Il decalogo del Motopescatore

Il decalogo del Motopescatore
Moto e pesca non sono le due attività che il cervello associa con maggior naturalezza. Ma convivono con maggior facilità di quanto non pensiate, come ci racconta l'amico Franco
14 gennaio 2013

L'amico Franco Vanni ha un blog, su cui racconta tipicamente delle sue esperienze di pesca. Ma l'altra sua passione, la moto, a noi interessa di più. Siamo quindi ben felici di pubblicare questo simpatico "decalogo del motopescatore", che dimostra - ma noi lo sapevamo già - che la moto è un mezzo molto, molto più versatile di quanto non si pensi...

 

Vado in moto da quando avevo 14 anni. A pesca, da molto prima. Era inevitabile che le due passioni si sarebbero incontrate, un giorno. Nella fattispecie, un giorno di dicembre: anno 1997, parecchi gradi sotto lo zero. A bordo di uno scooter Peugeot Metropolis 50, di ritorno da un Cappottone a lucci (certe tradizioni non cambiano mai), Jacopo ed io finimmo per errore in Tangenziale. Avevamo 30 anni in due, la metà di adesso. Jacopo aveva i jeans impregnati di acqua ghiacciata. Acqua del fiume Adda, in cui si era infilato per recuperare un’esca a cui tenevo. A proposito: grazie ancora Jacopo. I reati si prescrivono, i gesti eroici no. Da allora ho più volte cambiato moto e attrezzature da pesca. Quello che non è cambiato è il rapporto fra di loro: le mie moto devono sapere convivere con le mie canne da pesca e viceversa. Ogni tanto - anzi, il più spesso possibile - ci capita infatti di andare a spasso tutti insieme.

 

Per me le due passioni sono inscindibili. Il mio gilet da pesca è in realtà un gilet multitasca da moto, riadattato all’uso. Negli ultimi 15 anni sono andato a pescare pesci serra in Toscana a casa di Francis con una Triumph Bonneville, viaggiando di notte. Con una Moto Guzzi V7 sono arrivato al lago di Viverone all’alba in gennaio con -6 gradi. E in moto mi sono spinto fino a Istanbul dove, non avendo con me canna e mulinello, ho solo potuto invidiare i pescatori del posto (vedi il punto 10: il kit da viaggio). Ora la moto che mi accompagna sul torrente o fino in spiaggia è una Honda Transalp 700.

 

Su consiglio dell’amico motociclista Ulderico Falanga, che scrive per il sito web www.moto-ontheroad.it, ho deciso di trasformare la mia esperienza in un piccolo decalogo, costruito sugli errori passati, e destinato ad essere modificato in futuro in base agli errori che ancora farò. Una “guida minima”, che spero possa essere utile ai motociclisti che cominciano a pescare, come ai pescatori che per la prima volta si avvicinano al mondo delle due ruote a motore.

 

LA CANNA: Il primo e unico vero problema dell’andare a pesca in moto consiste nel trasporto della

Una canna da viaggio si porta comodamente anche in moto
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 canna. Escludete di portare in autostrada una monopezzo da 2.10 metri! Le canne da lancio in due pezzi (che da smontate sono lunghe in media poco più di un metro) si possono fissare alla moto con cinghie e fascette di teflon. Oppure si può metterle nello zaino, di modo che una parte esca dalla zip verso l’alto, come fosse un’antenna. La soluzione migliore consiste però nell’acquistare canne “travel”. Ne esistono due tipi: telescopiche o composte da più sezioni scomponibili. Quando comprate una canna da viaggio, controllate che da smontata stia in una delle borse laterali o nel bauletto!

 

IL BAGAGLIO: L’attrezzatura da moto e quella da pesca hanno una cosa in comune: sono molto ingombranti. Per questa ragione quando si va a pesca, anche per battute da poche ore non lontano da casa, è sempre bene attrezzare la moto con tutte le valigie possibili: borse laterali e bauletto. Lo spazio non è mai troppo. Dove in marcia trovano posto gli stivali ascellari da pesca (i waders) e il gilet multitasca, una volta fermi si ripongono casco e stivali di pelle. Ovviamente sotto chiave, per evitare di tornare esausti dal fiume e scoprire che qualcuno ha dato una controllatina nelle nostre borse. Per questo quando si va a pescare è meglio lasciare a casa la borsa del serbatoio, che non avendo serratura non può essere lasciata montata sulla moto. Se si va a pesca su un fiume, in un torrente o in kayak è impensabile portarla con sé a tracolla!

