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Nella storia del motorismo le soluzioni ardite o comunque fuori dagli schemi non sono certo mancate. Erano dovute a progettisti dalla straordinaria creatività, che talvolta si innamoravano di idee al limite dell’utopia. Alcuni erano non solo tecnici ma anche artisti e sognatori e hanno scritto pagine meravigliose nel libro della evoluzione motoristica, anche se tante loro proposte non hanno avuto poi seguito.
Quello delle distribuzioni desmodromiche è un grande capitolo, ricco di schemi pittoreschi e innovativi. Di essi pochissimi hanno avuto successo, ma quando ciò è avvenuto i risultati sono stati straordinari. A imporsi sono state le soluzioni proposte dalla Mercedes-Benz, le cui monoposto a otto cilindri in linea hanno dominato il mondiale nei due anni in cui vi hanno preso parte (1954-55), e della Ducati. Questa casa ha legato indissolubilmente il suo nome alla soluzione desmo, che ha realizzato in più versioni e con le quali ha ottenuto un numero straordinario di successi, tra i quali spiccano quelli in MotoGP e in Superbike.
Anche la Osca ha impiegato con buoni risultati la distribuzione desmodromica in un paio di vetture da competizione della categoria Sport (come si chiamava allora), nella seconda metà degli anni Cinquanta e all’inizio del decennio successivo. L’americana Scarab ha corso in alcune gare del mondiale di Formula Uno nel 1960 con un motore che impiegava una distribuzione assai simile a quella della Mercedes. La casa tedesca in effetti ha aperto un’era, dimostrando la validità della soluzione desmodromica. E infatti a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta diversi costruttori hanno sondato questa strada, proponendo schemi spesso molto interessanti e talvolta anche realizzando motori desmo poi provati a lungo. Quasi tutti sono rimasti allo stadio di prototipo, ma alcuni sono anche scesi in pista, sia pure in maniera sporadica.
Già a partire dagli anni Dieci del Novecento comunque le proposte in questo campo, che non di rado prevedevano soluzioni assai diverse una dall’altra, non sono mancate. La maggior parte di esse è però rimasta sulla carta.
Progettisti dalla straordinaria creatività, che talvolta si innamoravano di idee al limite dell’utopia. Alcuni erano non solo tecnici ma anche artisti e sognatori e hanno scritto pagine meravigliose nel libro della evoluzione motoristica
Le distribuzioni desmodromiche utilizzanti un sistema “a slitta” sono state tra le prime ad essere ideate. Una è stata anche impiegata in qualche gara dalla Delage, in una vettura denominata tipo S che è arrivata ottava nel GP di Francia del 1914 e quinta a Indianapolis nel 1916. Non si è rivelata vincente, ma comunque funzionava. Il sistema forse si ispirava a quello della Peugeot del 1912, che però aveva le valvole richiamate da molle elicoidali (il richiamo desmodromico interessava solo le punterie, dotate di opportuna conformazione). Disegnata dall’ing. Michelat, la distribuzione impiegata dalla Delage prevedeva per ogni coppia di valvole una punteria avente una geometria che potrebbe essere definita “a staffa”, per rendere l’idea; su di essa agivano tre eccentrici coassiali, due dei quali provvedevano alla chiusura (quello centrale invece era di apertura). La punteria era solidale con una forcella trasversale, posta inferiormente, che “afferrava” gli steli di due valvole, comandandone il movimento.
Per lungo tempo di soluzioni di questo tipo, con una staffa a scorrimento rettilineo, non si è più parlato. Negli anni Cinquanta però uno dei sistemi ideati dalle case motociclistiche, improvvisamente interessatesi al desmo per via dei successi delle Mercedes, prevedeva un sistema a slitta, che tutto sommato poteva essere considerato un lontano parente di quello della Delage, rispetto al quale era più semplice e lineare, con una punteria a staffa per ogni valvola. L’idea base in fondo era analoga. Si tratta della distribuzione desmodromica realizzata (e debitamente provata) dalla Mondial nel 1955-56. Ognuno dei due alberi a camme alloggiati nella testa muoveva una valvola in entrambi i sensi grazie a due eccentrici di forma complementare. Questi ultimi agivano su una punteria che aveva una conformazione a staffa; ciò consentiva alla camma di apertura di premerla verso il basso per determinare il sollevamento della valvola dalla sede e a quella di chiusura di “tirarla” verso l’alto (unitamente allo stelo della valvola, ad essa vincolato) in fase di richiamo. Il sistema funzionava, ma aveva fondamentalmente due limiti, di importanza non trascurabile per un motore veloce: le masse in moto alterno erano considerevoli e l’attrito della staffa (o slitta che dir si voglia) non poteva essere tanto trascurabile. Le prove non hanno mostrato vantaggi degni di nota rispetto alla soluzione convenzionale, con le valvole richiamate dalle molle, e tutto è finito lì. È interessante segnalare che la Mondial ha successivamente pensato a un altro sistema di distribuzione, con bilancieri di apertura e di richiamo, forse rimasto sulla carta (esiste un disegno).
