Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Finalmente è arrivata anche lei, la Kawasaki Ninja H2 “base”, se così si può definire: dopo il debutto della mostruosa H2R limitata all’uso in circuito, al Salone EICMA di Milano la Casa di Akashi svela l’H2 stradale, accreditata di una potenza inferiore e certamente meno raffinata ma altrettanto affascinante.
Sono infatti “solo” 200 i cavalli dichiarati (a 11.000 giri) e 133 i Newton/metro cinquecento giri più sotto: anche considerando i 10 in più ottenibili ad airbox in pressione, si tratta di prestazioni elevatissime ma che non fanno gridare al miracolo venendo raggiunte anche dalle più recenti proposte della classe Superbike senza bisogno di sovralimentazione. La Kawasaki offrirà sicuramente un’erogazione molto più grintosa ai bassi e medi regimi, resta però un po’ di perplessità di fronte ad un valore a cui siamo ormai abituati.
La Ninja H2 deriva strettamente dalla H2R, ed è stata realizzata con uno sforzo collettivo da parte di Kawasaki Heavy Industries: oltre al reparto moto, infatti, la progettazione è stata svolta dalla divisione Aerospace – che si è occupata dell’aerodinamica – e dalla Gas Turbine & Machinery per quanto riguarda il compressore centrifugo. Per questo è stato adottato il logo storico (il River Mark), che simboleggia l’impegno del gruppo Kawasaki, sulla parte frontale del cupolino.
Il propulsore è un quadricilindrico in linea da 998 cc, sovralimentato attraverso l’adozione di un compressore centrifugo in posizione centrale dietro ai cilindri lubrificato (e raffreddato) dall’olio motore. Importante il fatto che il motore sia stato pensato fin dall’inizio per questa soluzione, ottimizzando tanto le prestazioni del compressore quanto la distribuzione di spazi e masse, risparmiandosi ad esempio l’adozione di un intercooler. Il compressore è azionato dall’albero motore attraverso una cascata di ingranaggi che ne moltiplica il regime di rotazione di un fattore 9,2: ai circa 14.000 giri dell’intervento del limitatore corrispondono quindi circa 130.000 giri del compressore.
Di fatto il propulsore si rivela robustissimo, essendo strutturato per resistere alle sollecitazioni della versione H2R (accreditata di 300 cavalli) dalla quale differisce solo per alberi a camme, frizione (naturalmente antisaltellamento, con particolari forniti da Brembo) e guarnizioni della testa. Le valvole sono in acciaio all’aspirazione e in inconel/acciaio allo scarico per meglio resistere alle alte temperature; per lo stesso motivo i pistoni sono ricavati per stampaggio e non forgiatura.
All’alimentazione provvede una presa d’aria sul lato sinistro che va a riempire (e pressurizzare) un airbox dal volume di ben sei litri realizzato in alluminio per disperdere meglio il calore mantenendo quindi più fresca l’aria ed assicurando una tenuta perfetta anche con il compressore in pressione. Per migliorare l’atomizzazione del carburante, inoltre, gli iniettori dirigono il getto contro reticelle in acciaio. I condotti di aspirazione sono lucidati, mentre allo scarico si trovano collettori (in acciaio) rettilinei realizzati per idroformatura.
tutto il sistema di alimentazione è controllato da un sistema ride-by-wire, parte di un impianto integrato che offre controllo di trazione predittivo (KTRC) su tre livelli (pista, strada, fondi scivolosi) più modalità Rain, launch control (KLCM) con tre strategie d’intervento e gestione del freno motore (KEBC). L’assistenza al pilota continua naturalmente con l’ABS intelligente KIBS già visto sulla ZX-10R; per la prima volta, inoltre, Kawasaki offre di serie il cambio elettroassistito KQS. Per scongiurare reazioni inconsulte dello sterzo, la H2 è dotata di ammortizzatore di sterzo elettronico Ohlins.
La strumentazione, ispirata a quella degli aerei da caccia, è composta da contagiri analogico e tachimetro LCD con l’ovvio corollario di spie e dati integrati nel display programmabile. Tutti i comandi sono posti sui blocchetti a manubrio per avere costantemente tutto sotto controllo. L’impianto d’illuminazione è completamente a LED.
Ha fatto scalpore l’uso di un traliccio in acciaio altoresistenziale da parte di Kawasaki, pioniera del monoscocca nei Gran Premi con le KR anni 70. La scelta è nata per le migliori caratteristiche di raffreddamento offerte dalla struttura aperta del traliccio, ma anche per poter modulare con maggior facilità rigidità e flessibilità. Il motore agisce come parte stressata integrando la piastra che ospita il perno forcellone; una “prima” assoluta anche qui, dal momento che sulla H2 debutta il primo monobraccio della storia di Kawasaki.
Il comparto sospensioni può contare su una forcella con steli (rovesciati) da 43 mm KYB AOS-II, prima declinazione stradale della forcella AOS pressurizzata utilizzata nel cross con separazione di aria e olio. Al posteriore troviamo un monoammortizzatore con schema Uni-Trak. L’impianto frenante è Brembo, con dischi da 330 mm lavorati da pinze radiali monoblocco a 4 pistoncini da 30 mm. Al posteriore si trova un disco singolo da 250 mm; il tutto è montato su inediti cerchi a cinque razze da 17” che calzano pneumatici nelle misure 120/70 e 200/55.
La ciclistica è ovviamente piuttosto conservativa nelle misure caratteristiche, con un interasse di 1.455 mm, un angolo di sterzo di 24,7° e un’avancorsa di 108 mm per garantire la dovuta stabilità ad un mezzo dalla marcata vocazione velocistica. Naturalmente curatissima quindi anche l’aerodinamica, anche se spariscono gli winglet visti sulla H2R: una parte del loro effetto viene svolto dagli specchietti, disegnati dalla divisione Aerospace e dotati di flaps per generare deportanza e mantenere l’H2 attaccata a terra.