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Una è sovralimentata, l'altra porta un nome mitico. Una ha potenza e coppia da vendere, l'altra pure. Una vuole conquistarvi con la super dotazione tecnologica, l'altra vi porterà nel mondo del mito dei 300 km/h nato una ventina di anni fa, vicina nel concetto a quelle moto che hanno il merito di avere aperto la via alle super-prestazioni alla portata di (quasi) tutti.
Sono le Kawasaki Ninja H2 SX SE e la Suzuki GSX1300R Hayabusa, due moto che abbiamo voluto confrontare nell'utilizzo trasversale per capire come vanno e quali sono le differenze tra l'una e l'altra delle uniche due rappresentati del segmento sport e sport-touring da 300 km/h; un test nato per valutare i pro e i contro di motociclette così peculiari che si fa presto a definire iperboliche, quasi insensate nelle loro prestazioni da dragster, ma che invece abbiamo cercato di guardare non soltanto con l'occhio dell'appassionato per il quale le due “rivali” sono dei magnifici esempi di tecnica motociclistica ma anche con lo sguardo di chi queste moto le porterà sulle strade di tutti i giorni dove sarà impossibile sfruttare i loro strabilianti motori che hanno bisogno della pista per poter esprimere tutto il loro potenziale.
La maxi sport-tourer di Kawasaki è una moto che non passa inosservata: a parte le forme personalissime e uno stile che la identifica immediatamente come una delle proposte top di gamma di Kawasaki, c'è una parolina evocativa che emerge da un piccolo coperchio del motore: “supercharged”. La Ninja H2 SX SE appartiene infatti alla famiglia di moto sovralimentate di Akashi e assomma questa peculiarità a quella di essere la prima moto giapponese dotata di ARAS, ed è sulla tecnologia e sulla dotazione che la Ninja gioca parte delle sue carte.
Il modello che vedete in prova è una Tourer MY 2022, differisce dalla 2023 soltanto per la mancanza della telecamera che comanda l'impianto di illuminazione e seleziona gli abbaglianti o gli anabbaglianti a seconda del caso, per il resto non ci sono differenze di rilievo.
Singolare e unica anche nel telaio, la Ninja H2 SX SE è dotata di un traliccio di tubi in acciaio che avvolge il motore e che è collegato ad uno scenografico forcellone monobraccio in alluminio forgiato. Rispetto alle estreme H2 e H2R il telaio è sviluppato in vista dell'utilizzo turistico-sportivo e offre un raggio di sterzo di 30°, ma mantiene il motore come elemento stressato della ciclistica. L'interasse è di 1480 mm, la sella è posta a 835 mm (ma è disponibile come accessorio una sella che porta l'altezza a 820 mm), il peso in ordine di marcia 267 kg dichiarati e il serbatoio contiene 19 litri.
Le sospensioni sono evolutissime: Showa fornisce la forcella rovesciata da 43 mm di diametro e il monoammortizzatore BFRC lite, ma in questo caso troviamo il sistema di sospensioni semiattive KECS (Kawasaki Electronic Control Suspension) con la tecnologia Showa Skyhook EERA a governare in maniera elettronica la risposta dei due elementi, che danno alle ruote una corsa di 120 e 139 mm rispettivamente per anteriore e posteriore. La risposta di forcella e ammortizzatore viene regolata elettronicamente in base alla velocità del veicolo, velocità di corsa della sospensione e della decelerazione, in quest'ultimo caso per gestire il beccheggio in frenata. Un sistema sofisticato che vede dei solenoidi reagire agli input che ricevono dai sensori e dall'IMU in un millisecondo, mentre IMU, ABS e impianto di iniezione mandano alla ECU del sistema KECS informazioni ogni 10 millisecondi: sembra complicato, ma il risultato – ve lo annunciamo – è eccezionale. Il sistema ovviamente interagisce con i Riding Mode (ne parliamo tra poco) e oltre alla comoda manopola del precarico posteriore è possibile modificare il precarico delle sospensioni su tre livelli (pilota - pilota e passeggero – pilota, passeggero e bagagli) in modo rapidissimo tramite un pulsante al manubrio, ma i setting sono ulteriormente raffinabili anche durante la corsa agendo sulla strumentazione.
