Storie di Concessionari. Il concessionario serve ancora?

Storie di Concessionari. Il concessionario serve ancora?
Sogno di una notte di mezzo inverno: come affrontare l’inverno nucleare del post crisi (ma quanto post?). Kenshiro ipotizza lo scenario futuro della vendita moto in Italia. C'è ancora spazio per il "conce"?
3 dicembre 2012

 Tanti lettori, nei commenti ai miei articoli precedenti, hanno discusso se io fossi un giornalista “travestito” oppure realmente un operatore del settore; purtroppo per me lavoro davvero in questo mondo luccicante, che dall’esterno sembra (come molti altri) solo divertimento, ed invece è, forse più di altri in questo momento, un settore dai forti chiaroscuri e destinato probabilmente a profonde rivoluzioni a brevissimo termine. Prima di quanto pensino operatori, Case e pubblico.

 

Perché non mi firmo con nome e cognome? Per non condizionare voi, e anche per non avere conseguenze, giacché nel 90% delle Case regna una sostanziale, totale, drammatica impreparazione e mancanza di visione.

 

Però, volete mettere la soddisfazione di sentire decine di colleghi parlare di me, o meglio degli articoli, e meravigliarsi di fronte alla quantità di commenti?

 

Torno in tema. Spesso mi chiedo se l’attuale filiera distributiva abbia ancora senso, e senza mezzi termini anticipo il mio parere: dico di no. Innanzitutto preciso che sto parlando della rete di vendita; l’assistenza (ufficiale o no) non fa parte dei ragionamenti che sono presenti in queste righe, parlo solo del commerciale, delle vendite del nuovo. E’ appena finita EICMA, come tanti di voi sono andato a vedere, per lavoro e per passione, le novità e le anteprime. Mi sono fatto una mia idea, ho ascoltato le conferenze delle Case, le solite parolone. Qualche modello interessante in effetti c’è, ma a molti sfugge il reale problema: siamo in crisi, e inoltre rappresentiamo ormai la periferia. Ma su questo torneremo un’altra volta.

 

Tornando alle moto, dopo il salone si sprecano e si sprecheranno articoli, commenti da bar, prove su strada più o meno reali, e ciascuno leggerà della moto dei propri sogni, le critiche non mancheranno, e così pure i tifosi di questo o quel marchio. Alla fine ciascuno avrà scelto la moto dei propri sogni, ed andrà dal concessionario più vicino a vederla di nuovo, forse a farsela spiegare, sicuramente a farsi fare quattro conti per vedere se anche in questi tempi burrascosi riesce ancora a coronare il sogno.

L’usato sarà valutato più o meno bene, forse si potrà anche provare su strada la moto, e alla fine andremo anche a vedere se nei dintorni qualcuno è in grado di “fare meglio”. Dove la parola dintorni, grazie anche alle nuove tecnologie, ha un significato molto vago e soggettivo.

Ed alla fine la moto verrà acquistata, e torneremo a casa con il nostro gioiello, da mostrare agli amici, di cui bearsi al bar, di cui decantare le lodi.

 

Un attimo. Il nostro caro concessionario a cosa è servito? La decisione relativa al modello da acquistare fin dall’inizio era ristretta ad una rosa limitata, e in fondo questo (simpatico?) soggetto ci ha fatto solo vedere (e forse provare) una moto di cui sapevamo più di lui, di cui in fondo al cuore avevamo già deciso la sorte. E non abbiamo scelto la moto, e non abbiamo nemmeno scelto un servizio: ma un prezzo. E quindi si torna alla domanda iniziale: a cosa serve il concessionario?

 

Non abbiamo scelto la moto, e non abbiamo nemmeno scelto un servizio ma un prezzo. A cosa serve il concessionario?

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La prossimità è ricercata nel post vendita, ma per l’acquisto importante, per vedere il nostro sogno siamo disposti a fare strada, anche qualche centinaio di km in alcuni casi. E allora, perché avere concessionari ogni 20 km, il cui unico lavoro è quello di essere parcheggi paganti delle Case?