 

IL CAMBIO D’ABITO: Le complesse e spesso comiche operazioni di “cambio d’abito” richiedono tempo. Passare in pochi minuti da una tenuta integrale in Gore Tex da moto agli stivaloni in lattice può non essere uno scherzo. Una buona idea è impietosire i gestori di bar e hotel nei pressi del luogo di pesca, chiedendo di potere usare una qualunque stanza come camerino. Solitamente viene offerto dal gestore un magazzino o l’anticamera del cesso. Altra possibilità, più pratica e “sportiva”, è cambiarsi per strada, restando in mutande nella piazzola di sosta di qualche stradina provinciale di collina. Il modello di riferimento è la scena del film una Notte da Leoni in cui i protagonisti indossano lo smoking per andare al matrimonio dell’amico. Nel caso cambio “al volo” è molto importante stare attenti a non perdere nulla per terra nel trambusto.

 

Il livello dei fiumi può variare in modo repentino. Evitate di lasciare la moto al livello dell’acqua: se il fiume sale, al ritorno ritroveremo la nostra moto che nuota con i pesci.

L’ACCESSO AL FIUME: Se disponete di una moto enduro, o se avete comunque una buona conoscenza del luogo di pesca e sapete come muovervi nel fuoristrada più facile, potrete permettervi il lusso di lasciare la moto a due passi dal fiume. Dove le Fiat Punto devono fermarsi, la nostra moto arriva con facilità: piste bianche malmesse, saliscendi, mulattiere ampie e asciutte e sponde non asfaltate sotto le nostre ruote sono come grigio asfalto. Inutile dire che farsi strada verso il fiume in sella è anche divertentissimo! L’importante è non lasciarsi prendere troppo la mano: sgasare lungo il fiume potrebbe non fare felici, anzitutto, gli altri pescatori. Come sempre, tutto sta ad avere il senso della misura. Altra indicazione: per diverse ragioni (precipitazioni e apertura delle dighe), il livello dei fiumi può variare in modo repentino. Per questo è bene evitare di lasciare la moto sul ghiaino della sponda al livello dell’acqua: se il fiume sale, al ritorno dopo la pescata ritroveremo la nostra moto che nuota con i pesci. Meglio allora lasciarla al sicuro, sopra gli argini di sicurezza.

 

I TRASFERIMENTI: Una volta indossato l’abbigliamento da pesca, soprattutto se avete i waders, la voglia di vestirvi nuovamente da moto per spostarvi da uno spot all’altro lungo il fiume sarà minima. Anzi, sarà nulla. Per questo vi capiterà inevitabilmente di fare alcuni km in sella vestiti di tutto punto da pescatori, con la canna montata incastrata da qualche parte, gli stivaloni, il gilet multitasche pieno di esche. Bene: sappiate che così agghindati sarete come carta moschicida per vigili urbani e carabinieri che doveste incontrare lungo il tragitto. Il consiglio è quindi di tenere a portata di mano i documenti della moto (in una busta impermeabile) anche quando si è in “assetto” da pesca, di modo da non dovere scavare nelle borse nel caso doveste essere fermati.

 

Con l'equipaggiamento giusto nemmeno l'alba invernale spaventa il motopescatore
Con l'equipaggiamento giusto nemmeno l'alba invernale spaventa il motopescatore

I CLIMI RIGIDI: Fatta eccezione per chi abita a Novosibirsk, la moto si può usare per 12 mesi l’anno. Gore Tex, manopole riscaldate, copertina Tucano anche per le maxi enduro e altre diavolerie tolgono ogni scusa a chi si ostina a sostenere che in inverno “fa troppo freddo per andare in moto”. Questo vale in generale, soprattutto per il tragitto casa – ufficio. Per il motopescatore la questione è più tosta, visti gli orari a cui la passione alieutica ci costringe. Svegliarsi alle 5 a Milano in gennaio e raggiungere il lago di Viverone al buio in autostrada può non essere gradevole. Soprattutto se poi in sei ore di pesca dalla barca, in quattro, si prendono zero lucci. Allora: qual è la soglia di sofferenza tollerabile? Quale il livello di ostilità climatica oltre cui non vale più il principio della moto “sempre e comunque”? La risposta è soggettiva, ovviamente. E il mondo dei motociclisti è vario. C’è chi a 20 gradi monta i paramani pelosi e non toglie la copertina nemmeno in agosto. E c’è chi all’Elefantentreffen si scalda solo con una maglietta dei Motorhead e molte birre nello stomaco. Tutto sta a trovare la propria collocazione fra questi due estremi.

 

LA SOLITUDINE: A noi motociclisti stare soli piace. La moto è un mezzo di trasporto per una persona, e il passeggero è appunto passeggero. Sale e poi scende. Questo vale anche per i passeggeri più affezionati (tipicamente, la fidanzata o la moglie) con cui si sono fatte e si faranno decine di migliaia di km. Ogni moto ha un proprietario, non due. Discorso analogo vale per i giri con gli amici: quattro motociclisti a spasso insieme restano quattro motociclisti, non sono una comitiva. Funziona così anche per la pesca. Andare a pescare con gli amici è bellissimo. Le battute di pesca, come i viaggi in moto, creano grandi complicità. Ma è bello anche pescare da soli fra alberi, sassi, cascate, silenzio, fruscii. La pesca di un pesce, poi, raramente è un evento collettivo: da una parte del filo c’è la trota, dall’altra c’è una persona. Il discorso cambia per la traina, dove comandante e pescatore sono una cosa sola. Insomma: pesca e moto si somigliano nell’approccio. Detto questo, la solitudine del trasferimento in moto può fare girare le balle. Quando vedi gli amici infilarsi in auto tutti insieme dopo una giornata sul fiume, già sai che scherzeranno sulla pescata conclusa, si scambieranno impressioni, si prenderanno per il culo. E tu, che come compagnia hai solo il frullare del motore, ti senti un po’ come la Grecia in Europa.