L'impianto frenante vede all'opera una centralina Bosch 10.3ME che governa l'ABS cornering: all'avantreno c'è una coppia di dischi da 320 mm con pinze radiali Brembo Stylema, gestite da una pompa radiale, mentre dietro agisce un singolo disco da 250 mm con pinza due pistoncini contrapposti. Sui cerchi da 17 pollici troviamo pneumatici 120/70 e 190/55 la cui pressione d'esercizio è costantemente osservata dal TPMS che avverte quando ci si trova sotto i 220 kPa. Presente anche il sistema VHA che assiste nelle partenze in salita e la segnalazione di frenata d'emergenza.
Anche qui siamo ai vertici della tecnologia, visto che la Ninja H2 SX SE è dotata di ARAS Bosch per l'implementazione del Forward Collision Warning, Blind Spot Detection e Cruise Control Adattivo. In soldoni, due radar posti uno sotto il faro anteriore l'altro sopra la targa sovrintendono gli ausili alla guida e vengono gestiti attraverso il TFT a colori da 6,5” e gli affollati (ma razionali) blocchetti al manubrio, sullo stesso dashboard si accede anche alla connettività che permette di gestire chiamate, messaggi, musica e così via e attraverso l'applicazione Kawasaki Spin si possono scaricare sul proprio smartphone applicazioni di terze parti (pensiamo alla navigazione e alla gestione degli interfono, per esempio) e fare il “mirroring” sulla strumentazione che appare ricchissima di informazioni sullo stato della moto, inclinazione raggiunta, consumi e così via, con diversi layout disponibili.
L'avviamento è keyless, troviamo inoltre una presa di corrente accanto la strumentazione e una USB sotto la sella del passeggero, il comando idraulico della frizione, le manopole riscaldabili di serie, il cavalletto centrale e in questa versione due valigie laterali rigide da 28 litri (vengono prodotte dalla GIVI), perfettamente integrate nella linea (e nella dinamica...) della Ninja. L'impianto di illuminazione Full LED prevede anche le cornering lights che illuminano l'interno della curva mano a mano che si affonda la piega. Completa la dotazione la vernice autorigenerante: più di così...
Chiunque abbia mai provato una H2 sa di cosa parliamo: l'urlo e il soffio del compressore centrifugo in accelerazione e in rilascio valgono da soli il prezzo del biglietto e non sorprende che Kawasaki abbia ricavato una “sound hole” (che i musicisti forse chiamerebbero camera tonale) nel condotto di ammissione d'aria per regalare al pilota una musica pazzesca! Il motore Balanced Supercharged, sovralimentato con compressore centrifugo, è un quattro cilindri di 998 cc di pura scuola giapponese ed evoluto rispetto alla versione precedente per avere maggiore coppia ai medi regimi (da 4 a 8.000) e per rientrare nella Euro 5. I numeri fanno impressione: sono 200 i cavalli dichiarati a 11.000 giri che diventano 210 con il sistema Ram in pressione. La coppia non è da meno e troviamo un picco di 137,3 Nm a 8.500 giri, il cambio è a sei rapporti con meccanismo “dog ring” e assistito da quickshifter, ma è sull'evoluta elettronica che conviene soffermarci un attimo di più: arriva adesso una nuova IMU a sei assi indispensabile per implementare l'ARAS, mentre il KEMF (Kawasaki Cornering Management Function) si occupa di gestire l'intera percorrenza della curva e si interfaccia con il controllo di trazione su tre livelli (disinseribile), antimpennata, controllo freno motore, col KIBS che provvede alla gestione della frenata e all'antisollevamento del retrotreno e con le sospensioni semiattive. Se avete voglia di sensazioni forti c'è anche il launch control.
Sono disponibili tre livelli di potenza, Full, Middle (75%) e Low (50%) e quattro riding mode (Sport, Road, Rain e Rider, quest'ultimo totalmente personalizzabile) sui quali gestire le sospensioni semiattive, controllo di trazione e i livelli di potenza. Insomma, una dotazione elettronica completa e sofisticata che mette la Kawasaki su un livello di raffinatezza tecnologica da prima della classe.
