il basamento, noto anche come carter motore, non è certo una banale “scatola” di alluminio che racchiude i principali organi meccanici e sulla quale va a poggiare il cilindro. La sua struttura è complessa e viene accuratamente studiata in modo da essere in grado di sopportare sollecitazioni molto elevate. Le forti pressioni che si scaricano sui pistoni a ogni fase di combustione generano forze che vanno a scaricarsi sui supporti dell’albero a gomiti, ricavati nel basamento, e lo stesso avviene per le ingenti forze d’inerzia dovute agli organi in moto alterno. Particolarmente gravosa è la situazione in corrispondenza degli alloggiamenti dei cuscinetti di banco e nelle zone limitrofe, ove le forze in gioco danno luogo a deformazioni elastiche che si susseguono senza posa. Insomma, durante il funzionamento del motore le pareti del basamento “pulsano” di continuo, anche se in misura limitata.
In alcuni monocilindrici molto sollecitati, per evitare che dopo un chilometraggio rilevante le sedi dei cuscinetti di banco si deformassero plasticamente a causa del continuo “martellamento” è stato necessario fare ricorso a inserti in acciaio o in ghisa austenitica, incorporati di fusione. Per questa stessa ragione sono stati talvolta impiegati degli anelli flangiati in acciaio, piantati con interferenza nelle pareti laterali del basamento, nei quali venivano ricavati gli alloggiamenti per i cuscinetti di banco. Sui motori da corsa hanno avuto una certa diffusione le bussole portacuscinetto assicurate mediante viti e si sono avuti anche interessanti casi di inserti in bronzo (presi di fusione).
Le forti pressioni che si scaricano sui pistoni generano forze che vanno a scaricarsi sui supporti dell’albero a gomiti e lo stesso avviene per le ingenti forze d’inerzia dovute agli organi in moto alterno
Dunque il basamento deve essere robusto per resistere alle sollecitazioni meccaniche e rigido per consentire di mantenere un perfetto allineamento dei cuscinetti di banco in qualunque condizione di impiego, ma al tempo stesso deve avere un peso contenuto. Per questa ragione, che va ad aggiungersi alla complessità della sua geometria, non è certo un componente facile da progettare e da realizzare.
Nei basamenti che si “aprono” secondo un piano verticale, spesso la parte inferiore è conformata in modo da fungere da coppa dell’olio. In quelli formati da due semicarter che si uniscono secondo un piano orizzontale invece la coppa è generalmente un componente a sé stante, che viene fissato per mezzo di una serie di viti. Negli ultimi anni sono apparsi alcuni motori con lubrificazione a carter secco nei quali il serbatoio dell’olio è incorporato nel basamento stesso.
Lo schema motociclistico che da decenni domina la scena prevede il cambio in blocco, ossia alloggiato nella parte posteriore del basamento, appositamente conformata. Nei due tempi la camera di manovella è totalmente separata dal vano nel quale si trova il cambio, che viene quindi lubrificato in maniera indipendente dal motore. Lo schema tradizionale prevede anche la presenza di due o tre coperchi laterali che vengono fissati al basamento mediante viti.
In passato il basamento spesso chiudeva inferiormente la culla del telaio, ma oggi in numerosi casi fa molto di più. Non di rado infatti il motore è letteralmente incastonato nel telaio, del quale completa la struttura (e in qualche caso può arrivare a sostituirlo!). In diverse moto il fulcro del forcellone oscillante è ricavato direttamente nel basamento. Nello schema pivotless quest’ultimo arriva addirittura a sostituire le piastre posteriori del telaio.
Per molti anni, in un passato ormai lontano, in genere il cambio era separato dal motore. Durante gli anni Venti e Trenta del secolo scorso la maggior parte delle moto era realizzata in questo modo. Il basamento del motore si riduceva a due semplicissimi “semigusci” che si univano secondo un piano verticale a formare una scatola molto compatta e dalla geometria addirittura banale. Tanto il lavoro di fonderia quanto le lavorazioni erano molto agevoli. Nel dopoguerra si è generalizzato il cambio in blocco e la progettazione e la fabbricazione del basamento sono diventate più complesse e impegnative; solo alcuni costruttori inglesi e americani hanno continuato a impiegare lo schema precedente, con il cambio separato. Nelle moto con asse di rotazione dell’albero a gomiti disposto longitudinalmente (come i Guzzi bicilindrici a V e i boxer BMW con raffreddamento ad aria o misto aria-olio) lo schema costruttivo tipico è di tipo automobilistico, con una scatola del cambio separata, che viene fissata alla parte posteriore del basamento mediante una serie di viti.
Oggi in numerosi motori i cilindri non sono amovibili ma integrali con il basamento. Sono infatti incorporati nella fusione del semicarter superiore in vari policilindrici. La soluzione permette un lieve miglioramento della rigidezza strutturale e consente di ridurre il numero delle lavorazioni, ma risulta svantaggiosa per quanto riguarda l’effettuazione degli interventi meccanici.
Pur avendo il basamento costituito da due parti che si uniscono secondo un piano verticale, i motori Ducati della serie Panigale (1199 e 1299) hanno i due cilindri integrali con il basamento; le canne, del tipo riportato in umido, hanno il bordino di appoggio superiore e vengono inserite dopo che i due semicarter sono stati uniti. Pure nei bicilindrici Morini 1200 si adotta una soluzione analoga ma il basamento è monolitico, ossia costituito da un’unica fusione.