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Cari motociclisti, l’infortunio capitato a Valentino Rossi alle prove del MotoGp del Mugello ha sconvolto tutti gli appassionati della moto. Le immagini della gamba piegata a seguito della frattura scomposta ed esposta (ovvero con disassamento e fuoriuscita dell’osso dalla cute) hanno impressionato e fatto pensare subito alle difficoltà per il suo possibile recupero.
La frattura bi-ossea della gamba, ovvero sia della tibia sia del perone, è un evento in realtà non raro per chi si occupa di traumatologia sportiva. Non sempre per fortuna le fratture sono esposte come nel caso di Valentino, ma spesso la scomposizione (perdita del corretto posizionamento delle ossa fratturate) dei frammenti richiede un trattamento chirurgico necessario per stabilizzare e rimettere nella posizione corretta le ossa fratturate con l’ausilio di mezzi di sintesi metallici (chiodi, viti, placche ed in alcuni
casi fissatori esterni).
Nel caso invece di frattura stabile composta (con mantenimento della posizione corretta dei frammenti fratturati) sarà possibile un trattamento conservativo dopo eventuale trazionamento con posizionamento di gesso o tutore per immobilizzazione della frattura al fine di favorirne la guarigione. In entrambi i casi, ovvero sia a seguito di intervento sia nel caso di trattamento conservativo, dovrà essere rispettato un periodo di scarico dell’arto infortunato (non va quindi appoggiato il peso del corpo) oltre che di immobilizzazione. La durata di questo periodo è variabile da caso a caso e viene valutata dall’ortopedico in base al tipo di frattura ed a seguito di un controllo radiografico in genere 30-40 giorni dopo la frattura. La tibia richiede nell’adulto un tempo abbastanza lungo di consolidazione che può completarsi dopo 4-5 mesi.
Tra le complicanze oltre a possibili lesioni di vasi e nervi ed al rischio infettivo dopo l’intervento chirurgico è da considerare il ritardo di consolidamento della frattura, che a volte determina un allungamento dei tempi di recupero, fino a comportare un vero e proprio mancato consolidamento denominato tecnicamente
“pseudoartrosi”. In alcuni casi si può aiutare il processo di calcificazione con magnetoterapia, terapia farmacologica ed onde d’urto.
Ma cosa è opportuno fare per recuperare dopo il trauma? Oltre a rispettare le indicazioni ortopediche sui tempi di immobilizzazione e scarico sarà importante seguire bene il percorso della riabilitazione per tornare alla piena funzione dell’arto infortunato. La prima fase è dedicata al controllo del gonfiore e dell’infiammazione sia con metodiche strumentali (ad esempio laserterapia ed ultrasuoni se non sussistono controindicazioni) e tecniche manuali con massaggio drenante e graduale mobilizzazione, dapprima passiva ed in scarico poi progressivamente attiva e contro-resistenza.
E’ importante recuperare completamente la mobilità di caviglia e di ginocchio al fine di evitare deficit residui anche parziali di movimento; in questi casi infatti si potrebbero verificare nel tempo alterazioni posturali e compensi che ci troveremo a “scontare” negli anni a seguire, magari con dolori di ginocchio, anca o schiena. Nelle fasi iniziali della riabilitazione dopo il periodo di immobilizzazione potrà essere utile una leggera cyclette per favorire il recupero della mobilità articolare e molto utile la riabilitazione in acqua che sfruttando il galleggiamento del corpo permetterà un recupero più rapido della funzione e degli schemi motori, come ad esempio quello del cammino.
Una volta ripreso il carico e rieducato il normale schema del cammino si introdurranno parallelamente esercitazioni propriocettive (ovvero per l’equilibrio ed il senso di posizione) grazie all’ausilio di tavolette instabili ed altri strumenti riabilitativi, oltre ad avviare un programma di potenziamento muscolare progressivo. E’ esperienza comune infatti, per coloro che hanno avuto un trauma agli arti inferiori con un periodo prolungato di immobilizzazione, la velocità e l’entità con cui si perde il tono muscolare della gamba, ma anche della coscia e dei muscoli dell’anca. Sarà necessario quindi svolgere un lavoro completo di rinforzo, dapprima contro-resistenza manuale dal terapista ed elastica e via via con pesi e macchine specifiche.
Il recupero della forza è determinante per permetterci il ritorno progressivo all’attività sportiva. E’ possibile misurare la forza dell’arto infortunato con test di valutazione isocinetica sia della caviglia che del ginocchio; questo ci permetterà di sapere quanto siamo vicini o lontani dal recupero sportivo, assieme agli altri parametri di valutazione clinica (come l’assenza di dolore e gonfiore, il pieno recupero della mobilità articolare) e ovviamente alla avvenuta guarigione ossea (con valutazione radiografica).
La fase finale della riabilitazione, che si svolge alcuni mesi dopo il trauma, comprende esercitazioni per il ripristino di gestualità specifiche sportive, come possono essere il recupero della corsa, i cambi di direzione i salti e i movimenti di rotazione in carico sull’arto infortunato, molto utili da testare ad esempio per il recupero dell’attività in moto in fuoristrada.
Insomma il recupero non è proprio immediato e richiede un pò di pazienza e tempo da dedicare prima di poter tornare al livello precedente all’infortunio in assenza di complicazioni. E’ importante quindi lavorare bene sulla prevenzione, cercando di evitare di infortunarsi o comunque di ridurre i danni di un possibile trauma attraverso l’uso di protezioni specifiche, abbigliamento e calzature adeguate per la moto.
Lorenzo Boldrini