È tornata nel 2021 dopo un'assenza di quattro anni (era uscita dal nostro mercato nel 2017, mai aggiornata all'Euro 4) e a 22 anni di distanza dalla sua prima versione piombata come una bomba nel segmento del nascente “club dei 300 km/h” e che contribuì a far giungere le case giapponesi a quel gentlemen agreement di non produrre più moto che oltrepassassero i 300 km/h. Un monumento alla velocità, un'icona ormai intramontabile che vi porta a essere fermati di frequente da curiosi e appassionati che cedono al fascino di una moto unica che per la sua terza generazione si è profondamente evoluta pur non rinunciando a nemmeno un briciolo della sua personalità. Suzuki la annovera come una “super-sport” e in effetti la linea è filante e peculiare con molte concessioni alla sportività e alla penetrazione aerodinamica ma è anche vero che la sua impostazione generale permette di affiancarla alla Ninja per peso e prestazioni: potenza e sportività, ma anche quel grado di versatilità che rendono queste belve usabili anche nella guida stradale di tutti i giorni. Anche lei è, in questa prova, un MY 2022 che rispetto alla 2023 è sostanzialmente identico.
Esteticamente il “Falco Pellegrino” (Hayabusa è il nome giapponese del pennuto che è anche l'animale più veloce del pianeta) ha mantenuto la sua personalità, evolvendola, di moto bassa e filante con notevole cura nell'aerodinamica ma “dentro”, pur rispettando lo stesso layout della versione precedente, è stata totalmente rivista.
La ciclistica resta imperniata sul telaio a doppio trave in alluminio ma adesso la distribuzione dei pesi è 50/50 anche grazie al nuovo e più leggero impianto di scarico che ha spostato la ripartizione delle masse. Al telaio sono collegati il forcellone in alluminio e sospensioni KYB: una forcella a steli rovesciati da 43 mm con riporto DLC e un ammortizzatore posteriore, entrambi completamente regolabili mentre alla frenata (combinata: chiamando in causa il freno anteriore si attiva anche il posteriore) provvede un impianto anteriore con pinze radiali Brembo Stylema e dischi da 320 mm (prima erano da 310) azionati da una pompa radiale, al retrotreno c'è un classico disco singolo con pinza Nissin, il tutto corredato da ABS cornering Bosch e segnalazione della frenata d'emergenza. I cerchi da 17 pollici vestono pneumatici da 120/70 e 190/50.
Per certi valori l'Hayabusa è molto vicina alla sua “rivale”: l'angolo di sterzata è di 30°, l'interasse è pari a 1.480 mm e il peso in ordine di marcia è di 264 kg dichiarati, ma l'altezza da terra della sella qui è a 800 mm e il serbatoio è da 20 litri.
Il monumentale e longevo quattro cilindri in linea di 1340 cc è stato rivoluzionato per andare incontro all'omologazione Euro 5 e per aumentare ancora di più le storiche doti affidabilità, aggiungendo ulteriore trattabilità e tiro ai medi regimi. Troviamo così una potenza dichiarata di 190 cavalli a 9.700 giri e ben 150 Nm a 7.000 giri, con un lieve sacrificio rispetto al passato dove il motore erogava 197 cavalli e 155 Nm ma a 7.200 giri ma con un sostanzioso beneficio di coppia ai regimi intermedi. Troppo lungo descrivere nel dettaglio tutto quello che è cambiato all'interno di questa unità propulsiva, ci proviamo dandovi qualche cenno: pistoni e bielle più leggeri, diverso disegno delle camere di combustione TSCC, nuovo sistema di alimentazione a doppio iniettore che da solo da un 2% di potenza in più ai bassi e medi regimi, l'air box è maggiorato e fa il paio con l'evoluto Suzuki Ram Air Direct (SRAD), c'è un incrocio più contenuto delle fasi dei (nuovi) assi a camme e, infine, viene introdotto il ride-by-wire con nuovi corpi farfallati conici da 43 mm, ma potremmo continuare con non banali dettagli come il nuovo radiatore con resistenza all'aria ridotta dell’8% circa e con la sua ventola che vede aumentare il volume d’aria movimentato di circa il 7% .
Tutto questo per connettersi – e proprio il caso di dire – all'elettronica di supporto decisamente avanzata e che supera in raffinatezza quella della hypersport GSX-R1000.
C'è infatti una nuova versione evoluta del Suzuki Intelligent Ride System (S.I.R.S.), un completo pacchetto di dispositivi elettronici che si basa anche sulla IMU a sei assi: si parte quindi dalla gestione dei riding mode del sistema SDMS-α che presenta tre modalità standard (Active, Basic e Comfort) e tre definibili dall'utente, dove poter configurare a piacimento risposta acceleratore, controllo di trazione su 10 livelli (disinseribile), anti-impennata su 10 livelli (disinseribile), freno motore su tre livelli (anche questo disinseribile) e quickshifter bidirezionale settabile su due modalità, una più sportiva e l'altra meno diretta.
