Locatelli, Pirovano, Lai, Meda: docenti speciali della scuola Corsidiguida.it, con l’ombra di “Pierino”. Perché nessuno è perfetto. E il piacere di conoscere un allievo speciale come Marco Confortola | M. Temporali
L’effetto è un po’ quello della cara, vecchia scuola superiore: maestri e allievi, programma della giornata, rigore, numeri, parole. Ma se credete che i piloti (e i giornalisti) abbiano l’impostazione e la serietà di un professore di astrofisica nelle giornate di corsi di guida, vi disilludo subito, raccontandovi alcuni punti deboli che rendono più “normale” di quanto già non lo sia il nostro motociclismo. E presentandovi un allievo davvero formidabile.
E’ il bello di andare a scuola e di conoscere nuovi amici.
Il Piro
Bisognerebbe innanzitutto spiegargli che la strada da casa sua al Motodromo di Castelletto di Branduzzo è sempre la stessa. Ogni volta riesce a fare un giro diverso. «Domani vengo direttamente in moto – mi ha detto il giorno prima del corso – così arrivo prima». Risultato: si è presentato un minuto dopo l’inizio della lezione! Ma il Piro è il Piro. Lui ha il compito di portarsi dietro gli allievi più indiavolati, perché, avrà pure 50 anni suonati, ma è instancabile. Fisico perfetto, giura di essere ancora in grado di indossare la sua tuta del 1988, massacra gli allievi più giovani, li fa andare via in ginocchio per la stanchezza… Gira con le 4 “frecce” lampeggianti, il clacson che strombazza ad ogni passaggio se c’è anche solo una persona a guardarlo. Il peggio lo riserva a fine giornata: prima gli scappa un bourn out, nel passaggio paddock-pista; poi “mette in piedi” la moto per tutto il rettilineo.
Dopo che la scuola ha predicato sicurezza per 8 ore.
Il Loca
E’ uno di quelli che parte bene alla mattina, lucido e attivo col fresco, anche se, al primo appuntamento, si è presentato in un’altra pista, a 150 km di distanza. Teoria perfettamente commentata per la prima oretta. Poi la sua attenzione cala. Di solito accade all’allievo, mica al prof. Dall’italiano passa al dialetto bergamasco. E’ apparentemente attento, scrupoloso, e quando nel corso della giornata si apre una parentesi, prende la sua Harley e fa quattro salti nel percorso dedicato al Supermotard… Non per nulla, su tuta e casco, sono riportati anche gli allori conquistati nell’enduro. La sua doppia personalità agonistica però lo confonde. I suoi allievi se ne vanno che sanno piegare e saltare. Il Loca e il Piro vanno molto d’accordo…
Il Lai
Puntuale, preciso, ordinato. Sarebbe un docente perfetto se non avesse il vizio di allungare sul gruppo inseguitore. Perché si tratta di corsisti, mica di avversari. E’ l’unico pilota dei presenti ancora in attività. Avere qualcuno dietro per lui è un fastidio, specie se gli specchi retrovisori gli segnalano un “+0”. Che, tradotto, vuole dire avere l’allievo attaccato al sedere. Per altro, come da contratto.
Il Meda
E’ preparato, ma goloso. Appena può, gli piace girare da solo in pista e dare gas. O, se proprio proprio, con un allievo molto svelto. Accetta di guidare qualsiasi cosa, purchè gli permetta di raggiungere i 60 gradi di inclinazione in curva. Se fosse più giovane gli consiglierei di iscriversi a un campionato. Ha iniziato tardi a buttarsi a manetta fra i cordoli, ma ha più chilometri nel polso di un pilota di ventennale esperienza. Il fatto è che lui va davvero forte in pista, ma non ne è consapevole. Dice di essere uno “normale”, ma si prende 1 secondino dai piloti. Ha il vantaggio di poter “inoltrare” consigli a sua volta ricevuti dai vari Rossi & C.
Predica bene, ma razzola così, così. Tuta e casco sembrano passati sotto a una ruspa. Inguardabili. Tutto questo dopo aver fatto una testa così ai corsisti sull’importanza dell’abbigliamento “fresco e in ordine”. Lo stivale destro è ridotto a una spadrillas, perché la sua Ducati non ha più la paratia sui tubi di scarico; le cerniera della tuta è stata sostituita da una fascetta in plastica; la visiera del casco sembra l’abbiano usata i gatti per giocare. Competente, veloce, ma indisciplinato.
Marco Confortola
Allievo perfetto, persona straordinaria. Lo dico con franchezza e sincerità. E’ un’alpinista estremo. Ha frequentato l’ultima giornata di corso e avrei voluto piazzarlo fisso in cattedra, dopo averlo ascoltato per soli 10 minuti, per una lezione extra moto. Quando si è presentato, alla mattina alle 8, la mia mano sembrava finita in una pressa. T-shirt, pantaloncini corti, zoccoli. Viene dalla montagna, è uno più che forgiato. Lo conoscevo per la brutta storia del K2, dove hanno perso la vita 11 persone, subito dopo aver raggiunto la vetta. Mi mostra subito i segni del dramma: le dita dei piedi non ci sono più, tutte quante amputate per il gelo. Una sofferenza, quella del K2, che ha colpito più la testa che il corpo di quest’uomo. Uno normale vivrebbe con la pensione di invalidità, lui svolge qualsiasi attività legata alla montagna. Non diventa ricco, lo fa per amore. Il valore dell’amicizia per lui viene prima di tutto. E anche quello della famiglia. Non è mai andato in pista, e nemmeno guidato una belva come l’MV Brutale 1090. La velocità più alta, prima di scendere in circuito, l’ha raggiunta sugli sci: oltre 200 all’ora nel chilometro lanciato. Per Marco, toccare col ginocchio a terra in curva, è stato come raggiungere la vetta. Buttate un occhio sul suo sito, www.marcoconfortola.it; rimarrete affascinati dalla sua straordinarietà.
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