La scuola motoristica mitteleuropea è sempre stata di elevato livello e c’è da pensare che se i costruttori cechi e di quella che all’epoca era la Germania dell’Est avessero avuto i mezzi (ovvero i soldi) di quelli dell’Europa occidentale la storia delle moto da competizione sarebbe stata ben diversa… ESO è stato un marchio di grande importanza nello speedway e a suo tempo le moto prodotte da questa piccola azienda di Divisov, oggi nella Repubblica Ceca, sono state ben note anche in campo crossistico. Nei primi anni Sessanta questa casa, assorbita nel 1964 dalla Jawa, ha realizzato un motore con distribuzione desmodromica del tipo a slitta che, installato in una moto da cross, è anche stato impiegato in gara. Il sistema utilizzato era analogo a quello della Mondial. Pure qui vi erano due alberi a camme, ognuno dei quali muoveva nei due sensi una valvola per mezzo di due eccentrici con profili complementari, che in questo caso però erano disposti a sbalzo, cosa che agevolava l’installazione delle punterie a slitta e delle relative guide. Lo schema era coperto da brevetto, rilasciato al tecnico Jaroslav Cervinka. La testa di questa moto ho potuto fotografarla al mercatino di Reggio Emilia, dove era in vendita, nella seconda metà degli anni Novanta.
Di recente però ho avuto un colpo di fortuna ancora maggiore, che merita senz’altro due parole. La straordinaria collezione di quella autentica enciclopedia del cross che è Gian Pio Ottone comprende oltre duecento splendide moto da fuoristrada, alcune delle quali vittoriose nei campionati mondiali. Ci sono anche tre ESO. Ne avevo già fotografate due con motore ad aste e bilancieri ma ce ne era una terza con una testa dalla strana conformazione. Anzi, era dotata di una vera e propria scatola di alluminio (ovvero di un “castello”, come talvolta dicono i tecnici) piazzata subito sopra la testa vera e propria, la cui parte superiore era stata opportunamente fresata. Si imponeva un’occhiata e, così qualche giorno fa si è provveduto alla rimozione del coperchio per osservare gli organi interni. La sorpresa è stata straordinaria. Questo motore ha una distribuzione desmodromica, realizzata con uno schema assolutamente unico. Pure in questo caso si tratta di un sistema a slitta, ma l’albero a camme (diviso in due parti vincolate una all’altra a livello dell’ingranaggio centrale) è disposto longitudinalmente e non trasversalmente. In altre parole, ha l’asse di rotazione non parallelo ma perpendicolare a quello dell’albero a gomito!
Questo sistema, che il tecnico ceco Karel Horak ha brevettato nel 1962 (ma la moto che lo impiega è stata realizzata diverso tempo dopo), prevede per ogni valvola una punteria a staffa, scorrevole lungo due guide, che si muove in entrambi i sensi. Ad azionarla, assicurando l’apertura e la chiusura, provvedono eccentrici troncoconici dalla geometria complessa. La raffinatezza meccanica e la complessità realizzativa sono evidenti. L’albero a camme prende il moto da un alberello verticale collocato lateralmente al cilindro per mezzo di un rinvio a vite senza fine e di ingranaggi cilindrici.
Questa ESO potrebbe essere un esemplare unico. Non è ben chiaro infatti se ne sia stata realizzata un’altra. Di certo il buon Horak per recarsi al lavoro ha utilizzato per anni una moto dotata di una testa desmodromica di questo tipo, ma leggermente diversa come conformazione.