Il motociclista gesticola, si sa...

Il motociclista gesticola, si sa...
I tempi sono grami, ma proviamo anche a sorridere. Su che? Sulle nostre peggiori abitudini. Un avviso ai lettori: la satira è sempre politicamente scorretta, dunque attenzione nel maneggiarla. Alcuni comportamenti sono assolutamente da evitare, non leggete se siete suggestionabili!
13 aprile 2020

La mia vignetta è antica, una volta ci si salutava ma adesso siamo in tanti: come può vedervi in tempo quel poveraccio che incrociate? Come fa a realizzare in un nanosecondo che tu sei un motociclista, sei uno scooterista oppure appartieni a una di quelle categorie che non saluta mai? Sapete quali intendo. Perché se per primo lui alza la mano e tu non gli rispondi nasce un cortocircuito: io non saluto perché tu non saluti perché pensi che io non saluti… E facciamo notte.

E poi dovete ammetterlo, il saluto tra motociclisti ormai è solo teatro, se ti capita di fermarti a bordo strada con la moto in panne o con la gomma bucata, fanno finta di non vederti anche quelli che si sbracciavano per salutare un Galletto del ‘54. Insomma, il saluto è tramontato, però resta tutta una serie di gesti che sono diventati il nostro patrimonio genetico, che va conservato. Quel burocrate che ha inventato l’articolo 170 (“entrambe le mani devono restare sul manubrio”), di moto non capisce niente. Poche chiacchiere, ecco la lista dei gesti che un bravo motociclista deve conoscere per comunicare.

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Se entri in riserva - e gli amici hanno la pessima abitudine di mollarti al tuo destino e arrivi al ristorante che i bastardi sono già al dolce - allora: mano destra sul serbatoio, pollice in basso, due volte su e giù. Tre volte e col braccio proteso in fuori se hai un amico lento a capire che sei quasi a secco. Il gesto della tazzina afferrata delicatamente con due dita e versata nell’aria non ha bisogno di interpretazioni: serve una sosta per il caffè, molto probabilmente la tua compagnia è così lenta che rischi di addormentarti.

Se invece la sosta urgente è consigliata dal personale impianto idraulico, non fate come un mio amico, poi arrestato per oltraggio al pudore, che alzandosi in piedi sulle pedane mimava l’atto. Può bastare il solito gesto della tazzina, per implorare genericamente una fermata. Mentre è molto utile a tutti indicare col dito l’asfalto quando c’è da fare attenzione a foglie o sabbia portate dal vento; e se la strada è scivolosa per tracce di gasolio allora, per lanciare l’allarme, va tolto il piede dalla pedana e abbassato fino a sfiorare il terreno.

Tra motociclisti indicate le nuvole nere nel cielo, se temete che stia arrivando una di quelle secchiate da fermarsi immediatamente sotto il primo ponte, per infilare la tuta da pioggia. Fatelo sempre anche se non servirà: tutti ci fermiamo soltanto quando siamo già fradici. E non mancate di segnalare a chi incrociate la presenza della pattuglia dietro la curva. E’ un’attenzione molto apprezzata: metti che un motociclista abbia un parente in polizia e voglia fermarsi a salutarlo.

Un gesto molto importante, nato quando i motociclisti avevano una profonda competenza meccanica e ancora non si affidavano alle officine autorizzate (autorizzate a spennarvi, naturalmente, ma questo è un altro discorso) è quello delle due dita aperte nel pugno, indice e mignolo. Gli sprovveduti credono che sia un insulto riferito a certe attitudini dei consorti o delle consorti altrui, invece è una premura che gli esperti dei motori a quattro cilindri usavano nei confronti dei colleghi meno preparati. Proprio così, e tradotto vuol dire “dal suono del tuo motore e dal colore del tuo scarico deduco che arriva la corrente ai cilindri uno e quattro, e manca invece ai due centrali…”.  Adesso purtroppo i competenti sono pochi, ma il gesto è bello ed è rimasto nella tradizione.

C’è infine chi pensa che il dito medio alzato sia un gesto volgare. Poverino! Di moto non capisce proprio niente. Anche qui si parla di tecnica e i motociclisti sanno bene che tradotto vuol dire “attento, stammi lontano perché ho un calo di potenza: temo di avere un buco in un pistone!” Lo sapeva bene anche Valentino Rossi, quando avvisò l’amico e compagno di fuoripista Max Biaggi, a Suzuka nel lontano 2001