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L’azienda della famiglia Agusta in origine operava nel settore aeronautico e dopo il termine della seconda guerra mondiale ha convertito parte delle sue strutture per entrare nel settore motociclistico. In questo modo è nata la Meccanica Verghera che ben presto ha iniziato a costruire moto recanti sul serbatoio il logo MV Agusta.
All’epoca le competizioni erano un importante veicolo pubblicitario e i risultati agonistici avevano una forte influenza sulle vendite dei modelli di serie. A spingere il conte Domenico Agusta a prendere parte ai Gran Premi con mezzi specificamente sviluppati per tale tipo di impiego è stata però principalmente la passione.
Dopo un inizio relativamente in sordina nel quale ha corso solo nelle piccole cilindrate, con modelli a due tempi, la MV è passata con decisione ai motori a quattro tempi e ha allargato il suo campo di azione anche alla classe regina. Occorreva fare questo salto epocale nel migliore dei modi e per avere moto in grado di ottenere i risultati sperati ci si è rivolti allo stesso tecnico che aveva progettato la Gilera 500 quadricilindrica, Piero Remor.
Nel 1950 ha così fatto la sua comparsa una bella 125 bialbero, progenitrice di una straordinaria serie di monocilindriche che in undici stagioni di gare hanno conquistato sei titoli mondiali.
Nello stesso anno ha fatto scalpore la nuova 500 a quattro cilindri, ricca di soluzioni innovative, in particolare a livello di ciclistica. Il motore era molto simile a quello della Gilera, cosa abbastanza logica dato che il progettista era lo stesso e che gli schemi costruttivi adottati si erano rivelati vincenti. Si trattava dunque di un quadricilindrico in linea trasversale con distribuzione bialbero comandata da una cascata di ingranaggi collocata centralmente. Le due valvole di ogni cilindro erano inclinate tra loro di 90°. Spiccavano il blocco cilindri realizzato in un’unica fusione con il basamento e le misure di alesaggio e corsa perfettamente “quadre” (54 x 54 mm). La potenza veniva indicata in 50 cavalli a 9.000 giri/min. Decisamente al di fuori dei canoni usuali era il cambio, disposto longitudinalmente, che inviava il moto a una trasmissione finale ad albero e coppia conica.
Ormai la gloriosa 500 a 4 cilindri era giunta al culmine delle sue possibilità di sviluppo e la Honda stava arrivando nella classe regina. MV decise di ricavare dalla 350 a 3 cilindri una versione di maggiore cilindrata
Nel 1952 il motore e la trasmissione sono stati oggetto di una profonda rivisitazione. Sono stati adottati un cambio a cinque marce di schema usuale, con gli alberi disposti trasversalmente, e una trasmissione finale a catena.
I cilindri sono diventati individuali e le misure caratteristiche sono diventate 53 x 56,4 mm. La potenza era di 56 cavalli a 10.500 giri/min e ha continuato ad aumentare di stagione in stagione.
Pure la parte ciclistica è stata riveduta a più riprese, con adozione di nuovi telai e di nuove sospensioni. La successiva evoluzione del motore ha visto il passaggio a misure caratteristiche ulteriormente rivedute, con un alesaggio di 52 mm e una corsa di 58 mm.
Il primo titolo iridato è arrivato nel 1956, anno nel quale la Gilera non ha potuto prendere parte a diverse gare data la squalifica del suo pilota di punta.
La casa di Arcore si è presa una grande rivincita nella stagione successiva, e Libero Liberati si è imposto nel mondiale. Al termine della annata la Gilera però si è ritirata lasciando il campo libero alla MV Agusta, che nella classe regina ha iniziato un dominio protrattosi per ben 17 anni.
Dalla mezzo litro la MV ha derivato una 350, realizzata con schema assolutamente identico, che tra il1958 e il 1961 ha conquistato quattro titoli iridati.
La 500 quadricilindrica oltre a quello del 1956 ha vinto altri otto mondiali, l’ultimo dei quali nel 1965. La sua evoluzione ha portato alla fine a una potenza dell’ordine di poco più di 70 cavalli a un regime di 11.000 giri/min.
Ormai la gloriosa 500 a quattro cilindri era giunta al culmine delle sue possibilità di sviluppo. La Honda stava per scendere in campo anche nella classe regina e, dati i risultati che Agostini stava ottenendo con la nuova tricilindrica 350, la MV ha deciso di ricavare da tale moto agile e leggera una versione di maggiore cilindrata con la quale contrastare il colosso giapponese. Una decisione saggia perché con la 500 a tre cilindri la casa di Cascina Costa ha vinto ben sette titoli mondiali consecutivi, tra il 1966 e il 1972.
Un esemplare unico realizzato sul finire del 1965 ma che non ha mai gareggiato, rimanendo allo stadio di prototipo, è stato l’autentico canto del cigno della gloriosa 500 a quattro cilindri nata negli anni Cinquanta. Il motore, che pare avesse nuove misure caratteristiche (56 x 50 mm), era dotato di una inedita testa a quattro valvole per cilindro, sensibilmente meno inclinate di quelle della classica versione a due valvole.
La storia non è però finita qui! Al salone di Milano del 1965 la MV Agusta ha presentato la 600 Quattro Cilindri, con motore realizzato con schema identico a quello della 500 da competizione originariamente progettata da Remor.
Si trattava di un modello di prestigio, destinato al gran turismo, con trasmissione finale ad albero e coppia conica e con freno anteriore a doppio disco (purtroppo azionato meccanicamente…).
A caratterizzarne l’estetica erano a sella sviluppata su due piani e il faro rettangolare. Le misure di alesaggio e corsa erano 58 x 56 mm e la potenza era di una cinquantina di cavalli a 8.200 giri/min. Da questa moto, venduta in soli 310 esemplari nell’arco di quattro anni (1967 – 1970), è successivamente derivato un modello sportivo di 750 cm3 (65 x 56 mm, 69 cavalli a 7900 giri/min), costruito in più versioni tra il 1970 e il 1975, per un totale di circa 1.500 esemplari.
L’ultima rappresentante di questa stirpe gloriosa è stata la 750 S America, prodotta in 350 esemplari nel 1976 e 1977. Il motore aveva una cilindrata di 790 cm3, ottenuta portando l’alesaggio a 67 mm. La potenza era di 75 CV a 8500 giri/min.