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Alla fine degli anni Sessanta la Ducati decise di realizzare un bicilindrico di grossa cilindrata col quale entrare nel settore delle maximoto, delle quali allora stava iniziando il boom.
L'ing. Fabio Taglioni disegnò una moto dalla meccanica raffinata, che venne presentata sotto forma di prototipo nell'autunno del 1970 ed entrò in produzione alcuni mesi dopo.
Si trattava della 750 GT, caratterizzata dalla disposizione a L dei due cilindri, che assicurava un ottimo raffreddamento e garantiva anche una equilibratura decisamente buona. La distribuzione era monoalbero con due valvole per cilindro e il telaio era a doppia culla aperta. Questa Gran Turismo, che disponeva di 57 cavalli, venne seguita alla fine del 1972 dalla 750 Sport, che ebbe scarso successo.
Gli appassionati volevano di più e questo portò la Casa bolognese a presentare nel 1973 la 750 SS, una moto che poteva a buon diritto essere considerata una vera "replica" targata delle bicilindriche che avevano trionfato nella 200 miglia di Imola dell'anno precedente.
La nuova 750 ebbe un impatto straordinario, sia per l'estetica entusiasmante che per le prestazioni, che le consentirono immediatamente di iniziare ad imporsi nelle gare per le moto derivate dalla serie.
Il motore derivava direttamente da quello della GT ma era più potente (circa 70 cavalli) ed era dotato di distribuzione desmodromica. In ogni testa c'era un unico albero a camme, munito di quattro eccentrici, dei quali due azionavano i bilancieri di apertura e gli altri due quelli di richiamo delle valvole. Per azionare gli alberi a camme si impiegavano degli alberelli e degli ingranaggi conici, soluzione raffinata ma anche complessa e costosa. L'alimentazione era assicurata da due carburatori da 40 mm. Questa moto, dalla quale è derivata la 900 SS, è rimasta in produzione fino al 1977.
Oggi è un pezzo di notevole valore, molto ricercato dai collezionisti.