I livelli di potenza disponibili sono tre: i primi due sono a potenza piena con il secondo più scavato sui medi regimi, il terzo invece è decisamente più smussato e il livello di potenza massima è ridotto. Anche qui, se volete partire come nelle drag race americane, c'è il launch control regolabile su tre livelli (4, 6 o 8.000 giri di intervento), ma Suzuki ha anche pensato alla salute delle nostre patenti: per evitare che una semplice svista in autostrada porti la velocità oltre il limite consentito, l'Hayabusa è dotata di un limitatore di velocità che fa compagnia al Cruise Control. Per la gestibilità della moto nell'uso più disimpegnato troviamo anche il Low Rpm Assist e l'Hill Hold Control System che aziona automaticamente per 30 secondi il freno posteriore una volta che la moto si ferma in salita.
Condividiamo al 100% la scelta di Suzuki di dotare l'Hayabusa di una strumentazione analogica: sembrerebbe quasi un retaggio degli anni '90 ma a parte le esemplari completezza e visibilità, il vedere avanzare la lancetta del tachimetro come fosse quella del contagiri non ha prezzo ed è assolutamente in linea con l'immagine della “Busa”. Per la gestione dell'elettronica c'è però un piccolo pannello TFT centrale che mostra le impostazioni correnti del sistema SDMS-α, tutte le informazioni che servono e anche qualcuna in più come la pressione sui freni, l'apertura del gas, l'angolo di piega e i consumi: non manca nulla e la leggibilità è ottima. Non troppo affollati i blocchetti elettrici, affiancati dal comando idraulico della frizione, impianto di illuminazione Full LED e dalle leve freno e frizione alleggerite. Le manopole riscaldabili sono optional.
Gli Pneumatici: Pirelli Diablo Rosso IV Corsa
Abbiamo scelto di dotare le due moto protagoniste di questa prova di una coppia di Pirelli Diablo Rosso IV Corsa. Sono gomme molto sportive ma sempre con una destinazione stradale, eredi delle Diablo Rosso Corsa II e che, rispetto alle Diablo Rosso IV che abbiamo provato in tutti contesti possibili, privilegiano il grip su asciutto e la costanza di rendimento quando si chiede il massimo delle performance, rinunciando a una piccola aliquota di tenuta sul bagnato e di percorrenza chilometrica. Troviamo qui un rapporto vuoti/pieni diminuito del 25% rispetto al Rosso IV e una struttura bimescola con la cintura a zero gradi rivista per aumentare le capacità di smorzamento e restituire maggior feeling al pilota, con zone laterali meno dense di intagli. Gomme decisamente votate alle performance assolute che ben si sposano con le prestazioni elevatissime che moto da 300 km/h, 200 cv e oltre 260 kg di peso possono scaricare su superfici di contatto con l'asfalto grandi quanto una carta di credito. Sono state rispettate – anche in pista – le pressioni indicate dalle Case costruttrici e, ovviamente, le misure di primo equipaggiamento, per mettere alla prova anche una diversa “filosofia” di rapporto d'aspetto dello pneumatico: 190/55 contro 190/50.
Le due moto di questa prova potrebbero incutere timore ma entrambi i progetti sono così evoluti ed esplorati che fin dai primi metri è facilissimo entrarvi in confidenza.
La posizione di guida esprime appieno la grande diversità concettuale che separa la Kawasaki dalla Suzuki. Se la Ninja H2 vede un'ergonomia propria delle sport-tourer con un manubrio largo e rialzato, pedane relativamente distanti dalla sella e una protezione aerodinamica da riferimento (se volete di più dovete cambiare segmento e andare sulle Tourer), l'Hayabusa mostra una relazione sella-pedane-manubrio più sportiva e distesa: ottima per il controllo della moto ma per forza di cose meno adatta a chi è più corpulento o particolarmente alto: piloti che troveranno più che altro pedane piuttosto vicine alla sella e che lamenteranno una protezione del cupolino sufficiente ma non da turistica.