 

GLI ALTRI: A eccezione di chi fa enduro sulle mulattiere vietate alle moto, rompendo le palle a escursionisti e cercatori di funghi, il motociclista è generalmente benvoluto dalle persone che incontra. Ognuno di noi ha i suoi aneddoti da raccontare. Il ristoratore che ti vede arrivare stanco nella giacca di pelle ti stappa la bottiglia migliore. I ragazzini che si fanno fotografare con la tua moto. Il marinaio che in traghetto ti fa salire e uscire per primo. Lo stesso non vale per il pescatore. Le donne, anzitutto: tranne rare eccezioni, non capiscono e non possono capire. Facendo un brain storming fra le signore sulla parola “pesca” i concetti collegati sarebbero inevitabilmente: vermi, puzza di pesce, “poveri pesci”. Al motociclista che si accosta al fiume tocca quindi fare il callo all’idea che la sua nuova passione non gode della simpatia generale. All’inizio è dura, poi ti abitui. E sta a te dimostrare con gesti e parole che la pesca se fatta in modo responsabile non intacca la natura, non altera gli ecosistemi eccetra eccetra. In alcuni casi funziona, in altri no. Ci sarà sempre l’integralista che considera la pesca alla trota catch and release (pesca e rilascia) come lo sterminio di cuccioli di foca. Ma così è la vita. E tanto l’integralista ti odia comunque: per lui la moto e il petrolchimico di Marghera inquinano allo stesso modo.

 

Fra pescatori, al bar o nei negozi di pesca il clima è disteso, il cameratismo è massimo. Sul luogo di pesca è un’altra storia: la vista di un altro pescatore non è quasi mai una bella sorpresa.

GLI ALTRI/2: Fra motociclisti, quando ci si incontra, si è felici. Ci si saluta per strada, ci si saluta all’Autogrill, si diventa amici in traghetto. Fra pescatori quando ci si incontra è un po’ diverso. Al bar o nei negozi di pesca il clima è disteso, il cameratismo è massimo. Incompresi dal resto dell’universo, i pescatori condividono un segreto. Il bon ton vuole che, lontani dall’acqua, non ci si metta in competizione. Sul luogo di pesca è un’altra storia: la vista di un altro pescatore non è quasi mai una bella sorpresa. L’altro pescatore potrebbe farti scappare i pesci con gesti maldestri. Oppure, molto peggio, potrebbe prendere all’amo i TUOI pesci! La differenza fra moto e pesca è che, mentre le strade sono infinite, i pesci non lo sono. Non almeno nello specchio d’acqua in cui hai deciso di pescare. Altro elemento: i nemici comuni. A unire i motociclisti è il disprezzo per gli autovelox, i vigili urbani troppo pignoli, il brecciolino in curva, il meteo variabile e – soprattutto – gli automobilisti. Su una strada in montagna è meglio incontrare 60 moto in entrambe le direzioni che dovere sorpassare tre auto. Anche fra pescatori i nemici comuni esistono: l’inquinamento, i prelievi idrici, le dighe mal concepite. Ma non basta. Quando sei sul fiume vuoi essere solo, con o senza i tuoi amici. Le eccezioni ci sono, ma sono appunto eccezioni.

 

IL KIT DA VIAGGIO: Un mio vecchio sogno è farmi un mini kit per pescare ovunque, senza dovere programmare nulla, durante i viaggi in moto. Un pacchettino piccolo abbastanza da stare in una delle borse laterali senza rubare spazio. E che possa seguirmi ovunque mi portino le due ruote: nei giretti domenicali e nei lunghi viaggi di due settimane o più. Un kit adatto a pescare in ogni acqua che mi si pari davanti, dal Bosforo ai fiordi Norvegesi, passando per Ostia e per la foce del Po. Il kit lo immagino così: canna scomponibile 2,40 metri, azione 10-30 grammi. Mulinello 3000 con due bobine di filo: 0.20 e 0.30. Qualche artificiale da lancio (Mepp’s 2 e 3, Rapala 7 e 9). Un sughero su cui fissare: una montatura da fondo (piombo 30 grammi e lenza a bolentino), una piumetta da traina leggera, un galleggiante piombato con lenza libera. Sono mesi che mi ripropongo di fare il kit. E giuro, lo farò.

 

Franco Vanni


 

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