Il dott. Lorenzo Boldrini, motociclista e Medico dello Sport presso il Centro di Riabilitazione per lo Sport Isokinetic, ci parla delle fratture alla clavicola
Cari Motociclisti, oggi parliamo di un argomento noto ahimè a molti in caso di caduta dalla moto. Ci riferiamo alle fratture della clavicola che avvengono tipicamente per una caduta con braccio in estensione o addotto che determina una lesione da trauma indiretto della clavicola. Più raramente la frattura si verifica per un trauma contusivo diretto a causa di un ostacolo o un oggetto che colpisce direttamente la clavicola.
La frattura si localizza più di frequente nella parte centrale e laterale della clavicola (80% casi) che è il punto più debole. A seguito del trauma il malcapitato è di solito incapace di muovere il braccio a causa del vivo dolore in sede di frattura. L’infortunato viene portato al pronto soccorso dove viene posta la diagnosi sulla base di una valutazione clinica e radiografica. E’ opportuno in tale sede escludere eventuali complicanze quali lesioni dei vasi (l’arteria succlavia) e dei nervi che supportano la sensibilità ed il movimento dell’arto superiore dal lato interessato.
Quando la frattura è composta e quando non lo è
Se non sussistono complicazioni e la frattura è composta (ovvero i frammenti della frattura mantengono un allineamento sostanzialmente corretto) il trattamento consiste nel posizionamento di un tutore cosiddetto ad “otto” per la sua conformazione, che avvolge le spalle e mantiene stabilizzato il punto di frattura sulla clavicola impedendo lo spostamento dei frammenti. In caso di frattura completa infatti le forze dei muscoli del collo (lo sternocleidomastoideo in particolare) tendono a determinarne uno spostamento verso l’alto del moncone osseo prossimale, mentre la parte laterale è tenuta verso il basso dal deltoide. Tale squilibrio di forze può determinare la scomposizione della frattura (i frammenti si spostano e non sono più allineati) e comprometterne la guarigione. Il tutore va frequentemente regolato mantenendo la tensione dei tiranti per garantirne un’azione efficace.
Il trattamento chirurgico
Il trattamento chirurgico è in generale una scelta secondaria per l’esiguità del tessuto cutaneo-sottocutaneo a livello della clavicola che espone l’osso ad elevato rischio di infezioni e per l’elevato numero di casi di pseudoartrosi (mancata consolidazione) post-chirurgica. Tuttavia in caso di marcata scomposizione della frattura o in presenza di lesioni associate può essere richiesto l’intervento con l’applicazione di placche e viti o l’inserzione di fili per restituire l’allineamento dei monconi ossei.
Il bendaggio ad otto viene di norma mantenuto per 3-4 settimane nei bambini e 4-6 settimane negli adulti. In realtà la mobilizzazione della spalla, in arco di movimento ridotto e libero da dolore, avviene già dalla fine della 3° settimana d’immobilizzazione per prevenire l’insorgenza di rigidità di spalla.
Recupero
Dopo la rimozione definitiva del bendaggio oltre alle mobilizzazioni a secco per il recupero del movimento può essere impiegata l’idrokinesiterapia con esercitazioni passive e gradualmente attive su tutti i piani del movimento. Durante la rieducazione nelle fasi iniziali un lieve movimento dei monconi ossei è possibile e non deve preoccupare, ma va monitorato evitando movimenti estremi o sollecitazioni eccessive.
Per limitare il dolore nella sede di frattura possono essere utilizzati il ghiaccio, l’elettroterapia antalgica e gli ultrasuoni. E’ indicata l’elettromagnetoterapia domiciliare con apparecchi specifici per favorire il processo di guarigione dell’osso. In ogni caso una volta avvenuta la guarigione è normale che residui un profilo alterato della clavicola, che può apparire pronunciata e irregolare, ma si tratta più di un danno estetico che funzionale.
Per il recupero della forza è bene agire sui muscoli stabilizzatori della scapola, del cingolo scapolo-omerale e recuperare gradualmente il completo controllo neuromotorio dell’arto infortunato con esercitazioni funzionali dinamiche (es. lanci, pliometria).
In assenza di complicazioni (ad esempio ritardi di consolidazione) il ritorno allo sport è possibile già dopo 2-3 mesi dal trauma, eventualmente con il supporto di tutori protettivi della spalla per attività a rischio traumatico o di caduta.
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