Sia per la Kawasaki che per la Suzuki i comandi sono da riferimento per docilità e scorrevolezza, la trasmissione di calore non eccessiva e vibrazioni praticamente inesistenti se non ai regimi più alti dove la vostra patente – anche in seconda marcia - sarà già un lontano ricordo...
La manovrabilità da fermo è buona per entrambe ma bisogna sempre tenere conto del peso e degli ingombri: in questo caso per la H2 le borse laterali non sono critiche perché ottimamente integrate e un plauso va fatto per la facilità con la quale si può fare inversione a “U” a bassissima velocità sia con la Suzuki che con la Ninja che però fa avvertire la sua diversa distribuzione dei pesi.
Arriviamo quindi al misto: le strade statali sono uno dei terreni ideali per saggiare le caratteristiche di guida di queste due ammiraglie che appaiono subito molto diverse tra loro. L'H2 ha un comportamento da passista e fa perno sulle ottime sospensioni semiattive: intuitiva, con un comfort elevatissimo, capace di tirare fuori dalle curve in qualsiasi marcia con un semplice cenno al comando del gas che fa schizzare il reattivo motore sovralimentato nella parte alta del contagiri, facile da inserire in piega nella quale trova facilmente l'angolo ideale e dalla stabilità granitica anche sulle sconnessioni.
Riding mode Road e via, si acquista subito un bel ritmo sostenuti da beccheggi contenuti anche chiamando in causa i freni e con reazioni della ciclistica smorzate e prevedibili se si commette qualche errore o si esagera un po', eventualità molto - ripeto: molto – facile quando ci si trova a girare con le marce basse per sentire il compressore in azione... Non affatica nei cambi di direzione e se proprio dovessimo chiedere qualcosa di più avremmo gradito un freno posteriore più incisivo per gestire meglio l'inclinazione e i tornanti, ma questa è una caratteristica mutuata dalla versione precedente della Supercharged di Akashi.
La Hayabusa è decisamente di un'altra pasta: pur contando su sospensioni scorrevolissime che garantiscono un ottimo comfort, ti dice subito che lei è una sportiva; d'accordo, non sarà una hypersport ma non è un caso se tra le due contendenti è quella dotata della copertura sella monoposto. Se guidata in relax anche in mappa A (quella più performante) si fa accompagnare tra le curve docilmente, con un gran gusto e senza sforzi: mettete la quarta e godetevi il tiro pazzesco del motore, non vi serve altro. Se volete però aumentare il ritmo la “Busa” fa valere la sua ciclistica peculiare e in barba al /50 posteriore non ci metterà molto a portarvi a limare i piolini delle pedane senza alcuno sforzo mantenendo un'esemplare solidità e prevedibilità di comportamento che vede un limite soltanto quando non si tiene in conto che si è su una moto da 260 kg e ci si ostina a forzare gli ingressi in curva, magari nelle discese, dove i controlli elettronici vi aiuteranno non poco a mettere una pezza all'irruenza. Ottima la frenata combinata che tiene l'assetto controllato anche quando si sfrutta a fondo l'impianto.
Se dalle curve si passa all'autostrada le differenze si demarcano ancora più nette: grande protezione aerodinamica per tutto il corpo con la H2, anche senza reclinarsi sotto l'ampio cupolino assolutamente privo di vortici, cui vanno aggiunti stabilità totale anche a valigie piene con il sensibile contributo delle Showa semiattive e del KECS che uniscono comfort e rigore direzionale; motore che gira attorno ai 5.500 giri e pare di andare sul velluto, quasi sospesi dal terreno. Una marcia in più per la sicurezza e il comfort globale viene dal cruise control adattivo, molto a punto: progressivo nell'intervento e settabile su tre livelli di intervento, degno compagno del sensore del punto cieco posteriore che da una mano sulla sicurezza in autostrada durante i sorpassi. Difficile chiedere di più, pensando anche che ci troviamo su una moto con la quale fino a pochi minuti prima grattavamo i piolini sui tornanti...
L'Hayabusa in autostrada fa sentire la sua impostazione dichiaratamente più velocistica che richiede si inserirsi di più nella sagoma della moto, come in una bolla: ottima quindi la protezione aerodinamica per tutto il corpo e fino a ben oltre le velocità codice quella offerta dal cupolino è buona, ma se si desidera viaggiare in posizione eretta e con la protezione di una tourer il primo passo da compiere è quello di acquistare il cupolino optional più alto di 38 mm. Per il resto anche i chilometri scorrono comodi perché le sospensioni assorbono molto bene, non ci sono vortici e il rigore direzionale è infinito. Tra l'altro, in autostrada, sia la Kawasaki che l'Hayabusa non faticano a restare tra i 19 e i 20 km/h con una guida appena accorta: ma non cedere alla tentazione di aprire la manetta è difficile.
