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Una celebrazione nata così, spontaneamente e in tempi stretti tanto che non c’era Marco Lucchinelli, trattenuto ad Adria dai suoi corsi di guida in pista. Ma l’obiettivo è stato ugualmente centrato perché volevo riunire, quarant’anni dopo la bella impresa in 500, la squadra delle cinque vittorie e del titolo 1981: Roberto Gallina e tutti i componenti del suo team, proprio tutti. Il pilota ha già avuto tutta la visibilità che merita; questa volta volevo che fossero loro i protagonisti di un pomeriggio e Roberto ha aderito subito e con tutta la sua passione.
Da gran tecnico che è, tuttora attivissimo a ottantuno anni compiuti, Gallina ha voluto esibire nell’occasione anche alcune delle moto sulle quali mette le mani. Perché la festa venisse bene ci volevano la coreografia e la colonna sonora, e ci ha pensato lui allineando la Suzuki 653 del ’79 di Virginio Ferrari, l’Harley di Pasolini a Daytona, la MV 500 tre cilindri di Ago… Il mio amico (e compagno di avventura nelle 24 Ore) è unico: è proiettato nel futuro, parla del motore Gilera quattro cilindri anni Cinquanta che sta sapientemente ricostruendo, del prototipo MV 125 bicilindrico che è appena riuscito a far rivivere. Al passato lui, Roberto, è interessato solo per resuscitarne le regine. E così per ricostruire le emozioni di quella stagione iridata mi affido a tutti gli altri.
Eccoli qui, i suoi ragazzi di allora. Una squadra a chilometro zero: tutti di Ceparana, dove è nato lo stesso Lucchinelli, oppure della Spezia, amici, o figli di amici, o amici dei figli. Oggi anche i più giovani hanno passato la sessantina, chiaro, ma la cosa bella è che ancora lavorano tutti intorno alle moto. A vario titolo: chi interviene da maestro sui motori moderni, chi sulle vecchie moto da corsa e no, chi vende caschi e abbigliamento, chi organizza eventi motociclistici.
Allora aveva 29 anni e da due era nella squadra, p.r. e cronometrista. Il suo ricordo più vivo è la Svezia, l’ultima gara, quella decisiva: Marco chiuse nono, Mamola non prese punti. Era il 16 agosto 1981.
“Ad Anderstorp il muretto delle segnalazioni era mezzo giro dopo la partenza e Lucchinelli, che partiva sempre benissimo, quella volta era partito da cani. La tensione era tanta per tutti, io con il cronometro sono sempre stato piuttosto bravo ma la tensione era tanta, tenevo d’occhio lui e Mamola che era molto più avanti. Il recupero prima fu faticoso, poi sempre più netto… ma soltanto a gara finita ritrovammo un po’ di calma e subito dopo l’arrivo l’emozione divenne incontenibile: ero già protagonista di un titolo mondiale! Ero così felice… che nelle fotografie sembro indifferente!”
Anche per lui - che poi sarebbe andato in HRC con Lucchinelli e a 22 anni era già il motorista della squadra di Gallina - l’arrivo della gara conclusiva di Anderstorp fu il momento clou della stagione. Finalmente poteva tirare un sospiro di sollievo.
“Solo in quel momento eravamo campioni. Perché eravamo sempre abbastanza tesi, i motori si rompevano frequentemente, tribolavo parecchio. Dopo ogni turno dovevo smontare tutti e quattro i pistoni, la pompa dell’acqua e i dischi delle valvole. Che si spaccavano facilmente, anche dopo pochi giri, non si potevano chilometrare. Per la pompa si sgranava l’ingranaggio e non tirava più. Una bella tensione, una stagione molto difficile, non eri mai sicuro…”.
Aveva 23 anni, allora, ed era capo magazziniere del concessionario Piaggio della Spezia, uno dei più grandi d’Italia. Il magazzino era enorme, Paita era bravo e Roberto Gallina sapeva quanto fosse appassionato. Quando il team si ingrandì - ufficiale Suzuki, una montagna di pezzi speciali, i camion diventati due - serviva metodo e ordine. Riccardo esordì al Paul Ricard nell’81 e rimase fisso.
“Il momento indimenticabile del 1981? Per me è la vittoria di Assen sotto l’acqua, con un grande vantaggio su Van Dulmen: lì capii che era l’anno buono. Marco aveva già vinto al Castellet, ma eravamo quarti o quinti in classifica e invece dopo quella seconda vittoria andammo in testa al campionato. Marco aveva qualcosa in più e lì in Olanda lo capimmo”.
Era il più giovane: aveva soltanto 18 anni, era amico di Marco, il figlio maggiore di Roberto che oggi non c’è più. Gallina sapeva che Gianni costruiva le moto tagliando e saldando le moto vecchie, rottamate o abbondonate. Alla fine del ’79 entrò a far parte del team.
“Il ricordo più bello è la prima vittoria al Castellet dopo tre gare tribolate. Lì tutto ha cominciato a girare per il verso giusto e poi da lì è partito tutto, si è proprio svoltata la stagione. Lo ricordi? Mi hai fatto una dedica sul tuo libro “Lucchinelli Campione” di fine ’81. Diceva: ‘al più piccolo che è anche quello che lavora di più’. Ma lasciami dire la cosa più importante: Roberto è una persona magnifica”.
Il più anziano, classe 1938, due anni più di Gallina e suo amico da anni: seguiva Roberto dalle prime gare nel ’62. Nella squadra se ne stava in disparte, schivo. Il suo vero lavoro era un altro: responsabile del controllo di lavorazione per un’azienda termomeccanica della Spezia, prendeva le ferie per andare sul motomondiale, se i GP erano abbastanza vicini smontava il venerdì sera e guidava fino al circuito.
“La cosa più bella? Finalmente, dopo anni di sacrifici, vinceva un team della Spezia con un pilota della Spezia. Fu per me e per tutti noi una grande soddisfazione”.
E infine colui, che in quella stagione 1981 aveva lasciato il team ma con Gallina lo aveva fondato sette anni prima. Amici fin da ragazzi e, con la omonimia, la necessità di chiamarsi sempre per cognome. Ecco come nacque la squadra.
“Seguivo Gallina da amico, fino alla classe 500 con la Paton. Il fine settimana partivamo dalla Spezia e andavamo a Milano, via Matilde Serrao, mi ricordo ancora: la Gegarauto di Giorgio Pianta dove c’era il reparto corse, un piccolo spazio che Pianta dava a Pattoni in concessione. Eravamo Peppino Pattoni, Gianemilio Marchesani, Roberto ed io. Andavamo tutti i fine settimana a fare le moto e lavorarci intorno…”.
E alla fine siete diventati dei precursori: il primo team italiano.
“Guardavo alla F1: vediamo di fare bene e curiamo l’immagine, dicevo. Allora eravamo tutti un po’ dilettanti, ma abbiamo agganciato Gino Amisano di AGV, avevamo le moto tutte uguali e la prima hospitality, classi 250 e 350 con due talenti della nostra zona: Armando Toracca e Marco Lucchinelli che già avevamo aiutato nelle salite, e poi Luciano Rossi, un altro grande pilota spezzino. Perché qui abbiamo sempre avuto una forte passione e un bel vivaio”.
In seguito, le strade si sono divise: Roberto Camolei, come è noto, ha scelto di crescere l’indimenticato Doriano Romboni, che ha seguito per quindici anni e portato al mondiale.
Cosa dire di più? non servono tante parole. Grazie, ragazzi! E l’anno venturo si replica: 1982, Franco Uncini campione del mondo della 500, Suzuki, team Gallina…