In sidecar, sulle orme di Napoleone

In sidecar, sulle orme di Napoleone
Due secoli dopo, sui luoghi della disastrosa campagna di Russia: uno scrittore insegue il fantasma di Napoleone, ma usando un sidecar al posto dei cavalli
7 novembre 2016

Per i francesi è un po’ come Caporetto per noi: nell’autunno-inverno 1812, si consuma l’illusione di Napoleone che sognava di conquistare la Russia, ma viene battuto prima dal Generale Inverno e poi, nella battaglia della Beresina, affluente del Dnepr, dalle truppe dello zar Alessandro.

Ne seguì una precipitosa e disastrosa ritirata dell’esercito francese attraverso la steppa gelata, con migliaia (un milione, tra francesi e russi?) di morti. Una specie di triste anticipazione di qualcosa di analogo destinato ad accadere nella Seconda Guerra Mondiale, con le nostre truppe involontarie protagoniste di un dramma di cui avrebbero volentieri rinunciato a recitare.

Comunque sia, per i francesi quella di Russia è una ferita ancora aperta: l’amor proprio colpito a morte, la consapevolezza di essere stati sconfitti ed umiliati.

Ma l’occasione del 200° anniversario non poteva passare sotto silenzio: soprattutto se ti chiami Sylvain Tesson e sei uno scrittore abituato alle situazioni estreme.

L’idea è questa: perché non tornare sui luoghi della Storia, per riviverne le emozioni e raccontarle?

La copertina del libro di Sylvain Tesson
La copertina del libro di Sylvain Tesson
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Da Mosca a Parigi, i quattromila chilometri della fuga napoleonica, ovviamente in inverno; unica deroga ai tempi moderni, invece che a cavallo, Sylvain Tesson con il compagno Cédric Gras si è accomodato su un sidecar Ural.

E non è detto che sia trattato di una scelta nel nome della comodità, anzi.

Una rievocazione perfetta, ad iniziare dalla bandiera del primo reggimento della cavalleria leggera, lo squadrone dei lancieri di Napoleone, con le lettere dorate, messa sul carrozzino laterale. Come se non bastasse, ad ogni sosta Sylvain toglieva il casco da moto per mettersi in testa il bicorno dell’Imperatore, incurante degli sguardi sbigottiti e sorpresi di chi lo circondava.

Insomma, goliardia e ricordi, mentre il freddo veniva tenuto lontano da abbondanti libagioni a base di vodka, più o meno pura.

Nato nel 1972, in Tesson convivono l’anima dello scrittore globetrotter con le passioni dei viaggiatori estremi: ha fatto il giro del mondo in bici, attraversato l'Himalaya a piedi e le steppe dell’Asia Centrale a cavallo. E’ rimasto dieci giorni senza bere nel deserto del Gobi e per sei mesi ha vissuto da eremita in una capanna siberiana sul lago Baikal.

Per raggiungere Parigi attraverso le strade ghiacciate di Russia ed Europa dell’Est, come detto Tesson ha scelto un sidecar: non poteva che essere un Ural, in omaggio alla terra da cui inizia il viaggio, veicolo che ancor oggi richiama uno spirito eroico ed incorona con un cinto di coraggio chi ha il fegato di dare vita al suo boxer bicilindrico.

Un compagno comunque affidabile, visto che ha riportato indenni l’autore ed il suo compare all’ombra della Torre Eiffel.

E non è detto che fosse scontato, non foss’altro per i precedenti tutt’altro che fausti che hanno spinto Tesson a mettersi in viaggio.

A bordo del sidecar, nell'inverno russo, con la bandiera napoleonica a sventolare (photo ©Thomas Goisque)
A bordo del sidecar, nell'inverno russo, con la bandiera napoleonica a sventolare (photo ©Thomas Goisque)

Nelle pagine del suo libro (Beresina. In sidecar con Napoleone - Sellerio editore - 196 pagine - 15,00 euro) si ritrovano nomi mandati a mente sui libri di storia (Borodino, Vjaz'ma, Smolensk, Beresina), combinati con uno humor al quale bisogna un po’ abituarsi; ma una volta entrati in sintonia con lo stile dello scrittore, se ne apprezzano la sincerità delle rievocazioni condite con freddure fulminanti malgrado i -20 C°, le descrizioni del popolo incontrato lungo il cammino, il disincanto nel raccontare una delle più grandi tragedie, umane e non solo, visto che si calcola che furono, accanto ad almeno 400.000 francesi morti, circa 200.000 i cavalli che ci rimisero la pelle, anche perché utilizzati come cibo prima che, finiti gli equini, si passasse agli umani.

Nel segnalarvi questo libro, confessiamo di aver usato, nei confronti di chi ci legge che sappiamo appassionato di moto et similia, il sidecar come esca: in realtà, è il messaggio assolutamente pacifista che trasmette ad starci più a cuore.

Raccontare la mattanza della guerra, di tutte le guerre, per evitare che si ripetano: ed oggi, mentre soffiano forte ovunque i venti di battaglia, ci piace pensare che sia proprio un tossicchiante sidecar, uscito dalle pagine di un libro, ad intonare il più soave dei canti di pace.

 

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