Proprio per questo abbiamo scelto di portare le due contendenti in uno dei templi della velocità: il circuito di Pergusa.
Se ci seguite da un po' avrete già visto in altri dei nostri servizi l'anello che si dipana attorno al lago vicino Enna: è un tracciato che mette a durissima prova stabilità, trazione e freni per la presenza di almeno tre staccate piuttosto severe e diversi punti dove la coerenza d'assetto e il grip fanno la differenza tra finire nella via di fuga e spuntare i 270 km/h prima delle staccate. Ma sopratutto finalmente possiamo assaporare pienamente le prestazioni pazzesche dei due quattro cilindri senza il rischio di essere spediti in galera.
Anche qui emergono prepotenti le diverse scelte di progetto e di filosofia. Sulla Ninja il primo step è rimuovere le valigie e selezionare il riding mode Sport; usciti dalla corsia dei box scopriamo un motore furibondo nella capacità di girare in alto con il contorno del mefistofelico suono del compressore: si entra in curva allegri senza pensarci due volte e una volta usciti si può dare il gas come se non ci fosse un domani, certi che i controlli elettronici terranno la moto incatenata alla traiettoria, giusto l'avantreno si alleggerisce un po' ma niente di problematico.
I rapporti si inseriscono uno dopo l'altro senza incertezze grazie al quickshifter perfetto sotto ogni profilo e basta infilarsi sotto il cupolino per vedere i numeri sul TFT avanzare come in un videogame. Il momento della frenata è critico: passare da 250 o 270 km/h a 90 in poco spazio richiede di prendere le misure alla massa della H2 ma qui le sospensioni sorreggono magistralmente e si può arrivare fino a dentro la curva con i freni in mano dopo aver applicato al freno anteriore una pressione adeguata. Punto di corda, grattatina alla saponetta, full gas e si ricomincia! Non è difficile prendersi qualche soddisfazione e acquisire un buon ritmo parametrando tutto al segmento di appartenenza (sopratutto i cambi di direzione vogliono essere anticipati il giusto) e un plauso va fatto alle Pirelli Diablo Rosso IV Corsa per avere retto molti giri consecutivi senza dare segni di affaticamento e con un comportamento omogeneo.
Scesi dalla H2, ci attende l'Hayabusa: il quattro cilindri di 1340 cc non aspettava altro che varcare i cancelli di Pergusa. È appena meno rapido a prendere i giri rispetto al 998 cc Kawasaki ma l'erogazione è semplicemente devastante: pieno di coppia a ogni regime permette di fare scorrere ancora di più la moto in curva dove magari si è appena arrivati da un cambio di direzione dove (per la categoria) mette in mostra una buona manegevolezza.
La “Busa” è bassa e lunga, in pista si trova a suo agio e si avverte il suo assetto dedicato alla stabilità: giro dopo giro i curvoni del tracciato ennese si affrontano con sempre meno timore e con gas sempre più aperto, scorrendo letteralmente su un binario snocciolando i rapporti uno dopo l'altro grazie al quickshifter rapido e preciso, alla granitica sensazione di sicurezza infusa da un avantreno da riferimento e ai controlli elettronici decisamente efficaci. La sensazione di velocità è più sensibile che sulla H2 per la minore protezione offerta dal cupolino che impone di stendersi sul serbatoio superati i 200 km/h e una volta in vista della curva è meglio anticipare di almeno 50 metri i vostri parametri perché durante le staccate l'Hayabusa affonda tanto sulla forcella in taratura standard (ma in questo caso dovremmo dire “visioni celestiali”). Per questa ragione abbiamo preferito dare un giro di precarico e un paio di click in compressione alla forcella, trovando un miglioramento che non è andato a discapito delle altre aree e ha mantenuto ottimo il comportamento della frenata combinata anche in pista.
