Il futuro di Norton: ne parla il proprietario Stuart Garner

Una bella chiacchierata tra il boss di Norton Motorcycles e il collega inglese Nick Berkeley ci svela che Stati Uniti e Giappone hanno ordinato circa 800 Commando 961. E in Italia ne circolano oltre 40grassettograssettograssettograssettograssetto
23 maggio 2013

L’intervista a Stuart Garner


Lo scorso maggio, il collega inglese Nick Berkeley ha pubblicato sul sito Bikerglory.com una sua articolata intervista a Stuart Garner, per verificare l’attuale status quo dell’azienda anche in vista del trasferimento, previsto per la metà del prossimo giugno, nella nuova sede di Hastings House compresa nella suggestiva tenuta di Donington Hall, a pochi chilometri dall’attuale stabilimento di Donington Park. Ne riportiamo alcuni stralci.


Ho l’impressione che costruendo moto su ordinazione il margine di guadagno non sia così elevato…Che mi dici in merito?

«Si tratta di economia di scala. Abbiamo sempre saputo che con l’aumento della produzione avremmo dovuto farci tutto in casa e razionalizzare la catena di fornitura: così facendo il margine di guadagno aumenta.
E’ differente quando si ha a che fare con volumi produttivi molto maggiori. In quel caso, per dire, puoi approcciare una fabbrica in Cina e ottenere che produca esclusivamente per te, secondo le tue specifiche e i tuoi livelli di controllo qualitativo. Il che torna enormemente più comodo ed efficiente che iniziare una consistente produzione autonoma, con i costi e gli oneri che ne conseguono. Per quanto ci riguarda, siamo sufficientemente flessibili per costruirci le moto in casa».


Hai parlato della Cina perché hai dei trascorsi laggiù…

«Si parla di oltre vent’anni fa. La cosa interessante è che iniziammo ad acquistare dalla Cina, mentre oggi siamo noi che vendiamo a loro i nostri prodotti. Questa è l’economia. Questa è l’importanza di un marchio.
C’era la percezione che un prodotto cinese fosse di bassa lega, economico e brutto. Il che derivava semplicemente dal fatto che il cliente chiedeva alla fabbrica di produrre nel modo più economico possibile. Loro ti danno esattamente quello che chiedi, ma sono perfettamente in grado di produrre anche componenti di altissima qualità. Di per sé non producono robaccia, ma semplicemente seguono alla lettera i capitolati dei clienti. Insomma, si ottiene per ciò che si paga, è così semplice…».

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Stuart Garner, Norton
Stuart Garner, Norton

Tempo fa citavi MV Agusta come modello da seguire. Puoi spiegarci meglio a cosa ti riferivi?

«MV ha in atto un’operazione di “knock down” in Brasile. In pratica, nello stabilimento di Manaus si assemblano le moto con componenti provenienti da svariate parti del mondo. Dopodiché si spediscono le moto complete ovunque, Italia compresa. Così facendo, si evitano tasse di importazione e si massimizzano i margini di guadagno. Tutti i più grossi fabbricanti stanno facendo la stessa cosa».


Non ti ha sorpreso che Triumph ci abbia messo così tanto per iniziare a lavorare in Thailandia? Ricordo di aver scritto, un paio d’anni prima del crollo della sterlina, riguardo all’importanza dell’Asia come enorme mercato ancora lungi dall’essere saturo, oltre che come potenziale base produttiva; e non fui certo il solo a pensarla così. La cosa sembrò ovvia a lungo, come del resto il discorso di produrre moto di piccola cilindrata per iniziare a “invadere” il territorio: KTM l’ha fatto, loro sono stati i più reattivi…

«Poni la stessa domanda a John Bloor (proprietario di Triumph, ndr), ma fallo tenendoti ben lontano da lui….Si tratta di un cammino molto, molto lungo, non di andare semplicemente laggiù e iniziare a lavorare. Tutto nasce da uno schizzo su un foglio, poi seguono i disegni, i progetti al CAD, le maquette, l’industrializzazione…».


Una domanda teorica: quanto tempo pensi ti ci vorrebbe per iniziare a produrre le Norton a Mumbay, in India?

«Beh, noi le moto le abbiamo già pronte, e le stiamo omologando a livello di emissioni in tutto il mondo. E in teoria, se finanziariamente fosse conveniente assemblarle India, potremmo farlo con relativa rapidità. Ma se dovessimo iniziare da zero….No, non mi ha affatto sorpreso che Triumph abbia impiegato un po’ di anni per iniziare a produrre in Thailandia. Al momento il fatto che Norton sia un marchio rigorosamente inglese è un fondamentale per noi, ma n teoria quel che dici si potrebbe fare».


Attualmente, la Norton rappresenta l’obiettivo primario nel tuo giro d’affari?

