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Gli esperti lo chiamano atto dovuto, normale prassi d’ufficio seguente episodi che causano morte o gravi lesioni: su indicazione del sostituto procuratore Raffaella Falcione, il magistrato che segue il caso fin dall’inizio, i Carabinieri hanno posto i sigilli alla pista Il Sagittario di Latina, dove sabato scorso si è consumata la tragedia di Doriano Romboni. Lo stesso procuratore aveva provveduto, subito dopo l’incidente, a porre sotto sequestro le moto coinvolte nell’incidente, oltre ad affidare ad un perito CTU (consulente tecnico d'ufficio) il compito di stilare una relazione che comprenda tutti gli elementi utili all’inchiesta.
Da questa perizia dipenderà molto della direzione che prenderà l’inchiesta, per la quale - ricordiamo - non sono stati emessi avvisi di garanzia ed il cui fascicolo in Procura risulta aperto contro ignoti.
In particolare, l’attenzione degli inquirenti si sta concentrando sulla corrispondenza tra i dati sulla pista indicati nel progetto fornito alla Federazione Motociclistica Italiana in occasione della prima omologazione dell’impianto e la reale conformazione del tracciato. E’ ormai noto che in tal senso esiste una difformità, riguardante proprio la zona del circuito teatro dell’incidente: sulla carta è riportato che quella curva a sinistra misura 40 metri, con corrispondente spazio di fuga di 15 metri; dai rilievi effettuati, emerge in realtà che quel tratto è lungo 25 metri, con spazio di fuga ridotto ad 11.
Abbiamo aggiunto al telefono Pino Montani, proprietario del circuito, chiedendogli un commento sulle prime fasi dell’indagine.
«Il nostro impianto è stato sottoposto ad un sequestro cautelativo, senza che ci siano persone indagate: sono fiducioso che quando arriverà la perizia del consulente nominato dalla Procura, ne sarà disposto l’immediato dissequestro».
Eppure si parla di numeri che non combaciano, di sviluppi diversi dell’impianto rispetto a quanto indicato nel progetto.
«Purtroppo è così, ma si tratta di un errore umano che non cambia i termini della questione. Quando fu presentata la documentazione alla Federazione Motociclistica, fu esibito un un disegno sbagliato che riportava misure sbagliate delle curve dove è avvenuto l’incidente. Invece dei 40 metri indicati, sono 25, e cambia anche lo spazio di fuga, da 15 ad 11 metri. Sembrano dati importanti, ma ricordo che da regolamento, in quel punto la distanza minima dev’essere di 6 metri, quindi siamo ampiamente nei termini. Altrimenti, non credo che avremmo mai ottenuto l’omologazione non solo della FMI, ma anche della Federazione Internazionale».
Già, le gare internazionali: c’è chi ricorda che per la prova mondiale di Supermoto su questa stessa pista c’erano diverse protezioni, assenti in occasione del Sic Day. Come mai?
«La Federazione Internazionale richiede protezioni specifiche in pista, perché ci sono i box per le riprese video, l’arco sul traguardo, i gonfiabili degli sponsor e la pit lane speciale. Vengono prima della gara, fanno l’ispezione e noi ci adeguiamo: ma quando la gara finisce, siamo tenuti a riportare lo stato del circuito così come indicato dall’omologa della Federazione Italiana, altrimenti non saremmo in regola con le normative nazionali. Non sono certo io a decidere se e dove mettere protezioni, né si tratta di un compito che spetta al direttore di gara: ci siamo attenuti alle norme vigenti».
In trent’anni di attività, ci sono mai stati episodi di simile gravita?
«Mai accaduto nulla di così serio: qui vengono a fare test le principali squadre del Mondiale, spesso ci gira Max Biaggi, abbiamo una costante presenza di appassionati. Se non fosse una pista sicura, lo avremmo capito da tempo. Mi lasci poi aggiungere una considerazione finale: non voglio essere fatalista, quella di domenica doveva essere l’ultima gara fatta sull’impianto così come lo conosciamo. Da un mese abbiamo mandato in Federazione il progetto di modifica dell’impianto che prevede un cambio radicale proprio della zona dove Romboni è caduto, prevedendo spazi di fuga più ampi. I lavori dovevano iniziare subito dopo il Sic Day, ma ora non sappiamo se il progetto potrà essere eseguito».
Altra protagonista suo malgrado della vicenda legata all’incidente di Romboni è la Federazione Motociclistica, che ha rilasciato l’omologazione all’impianto e che dell’evento era main sponsor.
Contattando l’Ufficio Comunicazione di viale Tiziano, abbiamo percepito un certo disappunto per aver appreso solo dai giornali la notizia del sequestro dell’impianto pontino, circostanza che ha spinto la Federazione ad emettere una nota ufficiale che riportiamo di seguito integralmente.
“In seguito al sequestro del circuito il Sagittario di Latina disposto dalla Procura della Repubblica per accertamenti conseguenti il decesso di Doriano Romboni, la FMI, pur non essendo a conoscenza delle motivazioni del provvedimento se non attraverso la lettura di quanto riportato dagli organi d'informazione, precisa che:
- l'impianto risulta regolarmente omologato per le competizioni di supermoto per l'anno 2013;
- che la planimetria allegata al certificato di omologazione risale al 2010 e che non essendo state comunicate a questa Federazione eventuali modifiche del tracciato intercorse dal 2010 ad oggi, il rinnovo annuale della stessa omologazione non prevede l'aggiornamento dell'originaria planimetria, che pertanto è l'unico atto ufficiale in base al quale si intende rilasciata l"omologazione.
La FMI si riserva di valutare ogni azione da esperire all'esito della conoscenza ufficiale del provvedimento dell'autorità giudiziaria, compresa l’eventuale revoca dell'omologazione dell'impianto.”
Al di là del linguaggio formale e burocratico, dunque, la FMI tende a distinguere e separare nettamente la propria posizione da quella dei gestori dell’impianto.
A questo punto, non resta che attendere l’evolversi degli eventi: la perizia tecnica potrebbe essere depositata in Procura già nei primi giorni della prossima settimana. Ovviamente, seguiremo la vicenda e vi terremo informati.