La mia prima volta in pista (cronaca semiseria di un battesimo tra i cordoli)

Io vado in moto da vent'anni, ma mai stato in pista. Ci vado oggi - per la prima volta - e metto giù il ginocchio? Com'è possibile?
23 ottobre 2020
Staccata - percorrenza - accellero
Staccata - percorrenza - accellero
Staccata - percorrenza - accellero
Staccata - percorrZINNNG!! ODDIOCHEE'?!?
 
Scossa di adrenalina, ma subito non realizzo ... aspetta però ... era il ginocchio... ho toccato col ginocchio ... ho messo giù il ginocchio! Ho davvero messo giù il ginocchio!! (il casco echeggia di irripetibili ululati di giubilo)
 
Calma un attimo però: io vado in moto da vent'anni, ma mai stato in pista. Ci vado - oggi, per la la prima volta - e metto giù il ginocchio? Com'è possibile? Riavvolgiamo il nastro.
 
La moto è da sempre un vizio di famiglia, personalmente sono saltato in sella a 20 anni e non sono più sceso. L'approccio, però, è sempre stato quello tradizionalista: weekend lungo, 2.000 km ed eno-gastronomia che "pranzo di Natale levati". La pista è sempre stata la nemesi del motociclismo di famiglia, ovviamente tutti in piedi sul divano la domenica, ma nulla più.
A me, però, la cosa ha sempre stuzzicato e ora - quarantaquattrenne - ho deciso che dovevo provare. Almeno una sola volta, ma dovevo provare. E poi lavoro da motopuntoittì, checcavolo, la casella va riempita.
 
Scendo in redazione dal mio amico Maurizio Vettor. Dopo essere stati insieme all'Isola di Man a vedere il TT (questa casella si che ce l'ho), è diventato il mio mentore.
 
"Mauri, voglio mettere giù il ginocchio"
"Chiama il Luca"
"IL Luca chi?"
"Pedersoli, della Riding School, lo conosco bene, vai sul sicuro"
"No, senti, non mi mandare da amiocuggino, voglio fare una cosa seria"
"CHIAMA IL LUCA! FIDATI."
 
Prima di chiamare IL Luca consulto l'oracolo di Mountain View, per qualche recensione.
Leggo qualche recensione.
Chiamo IL Luca.
 
 
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Tempo una settimana sono a Cervesina, circuito Tazio Nuvolari, pronto per il battesimo del fuoco. All'ingresso sono nervoso, sto ufficialmente sbirciando all'interno dell'immaginifico mondo degli alieni a due ruote, gente che compie atti sovrumani domando 250 e più cavalli metallici, per il giubilo del popolo attaccato alle televisioni.

Prima rivelazione: in pista c'è la qualunque, ovviamente organizzati in turni in base al livello, vai dal neofita che si presenta con lo zainetto, già in sella alla moto che userà per girare con le gomme da strada, fino al (presunto) fenomeno che dal furgone scarica una Panigale V4 così elaborata che vale più di un bilocale all'Arco della Pace.
 
Riconosco IL Luca da lontano (Mountain View permette qualsivoglia atto d'intelligence) e gli vado incontro.
"Sei te quello di Moto.it?"
"Pronti!"
"Pronti un cazzo" (IL Luca già mi piace) "Fammi vedere come sei vestito: tuta ok, stivali ok, paraschiena lungo ok, casco con chiusura a doppio anello ok, etc."

Mi indirizza verso il gruppo di persone col quale farò il corso. Tutti battezzandi come me. E chi mi trovo davanti? Roberto Locatelli. QUEL Roberto Locatelli, campione del mondo 125 nell'anno 2000. Selfone di rito e "cosa ci fai qui?"
"Oggi sarò il vostro istruttore". (IL Luca è un mito)

Dopo essermi ripreso dallo shock (rinvenendo tipo zio Paperone con i sali), mi rendo conto che sono tanti gli istruttori di livello assoluto. Al tavolo di fianco al mio sta pontificando il Bonny, Stefano Bonetti, che ho avuto il piacere di ammirare prima in sella alla sua Paton sul Mountain Course al TT 2017 e poi nei locali di Douglas, la sera stessa, in una serata da fuori di testa.
Dal mio punto di vista la situazione già rasenta il paradisiaco, per poi scoprire che IL Luca, avendo finito le moto dei corsi (fully booked) ha chiesto una moto in più direttamente a Yamaha Italia. "Il corso lo fai con questa". I miei occhi si posano su una R6 coccolata da termocoperte (IL Luca santo subito). Altro svenimento. Altri sali.
 
Arriviamo al dunque: primi giri per prendere dimestichezza col 4 cilindri, dato che da sempre guido una bicilindrica. Rientro e briefing.
Altro turno in pista, altro briefing. Altri giri, altri briefing. Tutto il giorno così, no stop, senza respiro.
Cura maniacale del dettaglio. Il Loca non è lì a farsi (giustamente) adorare: si fa il mazzo, non solo commenta quello che vede, ma chiede nostre impressioni e sensazioni. E dispensa spiegazioni di tecnica di guida, impreziosite da impagabili consigli d'esperienza. Roba da scriverci un libro.
 
 
Dopo ogni briefing rientri in pista e vai il doppio. Di velocità? Non solo. Di scioltezza, di pulizia nelle linee, di confidenza col mezzo. Ti stanchi meno e hai molta più consapevolezza sulle reazioni della moto. E allora diventa (quasi) facile anche mettere giù il ginocchio.
Gli ultimi giri in pista, poi, col sole al tramonto e il circuito ormai libero, sono pura poesia.
 
Ma poi? Mi chiedo. Dopo l'ineluttabile termine del corso, in soldoni, cosa ti porti a casa da tutto questo? Io che vado in moto da vent'anni e magari mi sento pure un fenomeno (da bar).
Ok l'esaltazione di muoversi tra box, pit lane, termocoperte e cordoli.
Ok l'onore di avere il Loca come maestro.
Ok (e soprattutto) il godimento di spalancare l'acceleratore della R6 a inizio rettilineo, sentire la belva che ti urla tra le gambe, con il quick shifter che cadenza la progressione di quell'orgasmo meccanico che diventa qualcosa di erotico.
Poi succede che torni a casa. Ancora con la pelle d'oca, è vero, ma purtroppo l'emozione viva non è durevole. E poi sali sulla tua moto, perchè non puoi non farti un giro dopo tutto quello che hai vissuto, e ti rendi conto che sei un altro motociclista. E' bastato un giorno, un solo giorno, ma ti senti più consapevole, più sensibile, più sicuro. Un motociclista più maturo.

Magia? No. I miei vent'anni di moto sono stati elementari, medie e liceo. Il corso di oggi l'università. Per il Dottorato c'è tempo, devo prima convincere la moglie ... "amore, un corso di guida sportiva in pista gioverebbe molto, sai quanto sia dedito al mio lavoro ..."

di Guido Cavallini
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