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Il nuovo Governo non c’entra, visto che si tratta di una sentenza europea: come riportato nei giorni scorsi (vedi qui) è diventata esecutivo quanto disposto dalla Corte lussemburghese che nell’ambito della causa C-449/17 ha disposto che anche in Italia vada applicata l’aliquota dell’Iva al 22% per lezioni di guida teoriche e pratiche impartite dalle autoscuole.
Un rincaro secco e immediato, amara sorpresa per quanti al ritorno dalle vacanze avevano in programma di iscriversi ad un corso per conseguire la patente di guida.
Non serve essere dei geni in matematica per capire che aumentare i prezzi di lezioni e guide del 22% significa far lievitare di quasi di un quarto i costi sostenuti da chi vuole prendere la patente: se finora, infatti, i corsi teorici hanno costi variabili da 200 a 400 euro, e le guide da 35 a 40 euro all’ora (ed è obbligatorio farne almeno sei), con l’IVa aggiunta gli stessi prezzi sfiorano i 500 euro per i corsi ed i 50 per ogni guida.
Qui da noi, ricordiamo, l’esenzione per i servizi delle autoscuole risale al 1972, al decreto 633 a firma dell’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone, soluzione poi ribadita dall’Agenzia delle Entrale in due casi, con la circolare 134 del 2005 e la 22 del 2008.
La sentenza della Corte Ue che ribalta tale impostazione risale al 14 marzo scorso: tutto nasce da una richiesta di chiarimento da parte dell’amministrazione finanziaria tedesca, che aveva chiesto delucidazioni sulla corretta interpretazione dell’articolo 132 della direttiva 112 CE del 28 novembre 2006, che stabilisce che sono esenti da Iva le “operazioni relative all’educazione dell’infanzia e della gioventù, all’insegnamento scolastico e universitario“ ed “alla formazione e alla riqualificazione professionale, comprese le lezioni private impartite da insegnanti“.
Tali principio, a parere della Corte, non può essere applicato alle lezioni di scuola guida, in quanto tale categoria di insegnamento non rientrerebbe, secondo i giudici, in quelle di ambito scolastico e/o universitario.
Ma, purtroppo, c’è di più: la stessa sentenza indica infatti che l’applicazione dell’Iva sulle prestazione delle autoscuole ha effetto retroattivo, dovendosi intendere dovuto anche per tutti gli esercizi fiscali ancora accertabili, stabiliti per legge in cinque anni, quindi a partire dal 1° gennaio 2014.
In pratica, le autoscuole sono ora chiamate a regolarizzare tutte le operazioni fatturate regolarmente secondo il vigente regime di esenzione Iva, tramite apposite note di variazione, presentando per ogni anno le dichiarazioni integrative.
Un processo che dovrebbe prevedere di contattare uno per uno tutto i vecchi clienti e chiedere loro la quota di Iva allora non dovuta ma oggi richiesta per le prestazioni svolte.
Un vero delirio, come ben si intuisce, una richiesta che si scontra con elementari norme di buon senso e di costi operativi, senza considerare le legittime obiezioni che potrebbero venire dai soggetti interessati al provvedimento.
D’altro canto, neppure sembra possibile che del rimborso dell’Iva si facciano carico le autoscuole: dal 2014, sono ben 3,8 milioni le patenti rilasciate e l’importo totale dell’Iva è di diverse centinaia di milioni di euro.
A nulle sono valse le richieste delle autoscuole di una moratoria all’Agenzia delle Entrate, che con la risoluzione 79 dello scorso 2 settembre ha confermato che l’Iva va applicata.
Ora le associazioni di categoria Unasca e Confarca sono sul piede di guerra: hanno già chiesto un incontro a Robero Gualteri, nuovo ministro delle Finanze, con l’obiettivo di cancellare la retroattività e ottenere una riduzione dell’aliquota Iva da applicare, oltre a continuare a sostenere le ragioni dell’esenzione.
Per le autoscuole, infatti, e malgrado quel che pensano i giudici di Lussemburgo, l’insegnamento della guida automobilistica in una scuola guida equivale ancora a quello scolastico ed universitario, esenti dall’imposta.