Il break even di un concessionario è di circa 150 pezzi. Significa che sotto questa soglia un’azienda perde soldi, tanti soldi. E per avere una ragione economica, un senso di vita deve stare almeno a 200. Duecento moto, ma per ogni marchio, non singolarmente. O poco meno se ci sono più marchi. Controllate la classifica vendita per marchio e comparatela con il numero di concessionari dei primi tre marchi del mercato (BMW, Honda, Ducati). E vedrete che i numeri sono ben diversi.

Perché servono duecento (sì, in lettere…) moto per tenere in piedi una struttura?

Semplice, perché contro tutte le evidenze TUTTE le Case ancora raccontano la bella favola della obbligatorietà di essere monomandatari. Con la bella segretaria dedicata, l’officina dedicata, il venditore dedicato, le moto demo, lo stock di moto da show (che però devi pagare, anche quando non le vuoi perché non le vendi), lo stock minimo di ricambi che non si venderanno mai, gli accessori di dubbio gusto e di indubbio prezzo (carissimo)… Ed una infinta duplicazione di costi. Ribaltati sul cliente, e che non producono reddito né servizi.

Non vado avanti oltre con i numeri: parlate con qualunque operatore del settore, vi dirà semplicemente una cosa: non riesce a tirare avanti, le vendite del nuovo sono e saranno un buco nero, per almeno i prossimi 3 o 4 anni. Non è un piagnisteo, è la realtà. Quanti hanno chiuso? E quanti chiuderanno a brevissimo? Guardate alle auto…

 

Per favore, non commentate con la solita frase “vi sta bene”; forse avete ragione, ma poi le moto dove le comprate? Al bar?

 

E allora? Non c’è uno scenario alternativo? Scartando l’assurda possibilità di alzare i prezzi “facendo cartello” (che tra l’altro è pure illegale) e quella di richiedere maggiori margini alle Case, rimane solo una soluzione nei Paesi Avanzati (si, l’Italia lo è in questo caso): la totale sparizione della rete vendita.

Pensateci: pochi selezionati posti dove poter vedere e toccare liberamente la moto dei vostri sogni, strutture pagate e gestite direttamente dalla Casa madre, che a quel punto sarà libera di fare il bello ed il cattivo tempo, avere saloni di millemila metri quadri, con personale altamente formato che saprà vita morte e miracoli della moto dei vostri sogni, e che soprattutto… non sarà interessato a vendere moto. Tanto lo stipendio gli arriva lo stesso. Così le moto ve le potete anche ordinare su Internet, e quando sono pronte vi arrivano a casa con un piccolo sovrapprezzo, grazie ad un affabile corriere, oppure ve la andate a prendere in pochi, selezionati punti di distribuzione.

La Honda NC700X, una dei best seller 2012
La Honda NC700X, una dei best seller 2012

Così forse sparirebbero quei modelli per pochi, che tutti reclamano ma nessuno compra: il vero mercato delle moto è fatto di non più di 35/40 modelli fra tutte le marche, il resto… sono modelli di nicchia, giacenze di magazzino, obblighi di acquisto che il concessionario deve smaltire raccontando chissà quali panzane, e che quando va bene non fanno perdere soldi. Con tutti i relativi costi di stoccaggio, giacenza, finanza, obsolescenza, …

Questo permetterebbe di abbassare in termini reali i prezzi al cliente finale di almeno 8-10 punti percentuali, grazie alla sparizione di un intermediario, di costi fissi, di rischi imprenditoriali, di obsolescenza dello stock. E questa volta i prezzi sarebbero chiari, senza più caccia allo sconto selvaggio, senza il bluff “un tuo collega qua vicino mi fa molto meno”… I prezzi saranno più bassi, ma fissi, stabiliti dalle Case. E senza ritiro usato. Come già è negli elettrodomestici, come dovrebbe essere nelle auto. Internet non ritira l’usato, e le Case neppure.

