IVA e patenti: per le autoscuole una vera stangata

IVA e patenti: per le autoscuole una vera stangata
Le associazioni di categoria Unasca e Confarca si mobilitano insieme contro il provvedimento
12 settembre 2019

Sono preoccupati, molto preoccupati, i gestori delle autoscuole italiane, che dal 3 settembre vivono l’incubo non solo di dover applicare l’IVA al 22% sulle loro prestazioni, ma anche di doverla rendere all’Agenzia delle Entrate per i 5 anni fiscali precedenti, quindi dal 2014.

La fine dell’esenzione IVA, infatti, rischia di mettere la parola fine sull’attività delle autoscuole italiane: l’effetto della risoluzione 79 dell’Agenzia delle Entrate, del 2 settembre, che accoglie il principio di una sentenza della Corte di Giustizia Europea del 14 marzo di quest’anno, che nega che l’insegnamento delle autoscuole abbia gli stessi requisiti di scuole o università, e che perciò, debba essere sottoposto all’imponibilità IVA, ha come primaria conseguenza che le autoscuole dovranno aumentare il loro listino; e per rispettare la retroattività del provvedimento dovrebbero contattare tutti gli ex allievi e chiedere loro di pagare il sovrapprezzo.

Naviga su Moto.it senza pubblicità
1 euro al mese

Oppure tirarlo fuori di tasca propria, visto che le autoscuole non hanno il potere coercitivo per recuperare tali somme.

La vicenda che ha portato alla sentenza della Corte di Giustizia Europea ha origine in una istanza presentata da un’autoscuola tedesca, la A&G Fahrschul-Akademie, che si era vista negare l’esenzione IVA dal fisco federale: i giudici tedeschi avevano assimilato l’insegnamento per la patente a quello scolastico e universitario, ma respinto l’esenzione, chiedendo, al contempo, un giudizio alla Corte di Giustizia Europea, pronunciato il 14 marzo 2019.

Dal 2014 al 2018, in Italia hanno conseguito le patenti di guida 3.857.512 persone: con costo stimato (al ribasso) di 650 euro per ogni singola patente, per gli oltre 2 miliardi e mezzo di euro di imponibile, il recupero IVA sarebbe di almeno 550 milioni di euro.

Quindi le cinquemila partite IVA che corrispondono alle settemila autoscuole attive in Italia potrebbero essere costrette a versare ciascuna circa 110 mila euro al Fisco: di fatto, questo sancirebbe la fine delle loro attività.

In campo le associazioni di categoria

Questo scenario ovviamente ha fatto scattare l’allarme rosso per Unasca e Confarca, le due associazioni di categoria che per questa battaglia hanno messo da parte ogni rivalità e studiato una road map comune. 

"Ci opporremo senz’altro - ha detto Emilio Patella, Segretario nazionale delle Autoscuole Unasca - perché un conto è un adeguamento normativo, ma il recupero retroattivo è tutta un’altra storia. Le autoscuole non hanno alcun titolo per riscuotere quelle somme dagli ex allievi, che potrebbero opporsi, e quindi saremmo costretti a mettere mano al nostro portafogli, opzione che sarebbe fatale per un’attività come la nostra, quasi sempre a conduzione familiare. Per noi, non c’è alcuna concorrenza sleale tra autoscuole d’Europa, come lamenta la sentenza della Corte di Giustizia: mi pare improbabile che qualche cittadino tedesco sia venuto a prendere la patente in Italia perché qui non si pagava l’IVA. In secondo luogo, l'aumentare le tariffe rischia di aumentare il numero di privatisti, e cioè di diminuire gli standard della formazione dei conducenti. Per non parlare delle guide su strada, che molti potrebbero scegliere di ridurre per problemi di budget. Infine, c’è da chiedersi quanto possano detrarre l’IVA una ragazza o un ragazzo di 18 anni che prendano la patente oggi, e quanto, su un altro fronte, l’aumento delle tariffe per le patenti professionali e la carta di qualificazione del conducente scoraggerà chi voglia intraprendere la professione di autotrasportatore. Se a tutto questo aggiungiamo le tempistiche per arrivare oggi dall’esame di teoria a quello di guida, che in alcune province rischia di far scadere il foglio rosa, si capisce quanto esplosiva sia la situazione". 

L’Agenzia delle Entrate aveva confermato l’esenzione IVA per le prestazioni didattiche delle autoscuole con due risoluzioni nel 1998 e nel 2005, e in seguito con una circolare del 2008: secondo le autoscuole, il recupero dei 550 milioni di euro non è dovuto, poiché non si tratta di elusione fiscale, in quanto l’IVA non era stata messa a bilancio dallo Stato e per questo non dovrebbe valere per le annualità fiscali ancora aperte, ma solo dal 3 settembre scorso.

Primo appuntamento, il 18 settembre

La Confarca, per tramite del suo presidente Paolo Colangelo, annuncia una mobilitazione nazionale: "Il 18 settembre ci vedremo a Roma insieme con l’Unasca per un primo momento di protesta e di definizione delle prossime mosse da compiere, al quale sono invitati anche politici, giornalisti ed esperti tributari. Questa situazione ci preoccupa davvero molto, perché se da un lato incombe la retroattività, dall’altro si rischia di allontanare i giovani dalla possibilità di accedere a un corso di guida, minando seriamente tutti gli sforzi fatti fino ad oggi per la sicurezza stradale. Chiediamo fin da subito che si tenga assolutamente conto a livello politico di tutto questo, e si trovi quanto prima un rimedio a una Risoluzione che incide in maniera pesante su un settore già in difficoltà, per la crisi economica e per i disservizi che gli operatori sono costretti a fronteggiare su tutto il territorio nazionale. Al nuovo Esecutivo porteremo subito la richiesta di cancellare la retroattività, e puntiamo a una riduzione dell’aliquota, senza dimenticare che il nostro obiettivo resta quello di continuare a lavorare in esercizio di esenzione IVA, soluzione che andrebbe a vantaggio dei giovani e soprattutto degli autisti professionali dell’autotrasporto, quelli che per lavoro necessitano di una patente C, D o E, che oggi vedono aumentare vertiginosamente il costo dei corsi per conseguire il titolo di guida".

Argomenti