«Beh, si tratta di affari privati, e non sento la necessità di parlarne. Quel che vorrei dire, però, è che Norton deve ancora lasciarsi completamente alle spalle quei difficili primi anni in cui il marchio è passato di mano un po’ di volte, e che se nel frattempo avessi dovuto affrontare problemi davvero seri l’avrei fatto senza coinvolgere le mie altre aziende».

 

Norton Commando 961 SF
Norton Commando 961 SF

Non esistono leggi che impediscano di possedere un’azienda motociclistica pur avendo anche altri interessi differenti, vero?

 

«Evidentemente no. Tant’è che gli altri interessi di Mr. Bloor sono stati la chiave che ha portato al successo di Triumph».


Pensi che qualunque individuo, oggi come oggi, potrebbe mai intraprendere un’operazione del genere dal nulla, arrivando nel tempo alle dimensioni attuali di Triumph?

«Le cose sono cambiate. Oggi tutto è corporativo, commerciale. Ci sono troppi ostacoli da affrontare, è molto difficile per un singolo individuo riuscirci di questi tempi: oggi il sistema è massicciamente contro le iniziative individuali».


Parliamo della recente acquisizione della tenuta di Donington Hall, e delle altre proprietà annesse, come nuovo quartier generale. Sembrerebbe una operazione volta più agli altri tuoi interessi imprenditoriali che specificamente a beneficio di Norton. Dev’essere stato un investimento molto consistente.

La nuova sede Norton di Hastings House
La nuova sede Norton di Hastings House

«A suo tempo potrai consultare la documentazione relativa all’operazione, e verificare i termini dell’acquisto: al momento, per contratto non posso rivelare ancora nulla. Quel che posso dirti è che Hastings House, l’altra proprietà compresa nell’affare, misura circa 4200 mq. Quella sarà la nuova sede della Norton».


Quella attuale invece quanto misura?

«Circa 740 mq, quindi Hastings House è quasi sei volte più grande».


Ma come si giustifica un’espansione del genere per un’azienda che costruisce moto su ordinazione?

«Magari sembrerà una mossa non appropriata, in questo momento, ma lo diventerà in futuro con il crescere dell’azienda. In tutta onesta, questa opportunità è arrivata un po’ prematuramente, ma il suo potenziale è enorme. Noi stiamo comprando in un periodo in cui il mercato è al minimo, quindi questo affare è da considerare un puro e semplice investimento, studiato prima ancora di iniziare a valutarne le opportunità offerte da Hastings House e il potenziale beneficio per Norton».

 

Norton Commando 961 SE
Norton Commando 961 SE

Quando uno oggi decide di comprarsi una Commando 961, lo fa perché è attratto dal carisma del marchio, non necessariamente per le effettive qualità intrinseche della moto.

 

«Ecco perché a livello di merchandising lavoriamo con marchi di qualità come Belstaff. Specialmente al di fuori del Regno Unito, il marchio ha la medesima importanza della moto stessa per l’acquirente, che è sempre molto attratto anche dal relativo merchandising».


Il marchio è una sorta di passaporto globale per Norton, dunque?

«Esattamente. Noi stiamo per presentare la nostra moto presso l’ambasciata inglese di Tokio perché siamo la Norton, non la “Garner Motorcycles».


State trattando con qualche distributore giapponese?

«Abbiamo un contratto con Norton Japan, con ordini per 400 moto già in essere senza che se ne sia mai vista ancora una nelle vetrine dei concessionari giapponesi. Esistono metodi diversi per vendere moto all’estero. In alcuni casi, le Case costruttrici sono anche titolari dei vari distributori locali, come Triumph, per esempio».


Il che in definitiva sembrerebbe la soluzione più redditizia.

«La maggior parte dei nostri volumi di vendita attualmente riguarda la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, quindi ho pensato che avremmo duvuto occuparci direttamente della distribuzione anche laggiù: Norton America, dunque, è di nostra proprietà, e i 20 concessionari hanno nei cassetti più o meno lo stesso numero di ordini del Giappone. Entro un paio di settimane inizieremo a costruire le moto per il mercato americano. Ma le moto non sono tutto, bisogna realizzare anche tutto il materiale informativo, ovvero i manuali d’officina, i disegni tecnici dettagliati di ogni singolo particolare per i part list dei ricambi, i libretti delle istruzioni per i clienti. La stesura di un manuale d’officina richiede un anno di lavoro per una persona. E in cima a tutto, ovviamente, ci sono le regole di omologazione riguardanti le emissioni, ma attualmente ci manca solo l’ok dalla California».


In quanti siete attualmente, e c’è qualcosa di particolare che vorresti dirci riguardo al futuro di Norton?

«Attualmente siamo una quarantina di persone, e stiamo uscendo da un periodo molto critico: stiamo consegnando le moto, e stiamo capitalizzando».

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