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Ho finalmente letto l’autobiografia di Ivano Beggio, pubblicata postuma un paio di anni fa e curata dall’amico Claudio Pavanello, che per tanti anni lavorò in Aprilia con l’industriale veneto e ne ha registrato i ricordi. Il progetto prevedeva la presentazione del libro al salone di Milano del novembre 2018, purtroppo Beggio è scomparso per malattia il 13 marzo di quell’anno quando aveva soltanto 73 anni.
E’ una storia appassionante, quella di Beggio e dell’Aprilia, che già conoscevo piuttosto bene, o meglio, credevo di conoscere. Tantissimi sono gli appassionati innamorati del marchio di Noale ed io, che ne ho seguito la crescita fin dai primi anni Settanta, a Ivano e all’Aprilia ero molto legato. E mi piace sottolineare che la stima era reciproca: quando Beggio preparava una delle sue presentazioni stampa, fosse di prodotto o di corse, di solito mi voleva al suo fianco a coordinare gli interventi; e qualche volta ho partecipato persino alle riunioni del vertice aziendale.
Credevo di conoscere tutta la storia, e invece ignoravo tante cose e la lettura mi ha emozionato. A cominciare dai ricordi di Ivano bambino, del rapporto con il padre che costruiva le biciclette, dalle ambizioni di Beggio jr che crescevano con l’età, e l’incontro con la ragazza, Tina, che lo avrebbe affiancato per tutta la vita.
Leggendo la biografia ho “provato” di nuovo tutte le Aprilia, dalla Colibrì 50 del 1970 che pochissimi avranno sentito nominare alla ST 125 dell’82 e avanti, modello dopo modello, fino a oggi. Ho rivissuto le emozioni di quella domenica a Misano nell’87, quando Reggiani vinse il primo GP con la 250, e della Svezia nel ’92 quando Gramigni con la 125 conquistò il primo titolo nel motomondiale e non aveva più voce per l’intervista, o dei primi titoli di Max Biaggi.
Ma quasi dimenticavo le reali dimensioni che l’Aprilia di Beggio aveva raggiunto, 538 milioni di euro di fatturato e milleduecento dipendenti, quando inaspettata arrivò la crisi. L’indebitamento era salito a 136 milioni di euro e le banche gli tolsero la fiducia. Da un giorno all’altro, quasi come se ci fosse un piano preordinato. Beggio, nelle parole raccolte da Pavanello, riconosce che l’acquisto della Moto Guzzi fu un errore e che la moglie aveva cercato di fermarlo; ma “un imprenditore privato - dice - fa spesso scelte forti e investimenti rischiosi, è nella sua natura”. Rimpiange di aver dato credito, sbagliando, a qualche suo dirigente, e soprattutto di non aver coltivato le amicizie politiche che magari avrebbero potuto convincere le banche ed evitare il drammatico epilogo.
Un capitolo interessante e inatteso è quello dedicato alla spiritualità. Dopo aver scoperto, a soli 52 anni, di avere un tumore alla prostata, Ivano si rivolse ai medici più noti, ma fu un Maestro indiano, Sai Baba, a risolvergli il problema. Non vi svelo i dettagli, ma credetemi, leggere tutta la storia è illuminante.
Concludendo, devo ammettere di aver fatto un grosso errore, con Beggio. Per il suo settantesimo compleanno, Ivano invitò me come molti altri e non andai. Mi sentivo in imbarazzo, e dico la verità, un po’ ce l’avevo con lui: non gli perdonavo di aver “esagerato”, di aver spinto troppo oltre la sua ambizione. Oggi capisco che senza quella ambizione non avrebbe creato quel magnifico fenomeno che è stato (e ancora è) l’Aprilia. E questo conta.
Come tutti aveva pregi e difetti, Ivano Beggio, ma è stato un grande uomo e va ricordato per quello che ha realizzato, non per quello che alla fine ha perduto. Magari, come sembra dalla biografia, pure subendo una ingiustizia. Ho sbagliato e se ho dato un dispiacere a lui e alla moglie Tina oggi chiedo pubblicamente scusa.
“Ivano Beggio, la mia Aprilia”, 252 pagine con molte foto a colori, è edito da ZeL edizioni, il prezzo di copertina è di 30 euro. Lo si può richiedere direttamente al sito: ivanobeggio.com.