Per quanto riguarda i pneumatici, attendevamo al varco lo /50 posteriore ma in tutta sincerità chi scrive deve ammettere di non aver mai avvertito la necessità di un /55: l'Hayabusa è progetto molto raffinato ed equilibrato e il 190/50 si inserisce perfettamente in un contesto disegnato ad hoc. Va da sé che il grip e la costanza di rendimento delle gomme Pirelli Diablo Rosso IV Corsa sui circa 120 km di pista sono stati notevoli, compreso il sostegno in staccata che su moto da oltre 260 kg che piombano da 270 km/h sulla curva non è affatto banale.
Motociclette così peculiari partono per la tangente quando si parla di razionalità: che senso potranno mai avere dei missili da 300 km/h (autolimitati) che non sono sportive “vere” o hanno prestazioni molto superiori alle tourer come siamo abitutati a pensarle? Invece la forza dei loro 200 cavalli demolisce ogni preconcetto grazie alla raggiunta sfruttabilità globale di tutte e due le moto che gratificano, divertono e appagano l'occhio e l'orecchio: ci sono moto più “razionali”? Certamente, ma il senso della Kawasaki Ninja H2 SX SE e della Suzuki GSX1300R Hayabusa è anche quello di farvi sognare ogni volta che aprite il garage e le vedete pronte per un giro o un viaggio, saperle capaci di prestazioni balistiche che magari non sfrutterete mai e innamorarvi ogni volta delle loro peculiarità tecniche, tecnologiche e stilistiche: queste moto sono un inno d'amore ai motori e alla moto e disquisire sulla loro razionalità è un esercizio che ha poco senso, quando invece l'unica cosa da rimarcare è che queste prestazioni snocciolate con tale facilità e accessibilità devono far salire il pilota in sella sempre con il cervello ben acceso, non è soltanto questione di buon senso. Se volete sfruttarle al 100% portatele in pista e non ve ne pentirete.
Hanno personalità diverse, questo sì: la Kawasaki è un'ammiraglia sport-touring top di gamma. Con lei i lunghi viaggi sono possibili con grande comfort (anche mentale, grazie a tutta la tecnologia come ARAS e sospensioni semiattive) e regala un gran gusto se condotta allegramente tra le curve dove il motore vi lancia nell'iperspazio ad ogni apertura di gas. Trovarle un vero difetto è difficile, ribadiamo il relativo poco mordente del freno posteriore.
La Hayabusa è un'icona che fa voltare le teste dei passanti, anche quelli a digiuno di moto. Suzuki è riuscita a trasferire nel 2021 con efficacia e godibilità trasversale a tutti gli utilizzi un progetto nato negli anni '90 e sfidiamo chiunque a eccepire che 190 cavalli sono un passo indietro rispetto alla precedente versione Euro 3: non con questa coppia strappabraccia e con queste performance globali. Resta uguale a sé stessa e per questo se proprio dobbiamo trovarle un difetto dobbiamo addentrarci nell'utilizzo prettamente turistico dove possiamo segnalare il cupolino che soltanto in questo contesto avremmo voluto più alto e – ma qui entrano in gioco il prezzo d'acquisto e la filosofia di progetto – la mancanza rispetto alla rivale del cavalletto centrale, delle cornering lights e della presa di corrente.
Tra le due moto ballano, è giusto sottolinearlo, cifre importanti che riflettono anche la diversa dotazione: il MY 2023 della Kawasaki Ninja H2 SX SE parte da 29.690 euro f.c. (noi abbiamo avuto in questa prova la Tourer 2022), mentre la Suzuki Hayabusa MY 2023 costa 19.790 euro f.c. (23.690 euro f.c. la GP Edition). Non rimane che scegliere quale tra le due preferite e - se la cosa può farvi piacere - sappiate che nessuna patente è stata maltrattata nella realizzazione di questa comparativa!
Casco: Suomy RS-GP
Tuta: Spidi Supersonic perf Pro
Guanti: Spidi Carbo 5
Stivali: Spidi XP9-R
Guanti: Ixon RS4 Air
Casco: HJC F 70 Mago
Pantaloni: Alpinestars Copper Out denim
Stivali: Alpinestars
Moto: Kawasaki Ninja H2 SX SE MY2022 - Suzuki GSX1300R Hayabusa MY 2022
Pneumatici: Pirelli Diablo Rosso IV Corsa
Luogo: Sicilia
Terreno: Statali - Pista - Autostrada
Meteo: Variabile - 10/15°
Foto e video: Daniele Onorato