 

E allora l’usato? Semplice, gli attuali concessionari, radicati sul territorio, e liberi da impegni di stock, dovranno e potranno convertirsi a quello; quando vorrete vendere la vostra bella, ormai obsoleta di fronte alle mille meraviglie di ogni salone, vi recherete da uno di questi professionisti, che analizzerà la vostra moto e vi formulerà la sua offerta di acquisto (della serie: pochi ma maledetti e subito, e fine dei problemi!), oppure la venderete (come già molti fanno) su Internet, o ancora vi affiderete al conto vendita; in questi due ultimi casi il rischio di vendita, la garanzia e l’incombenza rimarranno su di voi.

E l’assistenza? Quella non sparirà; i meccanici dovranno professionalizzarsi, partecipare a corsi, già previsti dalla normativa attuale, e fare davvero assistenza. Chi sparirà sarà il meccanico “facilone” e disorganizzato, che parla molto e che tecnica poco. Ma questo è l’argomento di un altro volo pindarico.

 

Sono molto serio e sereno su quello che scrivo, e se analizzate bene la situazione, quella che descrivo è la naturale evoluzione del sistema. Siamo onesti: davvero quando è ora di cambiare moto siamo indecisi fra decine di modelli?

Quanti chilometri siamo disposti a fare per acquistare a un po’ meno, e poter vantarci di questo con gli amici (magari bluffando clamorosamente…)?

Quante volte ci fidiamo del dealer come consulente (come dovrebbe essere) e quante invece lo vediamo come avversario?

E quanto invece vale la prossimità e la vicinanza quando è ora di fare assistenza?

 

C’è qualche possibilità differente da questo sogno che ha i contorni di un incubo? Si, una ci sarebbe, ma le Case non lo faranno mai. Primo perché non rinunceranno facilmente a parcheggi paganti, e secondo perché il management è fatto nella stragrande maggioranza dei casi da personaggi con limitate capacità di visione, che da sempre si limitano a turare le falle anziché ripensare il sistema.

La visione è questa: pochi mega centri, forse solo uno per città, in cui il motociclista trovi tutte, ma davvero tutte le marche; una piccola EICMA in ogni città, in cui vedere, informarsi, capire ogni singolo modello. E in cui la proprietà delle moto sia delle Case stesse, che pagheranno a questi centri l’affitto dello spazio prescelto (grande, piccolo, medio…) e che li remunereranno con una piccola provvigione in caso di vendita, al prezzo prefissato dalle case. Come coi telefonini di marca.

Pochi mega centri, forse solo uno per città, in cui il motociclista trovi tutte le marche; una piccola EICMA in ogni città

Di nuovo, prezzi più bassi, nessun costo di stock, nessuna imposizione, ed un enorme vantaggio: un venditore che sia primariamente un consulente. Che dia finalmente un servizio. Non vi proporrà la moto dove guadagna di più, o quella che sta in casa da più tempo: vi proporrà una soluzione. E vi sconsiglierà quelle commercialmente o tecnicamente non valide. Tanto non gli costa nulla.

L’usato? Si potrà sempre farselo acquistare, o metterlo in conto vendita. E ci sarà anche l’assistenza, ma separata, che vivrà di risorse proprie.

 

Così le tre “business unit” del dealer (collegate o meno, a questo punto è ininfluente) dovrebbero automantenersi, e non essere funzionali a qualche altra motivazione che non sia la loro sopravvivenza e prosperità.

 

La differenza rispetto alla prima soluzione sembra un sofismo, ma non lo è, affatto: è sottile ma lampante e risolutiva. E con qualche posto di lavoro in più, ed un maggior rispetto per chi tiene tutta questa baracca in piedi: il cliente.

Vi pare poco?

 

Kenshiro

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