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Il circuito del Castellet compie cinquant’anni, e anche se non ospita da un pezzo i Gran Premi del motomondiale resta un luogo molto particolare e quasi magico. Dal ’99 è stato acquisito dal gruppo Ecclestone, dal 2000 è stato profondamente rinnovato, da una decina di anni è stato riaperto al pubblico e offre un’ampia serie di attività, due anni fa ha rivisto la F1. Una pista speciale con una storia curiosa.
Fu proprio Paul Ricard a volere questo circuito. Il magnate marsigliese, nato nel 1909 e scomparso nel ‘97, era un personaggio notissimo in Francia: era stato l’inventore dell’omonimo “pastìs” Ricard, la bevanda aromatizzata all’anice cara ai francesi, industriale (il gruppo Pernod Ricard è oggi secondo al mondo nella produzione di vino e alcolici), artista, designer, produttore di film e pure ambientalista. Oltre a un paio di isole mediterranee (Bendor e Embiez, nella regione della Provenza-Costa Azzurra) acquistate negli anni Cinquanta, possedeva un migliaio di ettari nell’entroterra del Var, sull’altopiano del Castellet nel comune di Signes, e lì negli anni Sessanta costruì un piccolo aeroporto privato.
Al signor Ricard non mancava proprio niente, amava anche gli sport motoristici, e così varò nell’area attigua il progetto di una pista sull'altopiano, alla cui progettazione contribuirono piloti come Jean-Pierre Beltoise (ex motociclista) ed Henri Pescarolo. Ultramoderno e all'avanguardia, il circuito fu inaugurato il 19 aprile 1970, ospitò il suo primo Gran Premio di Formula 1 nel 1971 e due anni dopo anche il motomondiale.
Quella prima edizione del GP di Francia al Castellet, il 22 aprile del 1973, resta nella storia per tanti motivi. Era la prima gara della stagione e Jarno Saarinen realizzò una incredibile doppietta 250-500, con la Yamaha 500 battè Phil Read e la sua MV, con la 250 fece passerella insieme al compagno di squadra Kanaya staccando le due HD di Pasolini e Rougerie. Nella 125 vinse lo svedese Andersson e gli scandinavi allora erano fortissimi, Jarno avrebbe trionfato con la doppietta anche a Salisburgo, poi ad Hockenheim lo fermò soltanto la rottura della catena sulla 500. Il 20 maggio avrebbe perso la vita con Renzo Pasolini nel curvone di Monza.
In quel 1973 i piloti scoprirono una pista fantastica, la più bella che si fosse mai vista. I 5.800 metri del Paul Ricard, con un grip favoloso, il curvone di Signes preceduto da due (due!) chilometri di dritto. E poi la double droite, il pif paf, la Village e la esse de la Verrière, una curva più bella dell’altra: guidare al Castellet era per un motociclista il piacere assoluto.
Personalmente non ho mai più ritrovato, nemmeno al Mugello, quella magia. Sfiorare con la 500 i 300 all’ora in fondo al rettilineo del Mistral, poi scalare una marcia e buttarsi nel curvone a destra di Signes era una favola e quasi dappertutto c’era spazio di fuga. Raccordare bene l’ampia doppia destra successiva, con una traiettoria che si doveva studiare e ristudiare, dava una soddisfazione enorme. Risultati zero, per me al Castellet in due GP e nell’unica 24 Ore del ’78 con la V6 Laverda, le moto allora si rompevano troppo, ma buone qualifiche e la sensazione assoluta della Velocità con la maiuscola.
Sfiorare con la 500 i 300 all’ora in fondo al rettilineo del Mistral, poi scalare una marcia e buttarsi nel curvone a destra di Signes era una favola
La prova francese del motomondiale si alternava con Clermont, Le Mans, Nogaro, anche Magny Cours. Splendida l’edizione 1975 con Ago in 500 e la incredibile doppietta della stella esordiente Cecotto in 250 e 350, memorabili la vittoria in 500 di Marco Lucchinelli nel 1981 del suo titolo e quella dell’86 con il duello in 125 Cadalora-Gresini sulle Garelli.
Dal ’91 si passò al circuito “corto” di 3.800 metri, Loris Reggiani grandissimo andò in fuga nella duemmezzo e Capirossi vinse la 125, poi nel ’96 Biaggi in 250 e Perugini in 125, Valentino nella 125 l’anno dopo e Locatelli nel ’99 per l’ultima edizione del GP di Francia disputato sulla pista del Var. Una gara incredibile fu quella della 250 nel ’98. Ricordate? Harada e Rossi si controllavano e fecero melina, a un certo punto Capirex li riprese ma poi lo staccarono di nuovo. Tre nere Aprilia davanti a tutti.
Ceduto dalla famiglia Ricard al gruppo britannico di Bernie Ecclestone alla fine del 1999, il circuito venne chiuso e completamente rifatto sullo stesso tracciato, per diventare una pista rigorosamente riservata ai test privati per la Formula 1 e altri prototipi. Il luogo è stato modernizzato all'estremo, dotato delle sue famose zone di rilascio abrasivo (una miscela di asfalto e tungsteno) blu e rosso che rallentano i veicoli in caso di uscita di pista.
Stéphane Clair, il direttore del circuito, ha ottenuto dalla Federazione internazionale automobilistica una "certificazione a 3 stelle, che premia le buone pratiche e l'impegno ambientale per lo sviluppo sostenibile".
Sì, perché il Paul Ricard ha riaperto le sue porte al pubblico e agli eventi circa dieci anni fa (noi siamo riusciti ad ambientarci la nostra comparativa delle supersportive nel 2017!), riprogettato per essere sostenibile e in armonia con l’ambiente. Lo è grazie all’impegno di varie misure: il recupero delle acque piovane, la misurazione delle emissioni sonore H24 e la mitigazione dei livelli di rumorosità, il riciclaggio dei pneumatici, lo sviluppo di attività soft come le bici, una flotta di veicoli elettrici, le tettoie fotovoltaiche, stazioni di ricarica e dal 2018 anche una stazione di produzione e distribuzione dei idrogeno. Lavora 300 giorni all’anno grazie al meteo molto favorevole di quella regione: monsieur Paul Ricard ci sapeva fare davvero.