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E uno pensa: "Ma che ci azzecca?", frase cara ad un magistrato passato poi in politica: eppure, anche se all’apparenza non sembrano esserci legami diretti, la crisi del Governo giallo-verde potrebbe avere conseguenze - e ca va san dire - non proprio positive anche per il popolo delle due ruote.
Andiamo con ordine: la salita al Colle di Giuseppe Conte per rassegnare nelle mani di Sergio Mattarella il mandato da primo ministro ha come effetto immediato il congelamento di ogni attività parlamentare, eccetto la normale amministrazione.
Quindi, stop a tutte le discussioni e votazioni nelle diverse Commissioni ed in Aula, anche per i provvedimenti ormai in dirittura d’arrivo: tra questi, c’è il “nuovo“ Codice della Strada, la cui approvazione rischia di essere nuovamente rimandato sine die.
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Un destino beffardo, quello del Codice: ormai in avanzato di lavorazione, con un testo unico deliberato in Commissione Trasporti alla Camera, e per questo pronto al voto di Palazzo Montecitorio e poi di Palazzo Madama, comprende al suo interno molte norme che aggiornano il testo ancora in vigore datato 1992, soprattutto per quanto riguarda le due ruote, ad iniziare dalla possibilità di circolazione in autostrade e tangenziali a 125 e moto elettriche guidate da maggiorenni, oltre alle altre novità che avevano incontrato il favore di tutto il settore, ad iniziare da Federmoto (vedi qui).
Adesso, come già accaduto nel recente passato quanto un’altra crisi di Governo non ne permise la votazione, il rischio è che si vada “indietro tutta“, come in un crudele gioco dell’oca, dovendo ripartire da zero o quasi.
Questo il più evidente degli effetti della crisi, una sua conseguenza diretta: ma poi ci sono quelle indirette, egualmente fastidiose e pericolose, legate soprattutto alle preoccupazioni che una crisi dai tempi lunghi potrebbe provocare a livello economico.
Nel caso infatti non si arrivi all’approvazione del bilancio, perché il Parlamento o il nuovo Governo non si insediano in tempo per trovare tutte le coperture entro dicembre 2019, si andrebbe verso l’esercizio provvisorio, che prevede la famigerata clausola di salvaguardia voluta dall’Unione Europea per garantire il rispetto del rapporto deficit-PIL italiano e sottoscritta da Conte, che prevede l’aumento dell’IVA (dal 22 al 25,2% per le spese correnti e dal 10 al 13% per l’imposta agevolata) a partire da gennaio 2020.
Tutto costerebbe di più, dai beni essenziali agli elettrodomestici ai vestiti, con nuovi listini anche per moto e scooter, per non parlare di accessori, caschi, abbigliamento, spese di officina...
Insomma, una sciagura.
In questo caso, difficile non immaginare un contraccolpo negativo per il mercato che pure mostra da qualche mese confortanti segnali di crescita anche a doppia cifra (vedi qui).
Ad essere a rischio sarebbe poi il sistema degli econincentivi, previsto dalla Legge di Bilancio 2019, che penalizza chi acquista veicoli inquinanti e premia chi si orienta verso una mobilità più sostenibile.
L’ecobonus è previsto in vigore a tutto il 2021 (ma per i ciclomotori scade il 31 dicembre 2019), ma una nuova maggioranza potrebbe decidere di spostare altrove i fondi destinati a tale scopo, cancellando quindi in un sol colpo ecotassa ed ecobonus.
E visto che ci siamo, aggiungiamo il tocco finale: costretto ad un’affannosa ricerca di liquidità, il nuovo Governo potrebbe puntare su un classico intramontabile, vale a dire reperire risorse a danno dei “soliti noti“, nella fattispecie automobilisti e motociclisti.
Nuove accise sul carburante, aumenti delle imposte sulle tariffe assicurative, sospensione di ogni ipotesi di riduzione o cancellazione della tassa di possesso, magari un incremento degli arrotondamenti delle tariffe autostradali (sulle quali, ricordiamo, si paga anche l’IVA), le possibilità discrezionali per un aggravio di spesa a carico degli utenti sono ampie e diffuse.
La crisi di Governo, solo agli inizi, si annuncia lunga e difficile: speriamo che per i motociclisti non diventi una Via Crucis fuori stagione...