In viaggio con Camilla: il passo del Cerreto

In viaggio con Camilla: il passo del Cerreto
Uno dei valichi appenninici più famosi d'Italia, richiamo irresistibile per molti motociclisti
23 marzo 2017

A volte capita di partire e pensare di fare un giro semplice, qualche ora sulle due ruote, giusto per rilassarsi e basta. E invece poi si finisce per affrontare un percorso ricco di curve, divertente, entusiasmante e anche, lo riconosco, un po’ stancante. Il tour di questa domenica è alla scoperta di quell’Emilia-Romagna che non è fatta solo di ottimi cibi e meravigliose località culturali, ma è composta di strade impervie e valichi di montagna che ricordano più le Alpi che gli Appennini. Il passo del Cerreto, 1.261 metri d’altitudine, è un luogo quasi magico nel suo isolamento, che mai mi sarei aspettata di scoprire a soli 72 chilometri da Reggio Emilia.

Una volta abbandonata l’autostrada A1 all’altezza della città emiliana, nella quale per la prima volta nel 1797 fu esposto in Italia il tricolore, si prende la Strada Statale 63, la fedele compagna di guida che dalla piccola Rivalta, nella deliziosa campagna alle porte di Reggio, conduce verso i monti che si stagliano all’orizzonte. In principio la SS63 è un manto stradale dolce, non sempre ben tenuto, anzi in certi punti parecchio malandato e con lavori in corso, che porta gradualmente verso l’alto. La nostra due ruote danza morbida sulle curve che si susseguono tra il marrone dei rami secchi e i primi verdi primaverili. Poco oltre Vezzano sul Crostolo e il suo eco-parco, si trova il monumento ai caduti di La Bettola, che ricorda l’eccidio perpetrato dai nazifascisti il 24 giugno del 1944. La strada, quasi in omaggio ai 32 civili ammazzati in una rappresaglia nazista, per lunghi tratti è caratterizzata da un ambiente desolato che lascia intravedere solo le prime montagne innevate. L’asfalto, spesso sconnesso, mette alla prova la resistenza delle gomme e la prontezza di reazione del motociclista di fronte a buchi e saliscendi.

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Quando vedi per la prima volta la Pietra di Bismantova, rimani senza parole. TI chiedi che cosa ci faccia un altopiano di 1.047 metri, stretto, con le pareti scoscese, in mezzo al dolce degradare delle colline circostanti. L’origine di questa montagna dall’aspetto così singolare è avvolta nella leggenda: si citano gli etruschi, i celti, i bizantini. Sicuramente la Pietra di Bismantova fa la sua prima comparsa letteraria in un passo del Purgatorio della Divina Commedia di Dante, che, a quanto riferiscono le cronache, avrebbe realmente visitato il luogo durante un suo viaggio verso Padova. A pochi passi da Castelnuovo ne’ Monti, il centro più importante dell’Appennino Reggiano, la Pietra di Bismantova merita senza alcun dubbio una visita di un paio d’ore, per fare un’escursione nei suoi boschi e per visitare la chiesa dell’Eremo o, se si è di fretta, anche solo di pochi minuti per scattare semplicemente qualche foto. Merita una sosta anche la deliziosa chiesa di Monteduro, la cui vista sul panorama circostante è un vero regalo per gli occhi.

I 20 chilometri che da Cervarezza Terme, famosa località di benessere dell’Appennino Reggiano, portano fino a Cerreto Laghi, noto comprensorio sciistico della zona, sono un succedersi di curve una dietro l’alta, a volte neanche ben protette e per l’ultimo tratto belle ripide. Insomma, per chi ama i passi di montagna, ecco il posto giusto dove divertirsi. Sebbene siamo ormai a metà marzo, l’aria in cima al Cerreto è bella fresca, d’altronde siamo a 1.261 metri d’altitudine, a poca distanza si trova il monte Ventasso con i suoi 1.727 metri, e qui, in questa domenica di "quasi primavera", si sentono tutti, sia nel clima sia nelle neve che ricopre ancora i lati delle strade. Dopo il brivido provato stando in sella alla moto, mentre la salita del Cerreto veniva aggredita con gusto, la pace che si respira nel Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano è liberatoria e rilassante.

Se non si vuole scendere in Toscana, fino a Castelnovo ne’ Monti bisogna ripercorrere per forza la stessa strada fatta all’andata, ma noi poi decidiamo di virare verso Parma e procedere lungo la SP513 in direzione Vetto, che in certi punti pare proprio essere una pista da corsa da godersi in velocità sulle due ruote. Il paesaggio intorno è semplicemente stupendo: colline verdi, persone a cavallo, tante antiche chiesette, il torrente Enza che incomincia ad apparire, curve perfette per divertirsi anche se non si è alla guida, l’asfalto che si fa vicino e paesini che scorrono uno dietro l’altro fino a San Polo d’Enza e poi Sant’Ilario. Immettersi nell’autostrada A1 all’altezza di Campegine-Terre di Canossa, significa tornare verso casa, ma almeno il tramonto all’orizzonte è un bel modo per salutare questa terra tanto affascinante.

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